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Danno da perdita chance e mancata aggiudicazione: le conclusioni dell´A.P.

Il tema della responsabilità della Pubblica Amministrazione è ancora oggi centro di vari dibattiti tesi a stabilire quando e, soprattutto, in che modo essa è responsabile.
Se analizziamo la storia della responsabilità della P.A., ci rendiamo conto che possiamo distinguere quattro fasi: la prima fase corrisponde alla metà del XVIII secolo in cui la Pubblica Amministrazione viene considerata sostanzialmente immune e irresponsabile per motivi ideologici e morali perché si riteneva impossibile che un ente pubblico, proteso a perseguire interessi pubblici, potesse commettere un atto illecito. Questa visione ideologica della P.A. si rivelò di fatto sbagliata ed iniziò ad affacciarsi l´idea che la P.A. dovesse rispondere per fatto illecito. Si trattava, tuttavia, di una responsabilità indiretta per fatto dei funzionari.
La seconda fase possiamo individuarla nella Carta Costituzionale, all´art. 28, la quale conferma la responsabilità dei funzionari pubblici che si estende alla Pubblica Amministrazione. La responsabilità diventa da indiretta a diretta: la P.A. inizia ad essere maggiormente responsabile, ma quell´ "isola" di immunità e privilegio rimane perché si continua a ritenere che una responsabilità della P.A. da provvedimento illegittimo non sia immaginabile ed inizia a prendere quota la distinzione tra responsabilità da provvedimento illegittimo e responsabilità da comportamento illegittimo.
Mentre dal provvedimento illegittimo non può derivare una responsabilità, perché l´attività della P.A. è incompatibile con la commissione di un atto illecito, essa, invece, può derivare da un comportamento illecito, ad esempio dalle occupazioni usurpative.
Questa fase ha vissuto un processo di graduale evoluzione che si è concluso nella c.d. terza fase che è pacificamente individuata nelle due sentenze della Cassazione n. 500 e 501 del 1999.
In particolare, la sentenza n. 500/99 interviene in un contesto in cui il diritto comunitario premeva per consentire il risarcimento della lesione di interessi legittimi. Ed ecco perché le Sezioni Unite del 99 riconoscono la responsabilità della P.A. da provvedimento illegittimo da lesione di interessi legittimi.
Inoltre, secondo la Corte il risarcimento del danno si può riconoscere anche in presenza di interessi legittimi pretensivi, ovvero l´interesse legittimo che è proteso verso l´acquisizione di un bene della vita, purchè si provi l´esistenza dell´atto illecito, del rapporto di causalità e del danno. La Corte chiarisce che per ottenere il risarcimento è necessario che l´attività della P.A. sia vincolata in quanto solo in quel caso, ovvero quando la P.A. non ha scelta, si può dire con certezza che un determinato bene della vita spetti al soggetto interessato.
Questa terza fase ha il merito di aver tendenzialmente parificato la responsabilità della Pubblica Amministrazione a quella del privato, ma non è mai una parificazione totale per la ragione che la P.A. è titolare di un potere discrezionale e, dunque, nei casi in cui essa esercita tale potere, può essere esente da responsabilità.
Nella quarta fase, quella attuale, fermo restando che la P.A. può essere responsabile per atto illecito, ci si chiede di quale tipologia di responsabilità si discorre.
La visione tradizionale è che la P.A., quando emana un provvedimento illegittimo, pone in essere un´attività che è riconducibile all´interno della responsabilità extracontrattuale; questa ricostruzione comporta che il danneggiato è tenuto a provare tutti gli elementi della responsabilità, cioè il danno, il rapporto di causalità e l´elemento soggettivo. Tuttavia, in punto di elemento soggettivo, la giurisprudenza ritiene che siano ammissibili presunzioni semplici tali da far ritenere sussistente la colpa della P.A., quale il grado di gravità dell´illegittimità del provvedimento.
Tale modello è stato, però, messo in discussione negli anni e recentemente dalla nota sentenza della Cassazione del 12 luglio 2016, che passa alla storia come la sentenza sulla responsabilità precontrattuale della P.A., la quale fornisce una soluzione diversa affermando che la responsabilità della P.A. in materia di appalti potrebbe essere responsabilità da contatto e quindi contrattuale.
Secondo la Cassazione, quando la P.A. instaura un procedimento amministrativo con un privato, il modulo della responsabilità extracontrattuale risulta insoddisfacente perché essa è la responsabilità del "chiunque" come dice l´art. 2043 cc.; la P.A. instaura con il privato un contatto e dal procedimento amministrativo nasce una sorta di rapporto obbligatorio caratterizzato non da obblighi di prestazione, ma da obblighi di protezione. La responsabilità della P.A. sorge, in tale ottica, non dal provvedimento illegittimo ma per lesione della relazione qualificata tra le parti.
Dobbiamo, quindi, distinguere la responsabilità da violazione di regole procedimentali e la responsabilità da lesione del bene della vita: nel primo caso si da´ rilevanza al comportamento della pubblica amministrazione all´interno del procedimento, nel secondo caso si da´, invece, rilevanza al bene della vita (es. l´aggiudicazione).
Quando parliamo di responsabilità da lesione di regole procedimentali, viene in gioco una P.A. che può rispondere, secondo la Corte, di responsabilità da contatto socialmente qualificato perché, guardando la correttezza e la buona fede che la P.A. ha posto in essere nel procedimento, siamo di fronte ad una determinatezza di soggetti all´interno del procedimento che da´ vita ad una responsabilità contrattuale.
Se guardiamo alla responsabilità da provvedimento illegittimo, dobbiamo distinguere tra responsabilità da provvedimento illegittimo favorevole e sfavorevole.
Quando parliamo di responsabilità da provvedimento illegittimo favorevole, in realtà, parliamo di una responsabilità da comportamento e non da provvedimento.
Tale responsabilità sorge quando la Pubblica Amministrazione rilascia un provvedimento favorevole al privato, ma, in un secondo momento, accortasi che esso è illegittimo, lo ritira in autotutela oppure quando il provvedimento favorevole viene impugnato dal controinteressato e annullato dal giudice; quindi il provvedimento illegittimo favorevole viene ritirato o spontaneamente dalla PA o in via giurisdizionale.
In questi casi, il privato può chiedere il risarcimento dei danni derivanti dal COMPORTAMENTO della P.A. in quanto titolare di una posizione giuridica soggettiva che la Cassazione riconosce non nell´interesse legittimo ma nel diritto all´integrità patrimoniale.
Nel quadro delle tipologie di responsabilità della P.A., merita un cenno la responsabilità da impossibilità di eseguire il giudicato; secondo l´Adunanza Plenaria n. 2/2017 si tratta di una responsabilità contrattuale perché deriva un obbligo direttamente dal giudicato: è una responsabilità oggettiva che si fonda esclusivamente sul nesso di causalità e non sull´elemento soggettivo. In altri termini, tale forma di responsabilità si presenta come conseguenza "naturale" del fatto che la P.A. non ha eseguito tempestivamente il giudicato, pertanto la sussistenza del nesso di causalità si presume.
Ai fini della presente analisi, ciò che più rileva è, sicuramente, la responsabilità della Pubblica Amministrazione derivante da provvedimento illegittimo sfavorevole, la cui massima espressione è rappresentata dalla responsabilità per danno da perdita di chance e per danno da mancata aggiudicazione.
Il danno da "perdita di chance" trova le sue origini nell´ordinamento francese, ma ben presto è stato ereditato dal nostro sistema civilistico e, a sua volta, trasportato nel diritto amministrativo.
Esso è un danno che comporta una perdita di utilità, un danno futuro, ma eventuale ed incerto, è normalmente collegato ad una attività discrezionale della P.A. e presuppone che il risultato cui mirava il soggetto non sia stato conseguito, non sia possibile conseguirlo e non sia possibile ottenere una tutela in forma specifica della chance persa.
Il risarcimento del danno da perdita di chance è oggi pacificamente ammesso nel diritto amministrativo; la perdita di chance viene intesa come la perdita da parte del cittadino di un´utilità futura, incerta ed eventuale: non c´è la perdita di un bene, ma c´è l´occasione persa di conseguire un bene.
La perdita di chance è situazione soggettiva autonoma valutabile economicamente, pertanto è irrilevante la situazione soggettiva sottesa: si può risarcire per perdita di chance tanto gli interessi legittimi quanto i diritti soggettivi.
Il danno da perdita di chance non è nient´altro che il riflesso del principio di integralità del risarcimento del danno; la ratio, infatti, è che se esiste una seria probabilità di successo di ottenimento del bene della vita, appare più giusto risarcire che non perché il mancato risarcimento comporterebbe un eccessivo favore al danneggiante e un eccessivo sfavore per il danneggiato.
L´orientamento tradizionale, che si è affacciato verso la metà degli anni ´50, ritiene che il danno da perdita di chance rientrerebbe nel danno emergente, c.d. concezione ontologica, in forza della quale tale danno riflette una perdita di utilità e, quindi, un danno solo futuro ed eventuale dove l´utilità è già presente nel patrimonio dell´interessato.
Un altro orientamento, sostenuto anche dalla Corte di Cassazione del 2015, invece, ritiene che il danno da perdita di chance rientra nel lucro cessante perché rappresenterebbe un mancato guadagno e quindi un´utilità che non è entrata nel patrimonio del soggetto.
La giurisprudenza, di recente, sembra prescindere dalla qualificazione del danno da perdita di chance come danno emergente o lucro cessante, perché il danno, a determinate condizioni, è comunque risarcibile; il punto è capire in che modo.
Innanzitutto, la chance incide solo sul danno e non sul nesso di causalità, pertanto il problema della perdita di chance riguarda la causalità giuridica, ovvero il danno-conseguenza, e non la causalità giuridica: il fatto illecito deve essere già provato, ci deve essere una PA colpevole e un danno evento mentre si devono provare le sole conseguenze pregiudizievoli.
In secondo luogo, il danno da perdita di chance è risarcibile solo se il risultato sperato non sia stato ottenuto per altre vie, mentre, al contrario, il risultato ottenuto in via giurisdizionale, con un´azione di adempimento, preclude il risarcimento per equivalente della perdita di chance.
Dunque, il danno da perdita di chance è un danno ad ampio spettro perché può derivare da responsabilità contrattuale, precontrattuale e da responsabilità da atto illecito, ma per la sua sussistenza richiede necessariamente le due caratteristiche suindicate.
Negli appalti pubblici, la perdita di chance è collegata alla perdita di occasioni di acquisire le utilità patrimoniali riconducibili alla gare e non può che essere risarcita in via equitativa.
Altra caratteristica del risarcimento da perdita di chance è la serietà: è possibile il risarcimento solo se ci sono serie probabilità di successo. Il grado di serietà o di probabilità nell´ottenimento del risultato incide sul quantum da risarcire, quindi per ottenere il risarcimento non si deve scendere al di sotto di una certa soglia di probabilità.
Sul punto si sono diffuse due diverse ricostruzioni, quella che risarcisce qualunque tipo di chance, ma risolve il problema dal punto di vista quantitativo, e quella che, invece, richiede una seria probabilità di successo al di sotto della quale la chance non può essere risarcita.
In virtù di quanto detto, possiamo capire le differenze tra perdita di chance e danno da mancata aggiudicazione in senso stretto.
Abbiamo detto che la perdita di chance è la perdita di utilità connessa ad un risultato che non è certo nella sua realizzazione; il danno da mancata aggiudicazione, invece, viene definito dall´ Adunanza Plenaria n. 2/2017 come un danno da lesione di un bene della vita agognato e garantito: è un danno derivante da un bene della vita che spettava al soggetto perché l´attività della P.A. era vincolata o si era esaurita la sua discrezionalità.
Naturalmente, il danno da mancata aggiudicazione, per definizione, è un danno certo e non eventuale, quindi si risarcisce in tutta la sua integralità; in quest´ottica giocano due aspetti limitativi del risarcimento del danno, ovvero la compensatio lucri cum damno e l´aliunde perceptum. Ciò significa che dal risarcimento del danno da mancata aggiudicazione bisogna detrarre, dice l´ Adunanza Plenaria, ciò che il soggetto-impresa ha percepito in quel periodo e quanto, comunque, avrebbe dovuto percepire, in base alle regole di buona fede, impiegando le sue maestranze e i suoi macchinari, nella presunzione che un´impresa non resta mai ferma. Tale detrazione, dunque, avviene in via presuntiva, fino a prova contraria.
Ci si chiede se tali principi, formulati dall´Adunanza Plenaria, sul danno da mancata aggiudicazione e sull´applicabilità della compensatio possano essere estesi al danno da perdita di chance.
Per comprendere ciò, bisogna guardare alla ratio: la compensatio è un modo di limitazione dei danni, o meglio, una tecnica di limitazione del risarcimento del danno. Se essa trova applicazione nei confronti di un danno da mancata aggiudicazione, che è un danno certo, non si vedono ragioni ostative per la sua applicazione anche in caso di danno da perdita di chance che è un danno incerto ed eventuale; e questo anche in considerazione del fatto che, secondo la Cassazione, la compensatio non è un istituto bensì un principio generale. Perché la perdita di chance, quale danno-conseguenza, dovrebbe essere immune da tutto questo? In caso contrario, sarebbe favorita la perdita di chance (danno incerto) e penalizzato il danno da mancata aggiudicazione (danno certo).
Concludendo, possiamo evidenziare un ultimo aspetto importante; il risarcimento del danno da perdita di chance così come del danno da mancata aggiudicazione, pur distinguendosi tra loro in maniera netta, si avvicinano in punto di criteri di risarcimento perché ad entrambi sembra potersi applicare la compentatio così come l´art. 1227 c.c. in tema di mancata impugnazione di un provvedimento amministrativo illegittimo.

 

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