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L'estinzione del processo civile per rinuncia agli atti: un focus alla luce della recente giurisprudenza

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Inquadramento normativo: Artt- 306-307 c.p.c.; Art. 100 c.p.c.; Art. 130 c.p.c; Art. 178 c.p.c.; Art. 291 c.p.c.; Art. 339 c.p.c.; art. 390 c.p.c.

L'estinzione del processo: Il processo si estingue quando vi è rinuncia agli atti del giudizio e detta rinuncia è accettata da quelle parti costituite che potrebbero avere interesse alla prosecuzione. Un'accettazione, questa, che non deve contenere riserve o condizioni, a pena di inefficacia. Quando il giudice accerta la regolarità della rinuncia e dell'accettazione, dichiara estinto il processo.

L'interesse alla prosecuzione del processo: «Per giurisprudenza costante l'interesse alla prosecuzione del processo consiste nella possibilità di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile che procuri una utilità maggiore di quella che conseguirebbe all'estinzione del processo; non è quindi necessaria l'accettazione ad opera della parte che abbia proposto solo eccezioni in rito, o che si sia limitata a chiedere la condanna alle spese, mentre è viceversa necessaria l'accettazione quando la parte abbia a sua volta proposto domande riconvenzionali, o si sia comunque difesa nel merito» (Tribunale Nuoro, sentenza 18 aprile 2019).

Estinzione nel giudizio di cassazione e nelle cause scindibili e inscindibili: Con riferimento al ricorso per cassazione, per produrre effetti processuali, la rinuncia al ricorso non necessita l'accettazione della controparte ( Cass. n. 28675/2005, richiamata da Cass. civ., n. 11033/2019). E ciò in considerazione del fatto che detta rinuncia determina il passaggio in giudicato della sentenza e, quindi, il venir meno dell'interesse a proseguire il giudizio di impugnazione. «Rimane comunque salva la condanna del rinunciante alle spese del giudizio» (Cass. n. 23840/2008, n. 3971/2015, richiamate da Cass. civ., n. 11033/2019). 

Nell'ipotesi di processo cumulativo soggettivo, ossia con una pluralità di parti, bisogna distinguere tra il processo in cui a detta pluralità corrisponde una serie di rapporti processuali e quello in cui a detta pluralità corrisponde un unico rapporto processuale non scindibile. «Nel primo caso, può determinarsi l'estinzione parziale del processo che soltanto formalmente è unico (come accade quando si ha litisconsorzio facoltativo), nel secondo, invece, il rapporto processuale, sostanzialmente unico, non è suscettibile di estinzione parziale. Tale ultima ipotesi ricorre quando si tratti di litisconsorzio necessario». È evidente che, quando i rapporti sono inscindibili, la rinuncia agli atti del giudizio, derivante ad esempio da una transazione intercorsa tra le parti, affinché sia idonea a determinare l'estinzione del processo, dovrebbe essere accettata da tutte le parti. La mancata accettazione da parte di quel litisconsorte, rimasto estraneo agli accordi transattivi stipulati dagli altri, rende inefficace la rinuncia ai fini dell'estinzione del giudizio o del singolo rapporto processuale intercorso fra le parti coinvolte. Una rinuncia di tutte le parti, invece, non sarebbe necessaria nei casi di cause scindibili e quindi di litisconsorzio facoltativo. In queste ipotesi, infatti, sarebbe possibile un'estinzione parziale, limitata al rapporto processuale intercorso fra rinunciante e destinatario della rinuncia (Corte d'Appello Palermo, sentenza 22 marzo 2019).

Estinzione del processo e cessazione della materia del contendere: La cessazione della materia del contendere costituisce una fattispecie di estinzione del processo creata dalla prassi giurisprudenziale. Detta fattispecie può verificarsi«quando sopravvenga una situazione (quale essa sia, ad esempio ius superveniens o riconoscimento delle ragioni del contraddittore e rinuncia agli atti, intervenuta transazione) che elimini la ragione del contendere delle parti, facendo venir meno l'interesse ad agire e a contraddire, e cioè l'interesse ad ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice - che può agire anche d'ufficio -, da accertare avendo riguardo all'azione proposta e alle difese svolte dal convenuto» (Cass. n. 4714/2006, richiamata da Corte d'Appello Palermo, sentenza 22 marzo 2019). 

Estinzione del processo, riassunzione del processo e rinnovazione della notifica dell'atto di citazione: Per evitare l'estinzione di un processo interrotto, è sufficiente che venga riassunto, ossia che la relativa istanza di riassunzione sia depositata in cancelleria con la richiesta di fissazione dell'udienza. Non rileva l'eventuale inesatta identificazione della controparte nell'atto di riassunzione. Infatti, in tali casi, ove la chiamata in giudizio (vocatio in ius) sia viziata o inesistente, o comunque non correttamente compiuta per erronea o incerta individuazione del soggetto che deve costituirsi, il giudice ne ordina la rinnovazione, con fissazione di nuovo termine, ma non può dichiarare l'estinzione del processo (Cass. n. 2174/2016; n. 21869/2013, richiamate da Cass. civ., n. 6921/2019). Solo il mancato rispetto di questo nuovo termine, determinerà l'estinzione del giudizio, (Cass. 7661/2015, richiamata da Cass. civ., n. 6921/2019). D'altro canto è ciò che accade in caso di nullità dell'atto di citazione per difetto di vocatio in ius. In quest'ipotesi, il giudice ordina la rinnovazione della citazione fissando un termine perentorio. Il mancato rispetto di tale termine determina la cancellazione della causa dal ruolo e successivamente l'estinzione del processo.

Impugnabilità del provvedimento che dichiara l'estinzione: «Avverso l'ordinanza che dichiara l'estinzione del processo è ammesso il reclamo al collegio, se emessa dal giudice istruttore, e l'appello, se pronunciata dal collegio; in nessun caso, tale provvedimento è soggetto a ricorso per cassazione, che, se proposto, deve essere dichiarato inammissibile» (Cass., n. 14574/2007, richiamata da Cass. civ., n. 9930/2019). 

 

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