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La zona era delimitata con alcune transenne di plastica a strisce oblique bianche e rosse, tipo quelle che si usano per i lavori stradali.
A intervalli regolari, erano posizionati una decina di carabinieri, il cui compito principale era quello di tenere a bada la folla di curiosi che si era radunata per vedere quello che stava accadendo in un posto, dove generalmente non succedeva mai nulla fuori dall'ordinario.
Per fortuna, quel giorno l'acqua del lago di Bracciano era straordinariamente calma e ciò aveva facilitato di molto il compito dei sommozzatori. Avevano cominciato alle sette di mattina, nel più assoluto silenzio, a scandagliare il tratto di lago dove Giacomo Raimondi sosteneva di aver visto inabissarsi l'automobile.
Il rapinatore aveva raccontato al dottor Salani che, circa un anno e mezzo prima del suo arresto, esattamente l'undici dicembre, mentre tornava nel suo piccolo appartamento di Anguillara Sabazia, un paese vicino Roma, nei pressi del lago di Bracciano, verso le undici di sera aveva notato due automobili parcheggiate su uno slargo naturale, a circa cinquanta metri dalla strada. Una delle auto aveva i fari accesi puntati sulla fiancata dell'altra, che si trovava posizionata troppo vicino, secondo lui, al bordo scosceso del lago. La scena lo aveva insospettito, per non dire spaventato, in considerazione del luogo e dell'ora in cui si stava svolgendo e, soprattutto, di quello che gli sembrava di aver intravisto penzolare dal bagagliaio spalancato di una delle auto: le gambe di un corpo, probabilmente di un cadavere.
Così era sceso, con l'intenzione di controllare, e aveva imboccato a piedi il sentiero in discesa che conduceva allo slargo, ma dopo aver percorso pochi metri, aveva visto l'auto precipitare nel lago. Aveva percorso ancora qualche passo, allorché due persone, che stavano velocemente risalendo sull'altra autovettura, si erano accorte della sua presenza ed avevano esploso contro di lui due o tre colpi di arma da fuoco, che, per fortuna, non lo avevano raggiunto. Pertanto, era tornato di corsa alla sua auto ed era fuggito a tutta velocità.
Raimondi aveva assicurato al magistrato di non aver avuto nemmeno il tempo di osservare le due persone che avevano fatto fuoco contro di lui e di non aver riconosciuto di quale marca e tipo di veicoli si trattasse. Infine, aveva raccontato, cercando di rimanere quanto più possibile sul generico, che, nei giorni successivi, aveva ricollegato quell'episodio alla scomparsa di un suo conoscente, un certo Giuseppe Finotti, di professione promotore finanziario. Finotti risultava essere misteriosamente sparito proprio l'undici dicembre, insieme alla sua BMW 320 e, da quel giorno, nessuno ne aveva più avuto notizie. Così Raimondi aveva fatto uno più uno ed era arrivato alla conclusione che il corpo intravisto all'interno del bagagliaio dell'auto fatta precipitare nel lago fosse proprio quello del promotore finanziario scomparso.
Il dottor Salani aveva preferito, per il momento, non andare troppo a fondo con Raimondi, in attesa di riscontrare quantomeno il nucleo essenziale della sua deposizione.
Alle nove meno qualche minuto, i sommozzatori avevano già individuato l'autovettura, semi incagliata sul fondale limaccioso del lago.
Dietro richiesta di Salani, venne fatto arrivare un veicolo specializzato, una sorta di enorme carro attrezzi, munito di un argano gigantesco, al quale i sommozzatori dell'Arma agganciarono il veicolo imprigionato nella sabbia.
Molto lentamente, il motore dell'argano iniziò a muoversi, finché, dopo circa dieci minuti, l'inconfondibile profilo di una BMW scura emerse dalle acque del lago.
Sempre con grande prudenza, l'auto fu adagiata nello spiazzo delimitato dalle transenne, sotto lo sguardo attento dei numerosi curiosi e sotto quello attentissimo del dottor Salani.
La carrozzeria dell'auto, ancora grondante d'acqua, scintillava alla luce del sole di luglio. Sembrava relativamente nuova.
A un cenno del magistrato, due uomini dell'Arma si apprestarono ad aprire il bagagliaio. Non c'erano più molti dubbi ormai, ma adesso il dottor Salani avrebbe avuto la certezza che quanto gli aveva raccontato Raimondi corrispondeva al vero.
Il bagagliaio si aprì subito, senza che vi fosse alcun bisogno di forzarlo. Al suo interno giaceva il cadavere semi decomposto di un uomo, in avanzato stato di saponificazione.
Il volto era una maschera irriconoscibile e, nonostante la lunga permanenza in acqua, le mani e i piedi della vittima risultavano ancora saldamente legati tra di loro.
Il dottor Salani si limitò a dare una rapida occhiata all'interno del bagagliaio, facendo attenzione a non toccare nulla, prima di lasciare definitivamente la scena agli esperti della sezione scientifica dei carabinieri.
Salendo a bordo dell'autovettura di servizio, ordinò all'autista di rientrare con una certa urgenza al suo ufficio presso il tribunale. Aveva in programma di fare al più presto una chiacchierata molto approfondita con Giacomo Raimondi.
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