La Corte di Cassazione ha cassato la pronuncia dei giudici di merito che avevano respinto il ricorso dando ragione al Comune lagunare il quale aveva rifiutato l´iscrizione al pubblico registro di anagrafe. La coppia, due donne, aveva contratto matrimonio all´estero. I fatti sono stati riferiti dal periodico di informazione Venezia Today.
Storica sentenza della Corte di Cassazione che ha ribaltato il verdetto dei giudici che davano ragione al Comune nel rifiutare l´iscrizione all´anagrafe del figlio di una coppia gay, sposata in Gran Bretagna.
Per il piccolo, secondo la Corte suprema, è preminente il diritto alla famiglia, in questo caso formata da due donne, una delle quali aveva avuto il bambino a seguito di fecondazione eterologa.
L´ufficio dello stato civile britannico lo aveva iscritto come figlio di entrambe le mamme, che avevano poi chiesto il riconoscimento all´anagrafe del Comune di Venezia, vedendosi negare la possibilità.
Per i giudici del merito, "non costituiva una mera rettificazione, ma atteneva necessariamente alla validità in Italia del matrimonio tra persone dello stesso sesso" e la "giurisprudenza italiana era ´granitica´ nell´individuare, nella diversità di sesso tra i nubendi, un requisito indispensabile per l´esistenza del matrimonio civile". La Suprema Corte, con questa sentenza, sulla scia di recenti pronunce in tal senso, ha ribadito l´orientamento già espresso che fonda alla base di situazioni del genere "l´interesse preminente del minore". Inoltre, quanto alla nozione di "ordine pubblico", il giudice italiano "deve esaminare la contrarietà dell´atto estero" non solo con riferimento alla nostra Costituzione, ma anche alle dichiarazioni Onu dei Diritti dell´uomo e del fanciullo e alle Convenzioni europee sullo stesso tema. Atti, tutti questi, che sanciscono "il diritto di sposarsi e formare una famiglia", il "rispetto della vita privata e familiare", "il divieto di ogni discriminazione fondata sul sesso e su ogni altra condizione" e "l´impegno ad eliminare gli ostacoli che impediscono lo sviluppo della persona umana, riguardante ogni individuo, in particolare quelli soggetti a discriminazione tra cui storicamente possono considerarsi le coppie omosessuali".
Nel caso in esame, "la nascita del bambino - si legge nella sentenza - costituì un progetto condiviso della coppia, espressione di affetto e solidarietà reciproca": come già chiarito in una precedente pronuncia, la Corte ricorda che "la donazione di ovulo fecondato alla partner che partorisce non si configura come maternità surrogata, ma piuttosto come una situazione analoga alla fecondazione eterologa". E´ vero, ha scritto la Cassazione, "che la legge 40 prevede che i conviventi siano di sesso diverso e che la procreazione assistita si effettui solo in caso di sterilità della coppia", ma "trattandosi di fattispecie effettuata e perfezionata all´estero e certificata dall´atto di stato civile di uno Stato straniero, si deve necessariamente affermare che la trascrizione richiesta non è contraria all´ordine pubblico internazionale".