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"Io, magistrato per dare giustizia, mi sono ridotta a dichiarare prescrizioni". Eugenia Del Balzo le "canta" al Csm: "Fascicoli anche nei bagni"

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Ci sono parole che pesano come le pietre, che esprimono una idea di straordinaria dignità ma che suonano anche come ammissione di un fallimento, almeno parziale. Spesso sono pronunciate nel corso di un conciliabolo privato, tra persone accomunate da un rapporto di familiarità, ben difficilmente nelle occasioni pubbliche, men che mai in quelle istituzionali. Ma ci sono sempre delle eccezioni. 

Ed è a Napoli che accade una cosa non messa nel conto, quando comincia a parlare Eugenia Del Balzo, presidente della terza sezione penale della Corte d'Appello partenopea. I saluti, i ringraziamenti, qualche considerazione di apertura, e poi l'affondo: "Mi dispiace, ma sono pessimista: dobbiamo sobbarcarci montagne di fascicoli, custoditi perfino nei bagni. Metà del nostro lavoro consiste nel dichiarare la prescrizione. Ed è inutile anche parlare di 600 magistrati in più che arriveranno, perché nessuno chiederà il trasferimento per venire in questi uffici". 

 Di Eugenia Del Balzo non si può che parlare bene. Magistrato di grande valore ed esperienza. Magistrato, soprattutto, abituata a poche parole, e sincere. Che colgono nel segno, perché capaci di toccare una situazione reale. Ed infatti, l'uditorio rimane di sasso in silenzio, e che uditorio! Siamo nella sala Arengario, presenti il vice presidente del Csm David Ermini con i consiglieri napoletani del Csm Michele Ciambellini, Antonio Lepre, Mario Suriano, Michele Cerabona - tutti napoletani - e quelli dell'Associazione magistrati con il suo presidente, Vincenzo Ranieri, e gli altri. Un incontro delicato, per capire le emergenze presenti in quei contesti, che aveva fatto seguito ad un primo con i presidenti dei Tribunali della Corte d'Appello e ad un secondo, con il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati. 

Ma è la presidente Del Balzo a tenere banco. Le sue parole, quelle parole che trasudano verità pronunciate con una semplicità disarmante:  "Procura e tribunale devono rendersi conto che non è possibile celebrare tutti i processi. Dobbiamo avere il coraggio di fare scelte chiare, altrimenti non c'è alternativa. La mia sezione ha 21 processi per ogni udienza, i rinvii ormai sono al 2021. Avevo scelto di fare il magistrato per dare giustizia, non per vanificare il lavoro dei colleghi". Una situazione, quindi, del tutto insostenibile. Una situazione al limite, che esprime perfettamente il concetto che più che riforme serve buon senso e capacità di incidere nei contesti locali dotandoli di risorse e strumenti adeguati. La presidente rompe il silenzio, poi tocca agli altri. Dal giudice Tullio Morello, che, come riportato da La Repubblica mette in guardia su un altro ufficio soffocato dai carichi di lavoro, la sezione Gip del tribunale, dove il ricorso al rito abbreviato "con numeri che non hanno uguali in Italia", rischia di paralizzare l'attività dei magistrati. Al presidente dell'Anm Ranieri, che da parte sua, denuncia "standard di sicurezza carenti" ed esprime "preoccupazione per le iniziative che puntano a una separazione delle carriere".

 

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