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Il nuovo codice della strada: ambizioni alte, ma è davvero tutto pronto?

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L'entrata in vigore del nuovo codice della strada segnerebbe una svolta per la sicurezza stradale in Italia, almeno nelle intenzioni del legislatore. Tra inasprimenti delle sanzioni, nuove regole per la mobilità sostenibile e controlli tecnologici più avanzati, il testo punterebbe a rispondere alle sfide di un sistema stradale complesso e spesso caotico. Tuttavia, come accade spesso con le grandi riforme, alcune criticità tecniche e applicative rischiano di tradurre l'ambizione normativa in un percorso accidentato.

Uno dei punti più discussi è l'introduzione di restrizioni per i veicoli più inquinanti, una misura che dovrebbe migliorare la qualità dell'aria nelle città. Peccato che i dettagli siano affidati a regolamenti regionali e comunali, lasciando spazio a un mosaico normativo difficilmente comprensibile per i cittadini. Pensiamo, ad esempio, a un autotrasportatore che opera tra Milano e Torino: potrebbe trovarsi a rispettare regole completamente diverse in due città distanti meno di 150 km. Una normativa ambientale più uniforme, con parametri nazionali chiari e validi per tutti, avrebbe evitato il rischio di frammentazione, che si traduce spesso in inefficienza e contenziosi.

Le sanzioni per chi guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di droghe sono state notevolmente inasprite. Bene, diremmo tutti. Ma chi effettuerà i controlli? Gli organici delle forze dell'ordine, soprattutto nei piccoli centri, sono già sotto pressione. L'aumento delle sanzioni rischia di essere poco più che un deterrente teorico se mancano le risorse per garantirne l'applicazione. Un esempio concreto? I Comuni più piccoli spesso non dispongono nemmeno degli etilometri necessari per i controlli, o non hanno personale sufficientemente formato per utilizzarli. Il rischio è che le regole rimangano sulla carta, rendendo il sistema sanzionatorio poco credibile.

Il nuovo codice spinge sull'utilizzo di telecamere intelligenti per rilevare infrazioni come il superamento dei limiti di velocità o la guida senza assicurazione. Ma la protezione dei dati personali? Qui le cose si complicano. Non sono previsti standard uniformi per la gestione dei dati raccolti, e molti Comuni si affidano a fornitori privati per la manutenzione di questi dispositivi. Immaginiamo un sistema di telecamere installato in un quartiere urbano: chi garantisce che i dati non vengano utilizzati per scopi diversi dalla sicurezza stradale? Senza un quadro normativo chiaro, il rischio di violazioni del GDPR è dietro l'angolo.

Tra le novità più rilevanti ci sono le nuove regole per la guida professionale, che prevedono test psicofisici più rigidi per gli autisti. Sulla carta, questa misura mira a garantire la sicurezza di tutti gli utenti della strada. Nella pratica, però, potrebbe mettere in difficoltà molti lavoratori, specie quelli più anziani, senza offrire percorsi di riqualificazione o strumenti di sostegno. Prendiamo il caso di un camionista 55enne che non supera il nuovo test sull'idoneità alla guida: senza alternative, potrebbe perdere il lavoro dall'oggi al domani. Sarebbe stato più equilibrato introdurre verifiche graduali, accompagnate da programmi di riqualificazione o incentivi per la transizione verso altre mansioni.

Le nuove disposizioni sulle ZTL, che estendono le restrizioni a veicoli diesel anche nei centri storici di città medie, rappresentano un passo avanti per l'ambiente. Ma come si traduce tutto questo per chi vive nelle aree periferiche o nei piccoli centri? Pensiamo a un pendolare che ogni giorno viaggia con un vecchio veicolo diesel per raggiungere il capoluogo: oltre a dover affrontare restrizioni alla circolazione, spesso non ha a disposizione un'alternativa adeguata nel trasporto pubblico. Così, il rischio è che le nuove norme accentuino il divario tra città e periferie, penalizzando chi già vive in condizioni di mobilità svantaggiata.

Uno dei problemi principali è la scarsa attenzione al periodo di transizione. Alcune norme sono entrate in vigore immediatamente, senza lasciare il tempo a cittadini, amministrazioni locali e aziende di adeguarsi. Un esempio emblematico riguarda l'obbligo di dotare i monopattini elettrici di indicatori di direzione e freni su entrambe le ruote. Questa misura è senza dubbio condivisibile, ma molti utilizzatori si sono trovati improvvisamente fuori legge, senza neanche sapere come adeguarsi. Una campagna informativa più capillare avrebbe aiutato a evitare situazioni di questo tipo.

Insomma, e in conclusione. Il nuovo codice della strada nasce con intenzioni che, in astratto, potrebbero essere anche condivise, ma soffre di limiti tecnici che ne minano profondamente l'efficacia. Norme generiche, frammentazione territoriale e mancanza di risorse per l'applicazione sono criticità che rischiano di trasformare un'occasione di modernizzazione in un percorso a ostacoli.  Ora la sfida, soprattutto per la maggioranza che sostiene l'attuale Governo, che ne ha voluto il varo, è rendere queste regole non solo valide sulla carta, ma anche applicabili nella realtà quotidiana. Per farlo, saranno necessari interventi correttivi rapidi e mirati, oltre a un impegno concreto per garantire l'equità e l'efficienza del sistema stradale. Altrimenti, l'ennesima riforma rischia di lasciare il traffico fermo ai blocchi di partenza. 

 

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