Il desiderio di un figlio di conoscere l´identità della madre, può non essere esaudito, qualora la donna non voglia svelare la sua identità. Questo l´esito del bilanciamento degli interessi in gioco in questa vicenda.
Con sentenza n. 14162/17, depositata il 7 Giugno, la I sezione Civile della Cassazione, si destreggia all ´interno di una questione che pone diversi interrogativi, e non solo giuridici.
Un minore, nato da parto anonimo, presentava presso il Tribunale dei minorenni dell´Emilia-Romagna, richiesta finalizzata ad ottenere informazioni utili per conoscere la madre. Non ottenendo risposta positiva, insisteva presso la Corte d´Appello di Bologna, la quale, confermando il provvedimento di primo grado, richiamava una sentenza della Corte Costituzionale che sanciva l´illegittimità dell´art, 28 comme 7, della legge n. 184/1983, nella parte in cui non era prevista la possibilità per il giudice di interpellare la madre, anche qualora questa avesse espresso la volontà di non essere nominata.
Nella stessa sentenza la Corte Costituzionale, invitava il legislatore ad intervenire nel porre in essere delle disposizioni che consentissero di verificare che la scelta iniziale della madre, di non voler essere nominata, perdurava, non potendo rimettere alla discrezionalità del giudice, la scelta delle modalità per realizzare il bilanciamento degli interessi delle parti in casi come questi, in cui certamente, non può negarsi ad un figlio il diritto a conoscere la persona che gli ha dato la vita, né alla madre, una volta messa, comunque, al mondo una vita, quello di rimanere ignota.
L´istante ricorreva per Cassazione, eccependo la violazione dell´art. 28, comma 7, L. 184/1983, come sostituito dall´art. 177, comma 2, d.lgs. 196/2003, alla luce della sentenza 278/2013 della Corte costituzionale, che ha riconosciuto in capo al figlio nato da parto anonimo, il diritto di proporre al giudice istanza per interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata, al fine di revocare tale dichiarazione.
Da una sentenza nel frattempo emessa dalla Cassazione, la n. 1946/2017, si evince l´avere aderito, da parte della stessa Corte, all ´interpretazione secondo cui, la pronuncia costituzionale di cui si è scritto sopra, vuole che, in attesa dell´introduzione di una disciplina legislativa procedimentale, il giudice, su richiesta del figlio, interpelli la madre che abbia dichiarato di non volere essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, osservando però tutte le modalità procedimentali previste appositamente per garantirle riservatezza e rispetto della sua dignità. Qualora la madre confermi la sua dichiarazione iniziale, tale limite, per il figlio, è insuperabile.
La Corte Costituzionale, oltre a premere per un intervento del legislatore, aveva quindi individuato il soggetto autorizzato, nonchè le caratteristiche dello stesso procedimento d´interpello. La Corte d´appello errava perciò, nel non applicare la normativa in esame secondo i dettami della Corte costituzionale.
Per questo la Cassazione accoglieva il ricorso, e cassava la sentenza impugnata con rinvio alla Corte territoriale.
Paola Moscuzza, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Messina, nell´anno 2015.