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Il "sogno" di Raffaele, l'avvocato in mutande: "Ho chiesto a Conte di salvare gli italiani da banche e finanziarie"

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Per tutta Italia è ormai l'avvocato in mutande. Ma lui, al secolo Raffaele Capasso, 70 anni ad agosto ed almeno  40  passati tra le aule giudiziarie  a fare l'avvocato, tutto è meno che un esibizionista, o un personaggio da operetta. Quelle parole, lui,  che stava riposando nella propria casa  quando ha percepito, o magari udito  con le proprie orecchie, che il Presidente del Consiglio dei ministri, il collega, come lui lo ha chiamato, Giuseppe Conte, si sarebbe affacciato per qualche attimo in un balcone di fronte, le ha gridate con tutta la propria forza, in modo da non perdere una straordinaria opportunità di poter comunicare direttamente al premier quella che, dice, è una cosa da fare, una buona norma da approvare subito. Si, ha ragione. È una cosa da fare, è una buona norma, di dignità, da approvare. Anche se urterà determinati interessi, anche se scontenterà molti potentati, anche se darà fastidio. Sono troppi gli italiani che, anche a causa di una crisi della quale non si intravvede ancora uscita, sono costretti, per  poter assicurare sostentamento alle proprie famiglie, a contrarre mutui, prestiti, finanziamenti con imprese le più disparate o con Istituti bancari, a fronte di corrispettivi che, quando al di sotto del limite legale, rimangono comunque altissimi. Per poi, nella quasi regolarità dei casi, non essere in grado di pagare le rate, ed essere dunque aggrediti rischiando di perdere anche la propria unica casa, rimanere senza un tetto e perdere tutto, anche la dignità. Prede di un sistema vorace in seno al quale prosperano numerose situazioni di illegalità, spesso nell'indifferenza dello Stato. Che su questo punto, finora, dei crediti ceduti per nulla da ente ad ente e della stessa tutela della prima casa, nonostante i numerosi proclami e con, addirittura, il dichiarato sostegno a progetti di legge che giacciono nelle commissioni, uno tra i quali proprio in tema di impignorabilità della prima casa, scritto in Sicilia e per il quale, a suo tempo, si battè in prima persona il vice premier Luigi Di Maio annunciando che sarebbe stato uno dei primi punti ad essere approvato dal governo del cambiamento, ha fatto poco se non nulla.

Ed allora lui, Raffaele, dalla propria esperienza di avvocato ma anche di docente di Diritto Privato all'Università di Salerno, ha maturato che bisogna fare qualcosa, urgentemente. Ed ha colto l'occasione per chiedere al preghiera la traduzione in decreto d'urgenza del disegno di legge 788 del 2018, a firma del senatore Urso, sui crediti in sofferenza e la «redenzione» del debitore.

​ Il Corriere della Sera lo ha intervistato e lui ha risposto: «Stavo riposando sul divano. Mi è stato detto che di fronte era affacciato il presidente. Ho pensato che si sarebbe trattenuto solo qualche minuto sul balcone. Così ho realizzato che se avessi perso tempo a trovare un pantalone da mettere, avrei perso l'occasione». L'occasione di fare qualcosa per gli altri, per quanti, in conseguenza di un investimento sbagliato, di una decisione assunta a cuor leggero, oppure di un disastro economico, magari causato dalla perdita del posto di lavoro, si ritrovano ostaggio di banche o finanziarie. Che spesso cedono ad altre i propri crediti. Rischiando così di ritrovarsi sull'orlo del baratro, di perdere tutto, magari anche la casa. «Mi creda, vorrei vedere tanta gente tornare a sorridere», dice al cronista. Il disegno di legge Urso prevede in estrema sintesi che, anche a fronte di un credito ceduto ad altri, il debitore possa estinguere il tutto e ritornare in bonis pagando ai cessionari solo il prezzo di acquisto dalle banche maggiorato del 20%. «Ci guadagnerebbero tutti. Se fossi in Conte, Di Maio e Salvini coglierei al volo questa opportunità. E se mi chiamano in tv ci andrò per spiegarlo a tutti». 

 

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