Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Il "Telelavoro": disciplina e modalità di esercizio

Imagoeconomica_7749

 A partire dalla fine degli anni 90 ha preso piede in maniera incessante il fenomeno del c.d. telelavoro.

La veloce evoluzione tecnologica ha infatti inciso in maniera determinante anche nel mondo dei rapporti di lavoro consentendo l'instaurazione di rapporti caratterizzata da una sempre maggiore flessibilità.

Una delle più importanti rappresentazioni del suddetto fenomeno è proprio l'emergere di forme di lavoro particolarmente flessibili quale appunto il telelavoro e da ultimo lo "smart working".

Si è passati dunque da una tipica concezione di lavoro centralizzato e geograficamente collocato a quella di un lavoro "flessibile" ed "agile" dove il prestatore di lavoro, pur continuando a godere delle garanzie che il datore di lavoro deve offrire, può svolgere la propria attività in maniera dislocata.

Il telelavoro è una forma di lavoro a distanza che si svolge al di fuori dell'azienda ma che si presenta come funzionalmente e strutturalmente collegato ad essa grazie all'ausilio di strumenti di lavoro informatici o telematici.

Si possono distinguere varie tipologie di telelavoro: l'ufficio satellite, cioè un ufficio distante rispetto alla sede centrale, ma, che grazie ai collegamenti informatici mantiene una costante comunicazione con quest'ultima; la teleimpresa in cui l'impresa principale opera prevalentemente tramite la rete; il lavoro mobile svolto con computer portatili; il c.d. telecottage che fa riferimento ad una struttura utilizzata da più aziende munita di apparecchiature informatiche e messa a disposizione dei telelavoratori; ed il c.d. home office  (o lavoro a domicilio) che rappresenta il modello base di telelavoro, in cui il lavoratore svolge l'attività lavorativa dalla propria abitazione. 

Per quanto riguarda propriamente il contesto italiano, in merito all'adozione del telelavoro, va operata una fondamentale distinzione tra settore pubblico e privato.

Per quanto attiene al pubblico impiego sovviene l'articolo 4 della Legge 191 del 1998 nonché il D.P.R. 70 del 1999 ; nell'ambito invece del lavoro privato la sua introduzione e regolamentazione è rimessa esclusivamente alla contrattazione collettiva.

Nell'ambito del Pubblico Impiego i diritti, ed i relativi doveri, dei telelavoratori sono gli stessi rispetto a quelli riconosciuti ai dipendenti che operano all'interno della struttura amministrativa.

Più recentemente è stato introdotto anche il "decreto Crescita 2.0", contenente l'obbligo, per le P.A., di stilare un piano per l'attività telelavorativa, specificando come essa si deve sviluppare e precisando i casi in cui, invece, questo tipo di lavoro "flessibile" non può essere utilizzato.

Anche l'aspetto economico è stato regolato, con la previsione di un trattamento non inferiore rispetto a quello generalmente applicato verso i lavoratori che prestano la propria attività lavorativa in azienda.

Il telelavoratore avrà inoltre diritto alla tutela previdenziale e relativa agli infortuni anche se  lo svolgimento dell'attività lavorativa  si svolge effettivamente  al di fuori dei locali dell'azienda.

Nonostante i notevoli aspetti positivi legati all'utilizzazione di tale tipo di lavoro (quali l'incremento della produttività), non vanno sottovalutati gli aspetti negativi potenzialmente  riscontrabili che non permettono a questa tipologia di lavoro di svilupparsi in maniera adeguata. 

Possono, tuttavia, palesarsi delle problematiche contrapposte in ordine allo svolgimento di questa tipologia flessibile di prestazione lavorativa: dal caso del telelavoratore che presti, spesso con mezzi inadeguati, svariate ore di straordinario, divenendo tra l'altro di fatto continuamente reperibile, senza avere, nella maggior parte dei casi, un supplemento di pagamento in virtù di tale ulteriore disponibilità (oltre al rischio di isolamento del lavoratore rispetto alla realtà aziendale), al caso contrapposto di uno svolgimento non adeguato della prestazione lavorativa collegata anche alla maggiore libertà del lavoratore non soggetto ad un diretto controllo del datore di lavoro che, dovrà eventualmente attrezzarsi, a tal fine, con mezzi appositi e richiedere le relative autorizzazioni.

Più volte il legislatore, tuttavia,  certo della positività di tale tipologia di prestazione lavorativa, è intervenuto per dare maggiore sviluppo a questa prevedendo anche delle agevolazioni normative per i datori di lavorato privati che se ne avvalgano.

In particolar modo con il D.lgs. 80 del 2015 si sono voluti valorizzare gli accordi collettivi posti in essere dai sindacati maggiormente rappresentativi proprio al fine di consentire ai lavoratori di conciliare, tramite lo svolgimento della prestazione lavorativa "flessibile", i tempi di vita ed i tempi di lavoro.

In relazione alle concrete modalità di prestazione lavorativa il telelavoro può essere configurato come lavoro autonomo subordinato o parasubrdinato, mentre lo "smart working" subentrato con la recente legge n. 81 del 2017, quasi a soppiantare il telelavoro, consiste in una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro, sempre svolto  sotto forma di lavoro subordinato, dove l'utilizzo degli strumenti informatici, a differenza di quanto avviene per il telelavoro è solo eventuale, e, dove la prestazione lavorativa viene eseguita in parte all'interno ed in parte all'esterno dei locali aziendali, avendo come unico limite la durata massima delle ore di lavoro desumibile dalla Legge o dalla contrattazione collettiva. 

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

Filippi: "Il blocco della prescrizione? Un ergasto...
Fuga del minore durante l’esercizio del diritto di...

Forse potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca nel sito