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Istanza accesso civico generalizzato: il silenzio della P.A. è qualificabile come silenzio- inadempimento

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Nel caso di accesso civico generalizzato, l'interessato ha la possibilità di proporre ricorso giurisdizionale secondo il rito dell'accesso di cui all'art. 116 c.p.a. solo avverso la decisione negativa espressa dell'amministrazione competente o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza. Nell'ipotesi in cui l'amministrazione o, in sede di riesame, il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza non si siano pronunciati sull'istanza di accesso, l'inerzia non può essere qualificata giuridicamente come silenzio significativo (più precisamente silenzio - diniego), ma piuttosto come silenzio - inadempimento.

Questo è quanto ha statuito il Tar Lazio con sentenza n. 11656 dell'11 novembre 2021.

Ma analizziamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa

Il ricorrente ha presentato al Ministero della Salute un'istanza di accesso agli atti ai sensi dell'art. 5, comma 2, del d.lgs. 33/2013. A seguito del silenzio dell'amministrazione, il ricorrente ha proposto ricorso per chiedere la declaratoria dell'illegittimità di tale silenzio, qualificato dal ricorrente come silenzio – diniego. L'amministrazione si è costituita, depositando una nota del Ministero della Salute con la quale i) ha disposto la trasmissione della istanza di accesso all'Istituto Superiore di Sanità, ii) ha invitato il ricorrente a rivolgersi al predetto Istituto per il riscontro degli esiti della sua richiesta di accesso. 

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito dall'autorità giudiziaria adita.

La decisione del Tar

Innanzitutto, il Tar ritiene che la nota predetta del Ministero della Salute non ha valenza provvedimentale, trattandosi di una nota interlocutoria che non accoglie, né rigetta l'istanza di accesso presentata dal ricorrente. Con l'ovvia conseguenza che:

  • quest'ultimo non aveva l'onere di impugnarla;
  • in assenza di un provvedimento (espresso o tacito) di diniego, il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile.

In buona sostanza, secondo i Giudici amministrativi, l'istanza di accesso presentata dal ricorrente va qualificata come istanza di accesso generalizzato, formulata ai sensi dell'art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013. Ne discende che, come stabilisce questa disposizione, nei casi di diniego totale o parziale dell'accesso o di mancata risposta entro il termine stabilito, il richiedente può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza […] il quale decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni. Se l'accesso , invece, è [...] negato o differito a tutela degli interessi di cui all'articolo 5-bis, comma 2, lettera a), il suddetto responsabile provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per l'adozione del provvedimento da parte del responsabile è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. Avverso la decisione dell'amministrazione competente o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104. 

In virtù di questo dettato normativo, la giurisprudenza ritiene che all'istituto dell'accesso civico generalizzato non trova applicazione l'istituto del silenzio - diniego, di cui all'art. 25, comma 4, della l. n. 241 del 1990, che consente all'interessato di poter impugnare in sede giurisdizionale il provvedimento tacito di diniego, nelle forme del rito sull'accesso di cui all'art. 116 c.p.a. (T.a.r. Bari, sez. I, 10 marzo 2021, n. 434; T.a.r. Roma, sez. III quater, sentenza n. 10620/2019; T.a.r. Firenze, sez. II, 24 ottobre 2019 n. 1421). Il ricorso a tale rito è possibile, nell'ipotesi di accesso civico generalizzato, solo se viene emessa una decisione negativa espressa da parte dell'amministrazione o, in caso di riesame, solo se si vuole impugnare la decisione del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza. Se manca una pronuncia espressa, l'inerzia non può essere qualificata giuridicamente come silenzio significativo (più precisamente silenzio - diniego), ma piuttosto come silenzio – inadempimento. Con l'ovvia conseguenza che, in questa ipotesi, detto silenzio potrà essere impugnato ai sensi dell'art. 117 c.p.a. con la possibilità di chiedere, in tale sede, un accertamento sulla fondatezza della pretesa, e dunque un ordine di ostensione, solo in caso di attività vincolata (ex art. 31, comma 3, c.p.a.), ovvero quando, in ragione della natura dei documenti richiesti e dell'impatto della loro divulgazione sull'esercizio dell'attività amministrativa, non sia attribuita alla pubblica amministrazione alcuna discrezionalità.

Orbene, tornando al caso di specie, il ricorrente non ha attivato nessuna delle procedure suddette e nonostante l'inerzia della amministrazione non sia qualificabile come silenzio – diniego, ha proposto un ricorso nelle forme ex art. 116 c.p.a.; ricorso, questo, che, alla luce delle considerazioni sin qui svolte, dai Giudici amministrativi, è stato dichiarato inammissibile.

 

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