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Funzionario p.a. divulga informazioni riservate, SC conferma condanna: irrilevante natura rapporto impiego

E´ stato ribadito, ed ulteriormente precisato, dalla Corte di Cassazione, Sezione Feriale Penale, con Sentenza 5/9/2016 n. 6807
Con la sentenza gravata, la Corte di appello di Trieste - a seguito di gravame interposto dall´imputato e dal P.G. avverso la sentenza emessa il 18.6.2013 dal Tribunale di Udine - in parziale riforma della decisione dichiarava n.d.p. nei confronti del predetto imputato in ordine ai fatti a lui contestati in quanto estinti per prescrizione, rideterminando la pena inflitta in ordine agli altri fatti contestati sub art. 81, art. 326 c.p., commi 1 e 3, primo periodo, sospensivamente condizionata.
Secondo il doppio conforme accertamento dei giudici di merito il ricorrente, incaricato di un pubblico servizio, si avvaleva delle informazioni segrete relative alle verifiche regionali (date e attitudini dei soggetti deputati) sulle attività formative svolte da società private, rivelandole sistematicamente ad enti privati, per procurare loro un indebito profitto patrimoniale rappresentato dalla possibilità di evitare la revoca dei finanziamenti regionali erogati per le predette finalità formative.
Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione l´imputato, articolando cinque motivi.
Con il secondo, deduceva violazione della legge penale in relazione alla qualifica di incaricato di pubblico servizio in ragione del vincolo solo indiretto tra lui e l´ente pubblico (Regione) e quello non definibile di dipendenza tra lo stesso ed una delle società beneficiarie. 
Come gli altri, riguardanti questioni di minore interesse giuridico, tale censura è stata ritenuta infondata dalla Suprema Corte. 
Richiamando la propria giurisprudenza (da ultimo, Sezioni Unite, Sentenza n. 4694 del 27/10/2011), la Sezione ha osservato che il delitto di rivelazione di segreti d´ufficio previsto dall´art. 326 c.p., comma 1, importa per la sua configurabilità sotto il profilo materiale che sia portata a conoscenza di una persona non autorizzata una notizia destinata a rimanere segreta e si configura come un reato di pericolo, nel senso che sussiste sempre, se dalla rivelazione del segreto possa derivare un danno alla pubblica amministrazione o a un terzo. 
Il delitto si configura come reato di pericolo effettivo e non meramente presunto, tanto che la rivelazione del segreto è punibile in quanto suscettibile di produrre un qualche nocumento agli interessi tutelati a mezzo della notizia da tenere segreta. 
In aggiunta, ha ancora affermato la Sezione, l´elemento distintivo del reato in disamina per differenziarlo da altre condotte che si concretano comunque in una rivelazione di notizie riservate, va identificato in base alla ratio incriminatrice, id est la tutela della pubblica amministrazione: il segreto, di cui è interdetta la divulgazione, preso in considerazione dall´art. 326 c.p., deve riguardare notizie "di ufficio", concernenti, dunque un atto o un fatto della pubblica amministrazione in senso lato nei diversi aspetti delle proprie funzioni. 
Ciò precisato, ha rilevato la Corte che quello legato alle comunicazioni mantiene i connotati propri del servizio di pubblico interesse, essendo indifferente che allo svolgimento dello stesso concorrano, anche in via non esclusiva, enti ed imprese concessionarie aventi natura privata; ed ancora che i dipendenti di un ente o di una società concessionaria, anche in via non esclusiva, di un servizio di interesse pubblico, vanno considerati incaricati di un pubblico servizio, in quanto concorrono allo svolgimento dell´attività ad esso connessa, a nulla rilevando la natura pubblica o privata dell´ente o dell´imprenditore al quale questa attività sia riferibile. 
Da qui il rigetto della censura e, conclusivamente, del ricorso.

Segue Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMO Maurizio - Presidente -

Dott. SAVINO Mariapia Gaetana - Consigliere -

Dott. CAPOZZI Angelo - rel. Consigliere -

Dott. CENTONZE Alessandro - Consigliere -

Dott. MENGONI Enrico - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B.S. nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 13/04/2015 della CORTE APPELLO di TRIESTE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/09/2016, la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPOZZI;

Udito il Procuratore Generale in persona del PAOLO CANEVELLI che ha concluso per l´inammissibilità del ricorso;

Udito il difensore Avv. Alberto TARLAO che ha chiesto l´accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Trieste - a seguito di gravame interposto dall´imputato B.S. e dal P.G. avverso la sentenza emessa il 18.6.2013 dal Tribunale di Udine - in parziale riforma della decisione ha dichiarato n.d.p. nei confronti del predetto imputato in ordine ai fatti verificatisi tra il maggio ed il novembre 2007, perchè estinti per prescrizione, rideterminando la pena inflitta in ordine agli altri fatti contestati sub art. 81, art. 326 c.p., commi 1 e 3, primo periodo, sospensivamente condizionata.

2. Secondo il doppio conforme accertamento dei giudici di merito il ricorrente, incaricato di un pubblico servizio nell´ambito della struttura regionale del FVG, si avvaleva delle informazioni segrete relative alle verifiche regionali (date e attitudini dei soggetti deputati) sulle attività formative svolte da società private, rivelandole sistematicamente a Bl.Mi. ed alla Indar Formazione e sviluppo coop srl, società cooperativa con sede in (OMISSIS) della quale il Bl. è amministratore e rappresentante di fatto, per procurare al predetto un indebito profitto patrimoniale rappresentato dalla possibilità di evitare la revoca dei finanziamenti regionali erogati per le predette finalità formative.

3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l´imputato che, a mezzo del difensore, deduce:

3.1. Violazione dell´art. 21 c.p.p., comma 2 e ss., in relazione alla eccepita incompetenza territoriale del Tribunale di Udine. Il luogo di consumazione del reato coinciderebbe con quello nel quale si è verificato l´illegittimo avvalimento delle notizie riservate, da identificarsi - secondo la stessa formulazione della imputazione - nel luogo in cui sono state rivelate dal B. le notizie riservate e non in quello in cui il BL. abbia fatto utilizzo delle stesse notizie. E non vi è dubbio che il luogo ove il B. ha appreso dette notizie è il proprio ufficio in (OMISSIS). In ogni caso, la competenza non apparterrebbe al Tribunale di Udine non essendo determinato il luogo di apprendimento delle notizie da parte del BL., dovendosi far ricorso al criterio suppletivo ex art. 9 c.p.p., costituito dal luogo di residenza dell´imputato, donde si radicherebbe la competenza del Tribunale di Gorizia.

3.2. Violazione della legge penale in relazione alla qualifica di incaricato di pubblico servizio in ragione del vincolo solo indiretto tra il B. e l´ente pubblico Regione e quello non definibile di dipendenza tra lo stesso B. ed Ecosfera. Le mansioni del B. sarebbero, poi, solo d´ordine e senza autonomia discrezionale, esulando da quelle dell´incaricato di pubblico servizio.

3.3. Violazione della legge penale e vizio della motivazione in relazione alla insussistenza dell´obbligo di segretezza della notizia, non essendo estesa la previsione della riservatezza ai contratti di lavoro a progetto e nel contratto di prestazione professionale intercorrenti tra il B. ed Ecosfera. In ogni caso, non si tratta di notizie per loro natura soggette ad obbligo di segreto, tenuto conto delle emergenze testimoniali provenienti dal teste S. e dalla mail della Z., oltrechè dalle normative delle altre regioni italiane che prevedono il preavviso del destinatario del controllo, come pure dal D.P.reg. 7/2008.

3.4. Violazione di legge penale (art. 47 c.p., u.c.) e vizio della motivazione in ordine alla natura dell´errore dell´imputato sulla sussistenza dell´obbligo di segretezza, trattandosi di ignoranza su normativa diversa e non richiamata nei contratti tra Ecosfera ed il B., traducentesi in errore sul fatto costituente reato.

3.5. Violazione della legge penale e vizio della motivazione in ordine alla ipotesi di cui all´art. 326 c.p., comma 2, trattandosi di verifiche non riconducibili alla revoca o alla decadenza dal contributo.

3.6. Violazione della legge penale e vizio della motivazione in relazione alla insussistenza del concorso tra il reato p. e p. dall´art. 326 c.p., comma 1, e il reato previsto dall´art. 326 c.p., comma 3, non essendo individuabili due autonome condotte di rivelazione e di avvalimento della notizia.

3.7. Con motivi aggiunti si deduce la prescrizione per tutti gli episodi posti in continuazione - ad eccezione per quello intervenuto con le comunicazioni del 6, 9 e 10 marzo 2009, con conseguente esclusione della pena inflitta a titolo di continuazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo è generico.

2.1. La Corte territoriale ha rigettato l´analoga doglianza mossa in appello sul rilievo che - ritenuto più grave il reato di cui all´art. 326 c.p.p., comma 3, - questo doveva ritenersi consumato in (OMISSIS), presso la sede della società del BL. ove le informazioni illecitamente divulgate dal ricorrente erano state utilizzate.

2.2. Pertanto, risulta generica la riproposizione della doglianza che senza confrontarsi con la corretta risposta fornita dalla Corte - fa nuovamente leva sulla condotta rivelatrice del ricorrente o sul momento di apprensione delle notizie e non considera il luogo nel quale le notizie illecitamente rivelate sono state oggetto di utilizzazione, così integrandosi la ipotesi di cui all´art. 326 c.p., comma 3.

3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.

3.1. Per la giurisprudenza di questa Corte (da ultimo vedi Sez. U, Sentenza n. 4694 del 27/10/2011, Rv. 251271) il delitto di rivelazione di segreti d´ufficio previsto dall´art. 326 c.p., comma 1, importa per la sua configurabilità sotto il profilo materiale che sia portata a conoscenza di una persona non autorizzata una notizia destinata a rimanere segreta e si configura come un reato di pericolo, nel senso che sussiste sempre che dalla rivelazione del segreto possa derivare una danno alla pubblica amministrazione o a un terzo. Si è rimarcato che il delitto si configura come reato di pericolo effettivo e non meramente presunto, tanto è vero che la rivelazione del segreto è punibile, non già in sè e per sè, ma in quanto suscettibile di produrre un qualche nocumento agli interessi tutelati a mezzo della notizia da tenere segreta. Si è altresì rilevato (cfr Sez. 6 n. 36357/04) che l´elemento distintivo del reato in disamina per differenziarlo da altre condotte che si concretano comunque in una rivelazione di notizie riservate, va identificato in base alla ratio incriminatrice, id est la tutela della pubblica amministrazione: il segreto, di cui è interdetta la divulgazione, preso in considerazione dall´art. 326 c.p., deve riguardare notizie "di ufficio", concernenti, dunque un atto o un fatto della pubblica amministrazione in senso lato nei diversi aspetti delle funzioni legislativa, giudiziaria o amministrativa stricto iure. Ciò precisato, va poi rimarcato che quello legato alle comunicazioni mantiene i connotati propri del servizio di pubblico interesse, essendo indifferente che allo svolgimento dello stesso concorrano, anche in via non esclusiva, enti ed imprese concessionarie aventi natura privata; ed ancora che i dipendenti di un ente o di una società concessionaria, anche in via non esclusiva, di un servizio di interesse pubblico, vanno considerati incaricati di un pubblico servizio, in quanto concorrono allo svolgimento dell´attività ad esso connessa, a nulla rilevando la natura pubblica o privata dell´ente o dell´imprenditore al quale questa attività sia riferibile (da ultimo Sez. 6, n. 37099 del 19/07/2012, Rv. 253477). Ciò che rileva al fine è che gli stessi, agendo nell´ambito di una funzione comunque colorata da interessi pubblici, svolgano una attività di carattere intellettivo (con esclusione dunque delle semplici mansioni d´ordine e delle prestazioni d´opera meramente materiale) priva tuttavia dei poteri autoritativi e certificativi propri della pubblica funzione in relazione alla quale si pongono in termini di complementarietà e accessorietà.

3.2. Si è posta nell´alveo di legittimità richiamato la Corte territoriale che ha ritenuto in capo al ricorrente la qualifica di esercente di pubblico servizio rigettando l´analoga questione posta in appello, sul rilievo della autonomia professionale dello stesso ricorrente nell´ambito degli uffici regionali, nell´ambito dei quali predisponeva i programmi di verifica estraendo i dati dei soggetti da controllare e proponendo quelli da inviare ad effettuare il controllo.

4. Il terzo motivo è manifestamente infondato, quando non generico allorquando si limita a riproporre questioni già risolte dal giudice di merito.

4.1. Ai fini della configurabilità del delitto di rivelazione di segreti d´ufficio, il dovere del segreto, cui è astretto il pubblico ufficiale o l´incaricato di pubblico servizio, deve derivare da una legge, da un regolamento, da una consuetudine, ovvero dalla natura stessa della notizia che può recar danno alla p.a. (Sez. 6, n. 12389 del 06/02/1990 Caramellino Rv. 185331).

4.2. Si è posta nell´alveo di legittimità richiamato la Corte territoriale che ha affermato la natura segreta delle informazioni relative al calendario dei controlli ed alle persone che li dovevano eseguirei propalate dal ricorrente desumendola dagli obblighi contrattuali della società Ecosfera e dalla natura stessa di tali informazioni, posto che nell´intento della PA che predisponeva i controlli essi erano volti a verificare che i corsi finanziati con fondi europei si volgessero regolarmente. Escludendo correttamente che i controlli audit oggetto della testimonianza del teste della difesa S. fossero quelli di cui alla imputazione ritenendo irrilevante la diversa normativa esistente per altre regioni nonchè la prassi emergente dalla mail esibita dalla difesa, riconducibile a diversa tipologia di controlli.

5. Il quarto motivo è manifestamente infondato, quando non genericamente proposto.

5.1. L´errore sul fatto che, ai sensi dell´art. 47 c.p., esime dalla punibilità, è quello che cade su un elemento materiale del reato e che consiste in una difettosa percezione o in una difettosa ricognizione della percezione che alteri il presupposto del processo volitivo, indirizzandolo verso una condotta viziata alla base; mentre, se la realtà è stata esattamente percepita nel suo concreto essere, non v´è errore sul fatto, bensì errore sull´interpretazione tecnica della realtà percepita e sulle norme che la disciplinano, ininfluente ai fini dell´applicazione della citata disposizione. (Sez. 6, n. 32329 del 25/06/2010, Sakellariou, Rv. 248092).

5.2. La Corte territoriale ha, pertanto, correttamente escluso l´errore scusabile del ricorrente sul rilievo del livello delle sue mansioni svolte nell´ambito del rapporto con la Regione ed avendo ad oggetto una norma integratrice del precetto penale, come tale irrilevante, rilevando altresì ed incensurabilmente - la esplicitazione della consapevolezza dell´illiceità delle comunicazioni tra il ricorrente ed il BL. manifestata nel corso delle conversazioni captate.

6. Il quinto motivo è manifestamente infondato e, comunque, generico.

6.1. La Corte territoriale - con accertamento privo di vizi logici e giuridici - ha affermato la sussistenza della finalità prevista dalla ipotesi di cui all´art. 326 c.p., comma 3, in ragione delle irregolarità nella tenuta della documentazione che potevano determinare la revoca del finanziamento, così giustificando la rilevanza della anticipata conoscenza dei controlli.

7. Il sesto motivo è manifestamente infondato, quando non generico posto che è stato già affermato che nel reato di utilizzazione di notizie acquisite per ragioni di ufficio, il profitto non patrimoniale perseguito può essere integrato anche dall´utilità consistente nel consentire a terzi l´elusione di controlli previsti dalla legge (Sez. 6, n. 9726 del 21/02/2013, Carta e altro, Rv. 254596) e la doglianza non tiene conto della accertata duplice condotta di rivelazione ed utilizzazione delle notizie riservate.

8. L´inammissibilità della impugnazione - come è noto - preclude il rilievo della prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata.

9. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 1 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2016

 

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