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Quando mancato versamento ritenute è reato, chiarimenti da Cassazione

I giudici della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37987 del 31 luglio 2017, hanno stabilito che il delitto di omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali effettuate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei propri dipendenti previsto dall´art. 2 comma 1 bis, del D.L. n. 463 del 1983, così come modificato dal D.Lgs. n. 8 del 2016 , continua ad essere ancora considerato reato quando il mancato versamento riferito all´arco temporale dell´anno, superi l´importo complessivo di euro 10.000,00.
Era accaduto che un datore di lavoro era stato chiamato a rispondere del reato sopra citato per l´omesso versamento dei contributi per gli anni 2009, 2010, 2011 e 2012. Il GUP del Tribunale di Milano aveva provveduto ad emettere una sentenza di condanna alla pena di mesi due di reclusione ed € 200 di multa, accertato il vincolo della continuazione ex art. 81, comma 2, c.p.. Veniva proposta impugnazione avanti alla Corte di Appello di Milano che in riforma della sentenza pronunciata dal giudice di primo grado, assolveva l´imputato dal reato a lui ascritto per le contestazioni relative agli anni 2009, 2010 e 2012, per intervenuta depenalizzazione a seguito dell´entrata in vigore del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, in base al quale solo i mancati versamneti che superano la soglia di euro 10.000,00 nell´arco dell´anno costituiscono reato. Mentre per i casi di mancato versamento di importi sotto soglia si applica solo una sanzione amministrativa pecuniaria. Di conseguenza la pena applicata veniva rideterminata in mesi uno e giorni venti ed euro 160 di multa, riferita alla sola contestazione dell´anno 2011.
Avverso tale pronuncia della Corte territoriale veniva proposto ricorso in Cassazione dalla difesa dell´imputato fondato su due motivi: -con il primo motivo deduceva il vizio di motivazione in relazione all´applicazione dell´art. 131 bis c.p.; con il secondo motivo deduceva l´erronea applicazione della legge penale in relazione all´art. 81 cpv c.p..
Il ricorso è stato dichiarato infondato dai giudici di legittimità in ordine al primo motivo proposto, infatti secondo la valutazione della Terza Sezione della Corte, i giudici della Corte di Appello hanno in modo corretto rigettato la richiesta di applicabilità della causa di non punibilità prevista dall´art. 131 bis.A parere dei giudici di legittimità " si tratta, dunque, di una fattispecie non particolarmente tenue sul piano oggettivo, anche in considerazione del fatto che il grado di offensività che dà luogo a sanzione penale è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di punibilità; cosicchè potrebbe essere ritenuta di particolare tenuità solo un´omissione di ammontare vicinissimo a tale soglia (sez. 3, 5 maggio 2015, n. 40774, rv. 265079; Sez.3, n.13218 del 20/11/2015,dep.01/04/2016, Rv.266570), ipotesi che, nella specie, non sussiste."
Il secondo motivo di ricorso è fondato, infatti secondo la valutazione espressa dai giudici di legittimità il reato in questione va configurato "come una fattispecie connotata da una progressione criminosa nel cui ambito, superato il limite di legge, le ulteriori omissioni consumate nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva cessazione coincide con la scadenza del termine previsto per il versamento dell´ultima mensilità, ovvero, con la data del 16 gennaio dell´anno successivo (Sez.3,n. 37232 del 11/05/2016, Rv.268308)."
Pertanto il reato in questione - dicono i giudici di legittimità- ha una struttura unitaria e la condotta può configurarsi anche attraverso una pluralità di omissioni, compiute nel periodo annuale di riferimento, che possono di per sè anche non costituire reato; ne consegue che la consumazione del delitto può essere istantanea o di durata e, in quest´ultimo caso, ad effetto prolungato sino al termine dell´anno in contestazione (Sez.3, n.35589 del 11/05/2016,Rv.268115).
Per tali ragioni la Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla quantificazione della pena e per il resto ha rigettato il ricorso.
Si allega sentenza
Alessandra Garozzo
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