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Greta ha sfidato la scuola e tutti noi

maria-di-benedetto

  "Che ci facciamo a scuola se lì non ci insegnano altro che a riprodurre un modello di sviluppo che ha ormai pochi anni di vita? Che senso ha, infatti, sostenere che la scuola debba costruire competenze, cioè permettere a ragazze e ragazzi di incontrare, elaborare e costruire saperi che valgano anche fuori, nella società e nella vita, quando le conoscenze essenziali, che hanno a che vedere con il mantenimento degli equilibri del nostro pianeta, sono ignorate e perfino derise dai potenti della Terra?" Chi crede nella funzione dell'educazione non può non interrogarsi su tutto questo. Forse, nelle nostre scuole dovremmo immaginare di fare qualcos'altro ogni venerdì, provando a ragionare con sincerità su quali pratiche e comportamenti siano compatibili con il futuro di un pianeta abitabile per tutti. Ce lo dice Greta Thunberg che, con la sua candida radicalità, ci rivela che stiamo ignorando di essere sull'orlo del baratro.

  Se Greta è diventata un'icona mondiale capace di commuovere e muovere le coscienze di tante ragazze e ragazzi, non è solo per la sua giovane età, per il suo sguardo serio, corrucciato e concentrato. Per la convinzione sofferente che l'ha portata a scioperare da sola per settimane. Per quella testimonianza sulle scale del parlamento svedese, con il suo semplice cartello sempre uguale. Per le parole dirette e affilate di cui è capace. È il suo corpo che ci parla. Non si tratta di aggiungere qualche nuovo contenuto di studio, ma di mutare il nostro atteggiamento mettendo in discussione tutto quello che ci siamo sempre raccontati sullo sviluppo sostenibile. Si tratta di capire, e capire è cambiare – ci ricorda la ragazza svedese – altrimenti è pura finzione. Ed è esattamente di questo che parla Greta: "Non voglio che siate ottimisti. Voglio che proviate la paura che io provo ogni giorno. E poi voglio che agiate. Voglio che agiate come fareste in un'emergenza, come se la nostra casa fosse in fiamme. Perché lo è". Greta ha 16 anni ed è la prima ragazza che sia riuscita a porre la questione del riscaldamento globale in modo così nitido, cocciuto e disarmante da ottenere una risonanza tanto vasta nel mondo. È riuscita da sola a convocare una manifestazione mondiale, che ha raccolto studenti in centinaia di paesi. Nessuno era mai riuscito a provocare una mobilitazione così grande. È difficile rispondere alle domande di Greta con coerenza. "Qualcuno dice che invece di scioperare dovrei andare a scuola. Qualcuno dice che dovrei studiare per diventare una climatologa, così potrò risolvere la 'crisi climatica'. Ma la crisi climatica è già stata risolta. Conosciamo già tutti i dati e abbiamo tutte le soluzioni.

 L'unica cosa che ci resta da fare è svegliarci e cambiare. A cosa serve imparare nozioni nel sistema scolastico, quando i fatti elencati dalla scienza promossa da questo stesso sistema vengono ignorati dai nostri politici e dalla nostra società?".

Se diamo il giusto peso a queste affermazioni, ci rendiamo conto che Greta sta mettendo in luce la maggiore incongruenza che mina alla base il senso dell'educare. Da quasi trent'anni sembra che non si possa ragionare di educazione in Europa senza parlare di competenze. L'ultimo documento in tal senso è la raccomandazione del consiglio d'Europa del maggio 2018 che ripropone, al centro dell'azione educativa, la costruzione di competenze di cittadinanza. Il termine "competenza" è assai ambiguo e si presta a interpretazioni diametralmente opposte. Da un lato c'è il concetto che permette di misurare l'utilizzabilità delle persone da parte delle imprese indipendentemente dai tradizionali diplomi scolastici, ritenuti ormai obsoleti. Dall'altro lato, le Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012 – cioè la legge che dovrebbe orientare la didattica nella nostra scuola di base –tracciano un profilo delle competenze assai più interessante, che va dalla consapevolezza delle proprie potenzialità e dei propri limiti alla capacità di incontro con persone di diverse nazionalità, dalla capacità di procurarsi informazioni e impegnarsi in nuovi studi anche in modo autonomo, fino allo sviluppo di "competenze per l'esercizio di una partecipazione attiva alla vita sociale, orientate ai valori della convivenza civile e del bene comune". Sembra fin troppo semplice. Proprio quella semplicità che ci disarma e ci autorizza a fare dietrologia: "Chi ci sarà mai dietro Greta?". Il suo linguaggio schietto ci infastidisce, e allora diamo il meglio di noi facendo ironia sulla sindrome di Asperger che l'accompagna. Ecco che Greta diventa "La rompiballe", "Gretina". Semplice, no? 

 

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