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Il canone tv è dovuto anche se non si usa l’apparecchio come tv ma come monitor?

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Riferimenti normativi: R.D.L. 246/1938, convertito in L. n. 880/1938, e L. n. 208/2015

Focus: È dovuto il canone Rai per gli studi odontoiatrici ed i laboratori odontotecnici se l'apparecchio televisivo è utilizzato solo come monitor? Sulla questione si è pronunciata la Commissione tributaria regionale per il Piemonte con la sentenza n.558/3 del 4/5/2022.

Principi generali: In generale, l'obbligo al pagamento del canone sorge, ai sensi degli artt.1 e 27 del R.D.L.n.246 del 21/02/1938, a seguito della detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive indipendentemente dalla qualità o dalla quantità del relativo utilizzo (Corte Cost.sent.n.535/1988; Cass.sent.n.8549/1993). Quindi, la destinazione dell'apparecchio televisivo ad uso diverso (visione di nastri preregistrati, utilizzazione come terminale per home-computer o come monitor per video-games) non ne esclude la adattabilità alla ricezione delle trasmissioni televisive e comporta comunque l'obbligo a corrispondere il canone. Il canone è un'imposta che viene comunemente definita abbonamento (Corte Cost. sentenze n. 284 del 26/06/2002 e n. 81 dell'8/6/1963; Corte di Cass. sent.n.8549 del 03/08/93). L'abbonamento si rinnova tacitamente e l'utente, salvo che abbia dato tempestiva comunicazione di disdetta, è obbligato al pagamento del canone di € 90 ogni anno nei termini stabiliti dalla legge. Dal 2016 (art. 1, commi da 152 a 159, L. n. 208/2015) è stata introdotta la presunzione di detenzione dell'apparecchio televisivo nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui una persona ha la propria residenza anagrafica. I titolari di utenza elettrica per uso domestico residenziale effettuano il pagamento del canone mediante addebito nella fattura dell'utenza di energia elettrica e anche i residenti all'estero devono pagare il canone se detengono un'abitazione in Italia dove è presente un apparecchio televisivo. La detenzione di un apparecchio televisivo fuori dall'ambito familiare comporta l'obbligo di stipulare un canone speciale. Di conseguenza, in tutti i casi in cui l'apparecchio sia installato in locali che ne permettano la visione anche ai propri clienti è dovuto non il canone ordinario ma quello speciale di € 203,70. 

La Commissione tributaria regionale per il Piemonte con la sentenza n.558/3 del 4/5/2022 si è pronunciata su un caso di recupero a tassazione di un canone speciale Rai nei confronti di un dentista. I giudici hanno accolto l'appello dell'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado favorevole al contribuente. Quest'ultimo aveva impugnato una cartella di pagamento con cui era stato recuperato il canone speciale Rai per l'anno 2018 relativo all'abbonamento. Il recupero era stato effettuato a seguito di accesso della Guardia di Finanza del 28/3/2017 che constatava la presenza di un televisore nello studio del dottore.L'Agenzia delle Entrate contestava in appello la sentenza di primo grado perché il giudice aveva affermato che era onere dell'Ufficio fornire la  prova che l'apparecchio detenuto dalla parte fosse adatto alla ricezione dei canali televisivi e che tale prova non poteva essere superata dal fatto che il contribuente avesse confermato trattarsi di "televisore" quello che in realtà era solo un monitor. Infatti, sarebbe stato onere dei verificatori accertarsi che l'apparecchio fosse idoneo alla ricezione. L'Ufficio ha precisato che l'obbligo di pagamento del canone scaturisce dalla detenzione di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione delle trasmissioni e prescinde dall'uso o dal non uso che di esso si faccia. In sede di accesso la Guardia di Finanza ha reperito un televisore la cui esistenza è stata confermata dalla parte, seppure con la precisazione di un particolare utilizzo, e solo successivamente, con pec del 2019, l'abbonamento è stato disdettato. 

Pertanto, secondo l'Ufficio, contrariamente alle affermazioni dei giudici, quanto constatato dalla Guardia di Finanza è prova inoppugnabile circa l'esistenza dell'apparecchio Tv. Inoltre, il contribuente non ha mai dichiarato la marca dell'apparecchio, né ha prodotto una dichiarazione della casa produttrice circa la sua inidoneità a ricevere canali Tv. Il contribuente, a fronte delle tesi dell'appellante, ha evidenziato che il "televisore" non è stato oggetto di specifica disamina da parte della Guardia di Finanza, che non ne ha rilevato né la marca né il modello, né da parte dell'incaricato Rai. Anche se egli aveva definito l'apparecchio come televisore non è probante in quanto tale termine nell'uso corrente individua anche il monitor che, nel caso specifico, era utilizzato come tale per l'impianto di videosorveglianza come testimoniato per iscritto dal tecnico. La Commissione tributaria regionale ha ritenuto fondato l'appello dell'ufficio sulla scorta delle dichiarazioni rese dal contribuente. Questi, infatti, già nel processo verbale di constatazione del 2017 aveva dichiarato di utilizzare il televisore detenuto esclusivamente per trasmettere i video delle conferenze tenute presso il suo studio di odontoiatria, di non utilizzare il televisore per trasmettere canali tv, e, inoltre, nell'istanza di autotutela aveva precisato che: " ... l'apparecchio in questione è adibito solo ed esclusivamente al servizio di videocamere installato nella mia struttura con regolare autorizzazione ... e per la visione di immagini registrate su CD o DVD per i pazienti". Pertanto, a fronte dell'ammessa detenzione di un apparecchio Tv, sarebbe stato onere della parte fornire prova dell'inidoneità dell'apparecchio stesso a ricevere trasmissioni televisive in quanto il canone prescinde dal non uso dell'apparecchio o da un uso in concreto più limitato e particolare. Di fatto, però, stante che nel caso in esame tale prova non è stata fornita, i giudici di secondo grado hanno accolto l'appello dell'ufficio.

 

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