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Quando la Cassa è "matrigna". Lettera di Antonella: "Cammino con le stampelle ma a loro non basta"

Qui racconteremo una storia ai limiti dell´incredibile, la storia di Antonella, la cui istanza di assistenza è stata rigettata da cassa forense, Mater et Matrigna (più la seconda che la prima nella prassi).
Racconteremo questa storia tramite un altro contributo dell´avvocato Daniela Nazzaro del foro di Roma. La sua rubrica del sabato, liberi e professionisti, sta toccando record assoluti in termini di visualizzazioni ma, per quello che più ci importa, di crescita di una nuova sensibilità, quella della responsabilità. È importante che i beni comuni siano amministrati correttamente, e che situazioni come quelle finora narrate in questo nostro portale, cassa comune dell´avvocatura, non abbiano più a ripetersi. che anzi, sia presto invertita la rotta, perché così è impensabile continuare.
È per questo che ogni singolo racconto si apre, molto spesso, con il richiamo alle regole, a quelle dell´ordinamento e a quelle dei nostri ordinamenti. perché è da esse, dalla loro applicazione, che bisogna partire. Ed ora, raccontiamo questa storia. La parola a Daniela.
Il DIRETTORE
Con l´entrata in vigore della Legge Professionale n. 247/2012 tutti gli Avvocati iscritti all´ Albo devono essere iscritti anche a Cassa Forense, obbligatoriamente ed in via esclusiva:
- art. 21 co. 8 "L´iscrizione agli Albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense";
- art. 21 co. 10 "Non e´ ammessa l´iscrizione ad alcuna altra forma di previdenza se non su base volontaria e non alternativa alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense."
Tale previsione appare in contrasto con il requisito richiesto dall´art. 1 del D.lgs n. 509/94, in base al quale: "Gli enti privatizzati sono trasformati in associazioni o in fondazioni a condizione che non usufruiscano di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario.. Agli enti stessi non sono consentiti finanziamenti pubblici diretti o indiretti, con esclusione di quelli connessi con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali."
L´introduzione dell´obbligatorietà dell´ iscrizione a Cassa Forense in via esclusiva, ben potrebbe rappresentare quell´ausilio pubblico di carattere finanziario, indiretto, vietato dal suddetto decreto sulla privatizzazione degli enti previdenziali, con l´effetto di limitare l´ autonomia privata dell´ente, in ragione della funzione previdenziale pubblica.
Lo Statuto stesso di CF, pubblicato in GU Serie Generale n. 145 del 23.06.2016 , prevede, tra gli scopi dell´ente, quello di "assicurare a tutti gli Avvocati che hanno esercitato la professione con carattere di continuità e ai loro superstiti un trattamento previdenziale, in attuazione dell´art. 38 Cost." (art. 2, co. 1 lett. a) dello Statuto) .
Orbene, l´art. 38 della Costituzione prevede che: "I lavoratori (tutti) hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato".
Cassa Forense è dunque quell´organo o istituto incaricato dallo Stato di assicurare agli Avvocati i diritti riconosciuti a tutti i lavoratori (osserverei anche in caso di disoccupazione/cancellazione involontaria..), ricevendo in tal guisa un limite costituzionale alla propria autonomia e discrezionalità, sia in sede di determinazione della misura del contributo (in cui si dovrebbe fare riferimento ai criteri di proporzionalità e progressività ex art. 53 Cost. ), che in fase di erogazione di prestazioni previdenziali e assistenziali.
Tale premessa rappresenta lo spirito di questa rubrica, nella convinzione che la difesa dei diritti previdenziali e assistenziali degli Avvocati sia il principale strumento di tutela della dignità professionale.
Parliamo oggi della domanda di assistenza "in caso di bisogno individuale" (art. 2 co. 1 lett. a) del Regolamento Assistenza), presentata dalla Collega Antonella Labianca, del Foro di Bari, la quale, in seguito ad un "evento straordinario involontario e non prevedibile" ha dovuto subire un intervento chirurgico al ginocchio (attestando che dovrà anche affrontarne un altro per espianto e reimpianto di protesi mal calibrata), per cui, da marzo 2017, non deambula senza l´uso delle stampelle.
Il 2 ottobre 2017 Antonella presenta la suddetta istanza che le viene rigettata il 12 gennaio 2018 "per mancanza dei requisiti prescritti (eventi straordinari, involontari e non prevedibili che hanno determinato una situazione di grave difficoltà economica)".
Eppure tali requisiti appaiono soddisfatti sia dalla narrazione dei fatti che dalla copiosa documentazione medica allegata, a meno che non si voglia fantasticare sulla prevedibilità, ordinarietà e volontarietà di eventi quali rompersi un ginocchio, sottoporsi ad un intervento chirurgico e andare in giro con le stampelle per 1 anno, senza poter guidare per recarsi in studio e senza poter agevolmente circolare all´interno dei Tribunali, notoriamente disseminati di barriere architettoniche. Anche il requisito della grave difficoltà economica appare dunque soddisfatto, giacché lo stesso art. 3 co. 1 del Reg. Ass. considera una grave difficoltà "quella che, determinatasi per un unico evento, si protragga nell´anno successivo".
Insomma, dopo 3 mesi di istruttoria Cassa rigetta perché i requisiti mancherebbero tutti.
Antonella presenterà Reclamo, per ora leggiamo la sua lettera.
"Cara Daniela, ecco il riassunto della mia vicenda.
In data 23 marzo 2017 mi trovavo a Roma e mi stavo recando a piedi presso la Camera dei Deputati per presenziare ad un convegno. Lungo il cammino avvertivo un cedimento al ginocchio sinistro e un forte dolore al punto da non riuscire più a camminare; giungevo con fatica presso il Palazzo di Montecitorio dove mi veniva applicato del ghiaccio. In serata ripartivo per Bari in treno e all´indomani mi recavo presso il P.s. del Policlinico dove venivo visitata. Sottoposta a rx, mi veniva diagnosticata una "distorsione del ginocchio" e venivo dimessa con una prognosi di 20 gg., con prescrizione di anti infiammatorio e applicazione di tutore steccato. Decorsi i 20 gg e persistendo il dolore e la problematica legata alla deambulazione, mi sottoponevo ad una RMN, la quale evidenziava una lesione del legamento collaterale sinistro. Mi recavo, pertanto, da un ortopedico dell´Ospedale Di Venere di Bari, il quale mi prescriveva un ciclo di fisioterapia e altro antinfiammatorio, nonché l´utilizzo di stampelle.
Finito il ciclo di fisioterapia senza alcun esito, ritornavo ad utilizzare il tutore ed in data 01 giugno 2017 decidevo di recarmi a Bologna presso la Casa di Cura "Villa Erbosa". Il Medico Specialista riscontrava dalla RMN un versamento di liquido al ginocchio che prontamente aspirava, nonché lesione del legamento collaterale, rottura del menisco e frattura della tibia. Pertanto, mi sottoponeva ad una prima infiltrazione e successivamente, in data 12 giugno, ad un´ulteriore infiltrazione. L´ortopedico riteneva opportuno, nel mio caso, un intervento di impianto di protesi, ma data l´età (50 anni), avrei potuto rischiare un rigetto, per cui non si assumeva tale responsabilità. Le due infiltrazioni, nel frattempo, lenivano un po´ il dolore, ma io non riuscivo comunque a deambulare senza l´utilizzo delle stampelle.
In data 1 luglio 2017 mi recavo da altro ortopedico per un ulteriore consulto, il quale mi comunicava che l´unica soluzione era un impianto di protesi; decideva così di sottopormi all´intervento presso la Casa di Cura "Rizzola" a San Donà del Piave (ospedale in cui opera), dove venivo ricoverata il 17 luglio 2017 e operata il giorno successivo. In data 22 luglio venivo dimessa e rientravo a Bari, nonostante non fossi del tutto in buona salute.
Utilizzo ancora le stampelle, poiché la protesi è risultata mal calibrata, come rilevato sia dall´Ospedale Negrar di Verona che dal Policlinico di Bari.
In data 5 marzo 2018 verrò nuovamente operata presso l´Ospedale Negrar di Verona per l´espianto ed il reimpianto delle protesi, con aggiunta della protesi alla rotula ormai danneggiata.
Poichè è dal mese di marzo 2017 che ho gravi difficoltà di deambulazione non ho potuto esercitare la professione a pieno regime, anzi ho anche subito la revoca del mandato da parte di alcuni clienti, non riuscendo a seguirli nella maniera più idonea, aggiungendosi al tutto anche la circostanza che per me è difficile (per diversi mesi è stato anche impossibile) guidare l´auto o il motorino e soprattutto raggiungere il Palazzo di Giustizia e lo studio e/o percorrere i lunghi corridori del Tribunale e degli altri Uffici Giudiziari.
Per tale motivo nel mese di ottobre 2017 inoltravo domanda di bisogno individuale alla Cassa Forense che sollecitavo in data 12 gennaio 2018. La Cassa mi comunicava che quello stesso giorno la Giunta aveva valutato la mia domanda e che presto avrei ricevuto notizie.
In data 5 febbraio 2018 la Cassa Forense mi comunicava via pec che la Giunta aveva respinto la mia domanda di assistenza "per mancanza dei requisiti prescritti (eventi straordinari, involontari e non prevedibili che hanno determinato una situazione di grave difficoltà economica".
Intanto uso ancora le stampelle.
A questo punto proporrò reclamo, ma inoltrerò anche la domanda di assistenza indennitaria, così come consigliatomi dal mio Ordine."
Avvocato Daniela Nazzaro
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