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Fuori corso e senza lavoro, Corte d´Appello: padre obbligato a mantenerla

Un genitore ha l´obbligo di mantenere un figlio che non è in grado di mantenersi economicamente da solo. La Corte d´appello di Trieste ha dato ragione a una ventiseienne di Pordenone, fuoricorso all´Università e figlia di genitori separati, che ha portato il padre in tribunale per chiedere il mantenimento.

La legge è uguale per tutti, ma anche no. Già, perchè a fronte di più di un verdetto della Cassazione (2010-2012-2013) che libera il padre dal mantenimento all´università del figlio fuoricorso («Quando il figlio studente, per sua ingiustificata inerzia non provvede a terminare gli studi, perde il diritto al mantenimento da parte dei genitori»), una sentenza d´appello dei giudici di Trieste dice invece che no: la figlia va mantenuta comunque, finché non finisce gli studi universitari.

Il caso arriva da Pordenone, in Friuli. La ragazza in questione ha 26 anni, vive con il padre, libero professionista. La fanciulla arranca con gli esami universitari. Tradotto: è fuoricorso.

Il padre, nella più classica delle discussioni le intima: senza esami, ti taglio i viveri e ti arrangi. Lei, anziché abbozzare e ficcare la testa sui libri per passare finalmente gli esami, che fa? Lo porta in tribunale. Lamentando che vìola l´obbligo di mantenimento, disposto dal giudice in sede di divorzio dalla madre.

Perdipiù, lamenta l´adolescente mai cresciuta il genitore la obbliga a cavarsela con 20 euro a settimana: 80 al mese. Fatte salve le spese necessarie: sanitarie, di abbigliamento e carburante per l´auto. E se poi non le bastano 80 euro al mese, che lavori dato che neppure studia. Lei per tutta risposta mette nero su bianco le sue "esigenze".

Per la modica cifra di 2.577 euro al mese tra università, bollette e alloggio (universitario), "varie ed eventuali" e vacanze. Lui replica che non se ne parla nemmeno. E la discussione finisce in tribunale, dove la figlia trascina il malcapitato padre.

La meraviglia è che i giudici - di Pordenone prima e di Trieste poi - danno ragione alla ragazza. In primo grado, i togati - evidentemente senza figli - accolgono le richieste da rich kids. Scrivendo - come riporta Beppe Pietrobelli - che la fanciulla «merita ancora del tempo» perché si sa: il divorzio è traumatico e il padre dev´essere comprensivo se le è passata la voglia di studiare.

Morale? Il genitore finisce cornuto e mazziato: deve pagare le spese legali pure alla figlia. E dovrà sborsarle 500 euro al mese «per le spese personalissime e ludico-ricreative, anche straordinarie». Per i prossimi 2 anni. E chissà che nel 2020, alla soglia dei 30 non si decida chessò a finire gli studi. Salvo un´ulteriore causa al padre, vai a sapere...

Il poveretto, però, ricorre in Appello. E prende un´altra mazzata. Con una magra consolazione. L´assegno disposto dai giudici di Pordenone viene ridotto a Trieste da 500 a 350 euro mensili.

Per la verità, a Trieste non danno torto al padre. Ma sostengono che la giurisprudenza impone il mantenimento del figlio. Peccato, che la Cassazione abbia emesso almeno tre verdetti in senso opposto. Sempre su casi simili: figlio asino e nullafacente all´università, deciso a farsi mantenere fino agli anta. Gli Ermellini lo hanno mandato a spigolare. Con un verdetto, che fa giurisprudenza.

La Cassazione Civile - n. 8954/2010 Cassazione Civile ord. n. 7970/2013 e Cassazione Civile n. 4555/2012 sezione I - scrive: «Quando il figlio studente, per sua ingiustificata inerzia non provvede a terminare gli studi, perde il diritto al mantenimento da parte dei genitori».
Fonte: Il Secolo XIX 7/9/2017

 

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