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Friedrich Herbart: "Rinunciare all'istruzione è privarsi della luce del giorno"

Friedrich Herbart: "Rinunciare all'istruzione è privarsi della luce del giorno"

Johann Friedrich Herbart (Oldenburg, 4 maggio 1776Gottinga, 14 agosto 1841) è stato un filosofo e pedagogista tedesco. È il maggior filosofo anti-idealista della Germania dell'idealismo. Con Herbart la linea di continuità dei grandi sistemi speculativi appare spezzata, tanto da suscitare già presso i contemporanei l'impressione di poter finalmente respirare "un'altra aria". Herbart, come sfondo delle sue teorie, muove a Kant due critiche. La prima è l'assunzione di 'mitologiche' facoltà dell'anima (la sensibilità, l'intelletto, l'immaginazione, la ragione): a questa concezione kantiana, che fa un passo indietro rispetto a Locke e a Leibniz, occorre invece contrapporre sia l'unità e la semplicità dell'anima sul piano metafisico. In secondo luogo, Herbart ritiene che su un punto cruciale la posizione di Kant vada sostanzialmente corretta: si tratta, cioè, di superare la soggettività delle forme dell'esperienza che Kant fondava nella facoltà conoscitiva e di mettere per contro in luce il carattere dato anche delle forme dell'esperienza. Per Herbart il dato è sempre costituito da ciò che viene percepito e dalla sua forma. Anche ammesso che spazio, tempo, categorie, idee siano le condizioni dell'esperienza che si radicano nell'animo, restano pur sempre da spiegare la determinatezza e la specificità delle singole cose che si manifestano nell'esperienza: perché, ad esempio, percepiamo qui una figura rotonda e là una figura quadrata? E non è dunque legittimo pensare che certe condizioni siano in realtà incluse nel dato?

Proprio perché rifiuta l'idea di un'attività spontanea del soggetto che unifica il molteplice, Herbart non vede alcuna giustificazione di qualcosa come una sintesi a priori: la certezza della conoscenza dipende piuttosto dal suo contenuto, da ciò che accade e si dà.

Già la teoria kantiana dello spazio e del tempo come forme a priori della sensibilità costituisce pertanto "una dottrina assai falsa", che ne disconosce la natura di forme seriali prodotte sulla base del decorso delle rappresentazioni. Non meno reciso è il giudizio di Herbart sulla teoria kantiana delle categorie, a suo avviso costruita su un illegittimo "salto" dalle forme del giudizio della "vuota logica" ai "concetti metafisici" della conoscenza. Per Herbart, più in particolare, la classificazione kantiana delle categorie richiede di essere disposta in maniera diversa se vuole avanzare qualche pretesa di effettiva connessione; e da questo punto di vista Herbart è persuaso che il gusto architettonico kantiano sia gravido di molti errori, come ad esempio di subordinare la categoria della realtà alla qualità, dal momento che realtà e qualità vanno se mai "collegate" per mostrare nella loro connessione che cosa una cosa sia e che essa sia.

Soggetto a critiche è anche il concetto di Io puro kantiano che palesa tutte le contraddizioni di ogni principio assoluto ed è a fondamento dell'artificiosa sistemazione "nelle scatole quadrangolari delle cosiddette categorie". Per Herbart, al contrario, si deve partire dalla determinazione della categoria come indicazione del "conformarsi dell'esperienza ad una regola in base alle leggi del meccanismo psicologico": detto altrimenti, le categorie designano la forma che l'esperienza possiede e pertanto non sono forme del pensiero, bensì oggetti del pensiero. E poiché l'analisi dei concetti metafisici che sono alla base dell'esperienza parte dal concetto generalissimo di cosa e delle proprietà della cosa ne svolge le contraddizioni, illumina i rapporti tra i 'reali' in sé inconoscibili e ai quali rinviano le loro manifestazioni fenomeniche, si ottiene una sistemazione quadripartita delle categorie - ma in realtà lontana da ogni tentazione simmetrica e non esauribile in un elenco fissato una volta per tutte - che è al "servizio" della categoria di cosa. In questa prospettiva Herbart si dichiara molto più vicino ad Aristotele che a Kant e sottolinea come la domanda relativa al sorgere delle categorie debba trovare risposta da parte dell'indagine psicologica sulla "forma seriale" della rappresentazione spaziale, di cui tutte le altre forme (categorie comprese) sono solo "analogie". Herbart inoltre pone l'analisi dei dati dell'esperienza al servizio di una struttura metafisica dell'esperienza, fondata sull'assunzione di enti reali che possiamo cogliere solo nella oro 'traduzione' nel linguaggio delle manifestazioni fenomeniche. Ma il carattere controverso di una simile impostazione metafisica, l'influenza di Herbart sulla discussione filosofica tedesca si farà sentire a lungo: da un lato sarà uno dei grandi ispiratori della psicologia scientifica che si svilupperà nella seconda metà dell'Ottocento e che si servirà largamente del lessico psicologico herbartiano; dall'altro lato la visione genetico-psicologica dell'apparato categoriale costituirà la struttura portante delle indagini sulla "psicologia dei popoli". Per quanto riguarda le tematiche pedagogiche, è importante la sua opera Pedagogia generale dedotta dal fine dell'educazione (1806) da cui è tratto il brano che riportiamo:

Libro secondo
4) L'istruzione
E' una follia voler abbandonare l'uomo alla natura o addirittura voler ricondurvelo ed educarlo in questo
senso: che cos'è infatti la natura dell'uomo? Per gli stoici come per gli epicurei essa fu parimenti il
comodo sostegno dei loro sistemi. La naturale disposizione dell'uomo, che sembra calcolata in funzione di condizioni fra loro assai diverse, oscilla in una tale generalità che la determinazione prossima, il compimento rimangono assolutamente affidati alla specie. La nave, costruita con somma maestria per poter secondare con tutte le possibili oscillazioni le onde ed i venti, attende ora il nocchiero che le indicherà la meta e la dirigerà nel suo viaggio secondo le circostanze.
Noi conosciamo il nostro fine. La natura fa parecchie cose che possono esserci d'aiuto, e l'umanità, sul
cammino che essa già percorse, ha accumulato molte esperienze; noi dobbiamo combinarle le une colle altre.
I- L'istruzione come integrazione dell'esperienza e del contatto umano
L'uomo, tramite l'esperienza, perviene naturalmente alla conoscenza e, tramite il contatto umano, alla
partecipazione. L'esperienza, sebbene sia durante tutta la vita la nostra maestra, non ci dà che un
minimo frammento di un gran tutto; tempi e spazi infiniti celano a noi una possibile esperienza
infinitamente più grande. Forse il contatto con gli uomini è relativamente meno povero; i sentimenti di
quelli che noi conosciamo somigliano infatti in generale ai sentimenti di tutti gli uomini. Ma la
partecipazione risente delle più delicate distinzioni e la sua unilateralità è molto peggiore
dell'unilateralità della conoscenza. Pertanto le lacune che il contatto con gli uomini lascia sussistere nella piccola sfera dei sentimenti, e quelle lasciate dall'esperienza nella cerchia ben maggiore del sapere, sono per noi pressoché equivalenti; ed in entrambi i casi occorrerà accogliere di buon grado ogni tentativo di integrarle mediante l'istruzione.
[...]
Di fatto, chi mai potrebbe fare a meno dell'esperienza e del contatto umano nell'educazione? Sarebbe
come se ci si dovesse privare della luce del giorno, per contentarsi del lume della candela! Ricchezza,
forza, determinazione individuale per tutte le nostre rappresentazioni, pratica nell'applicare il generale,
aderenza alla realtà, al proprio paese, al proprio tempo, tolleranza verso gli uomini come essi sono:
tutto questo deve esser attinto a quelle sorgenti primigenie della vita spirituale. [...]
Ma infine, se ci richiamiamo nuovamente al nostro scopo, cioè alla multilateralità dell'interesse, risulta
evidente come siano limitate le opportunità che dipendono dal luogo cui si è legati, e come e con
quanta ampiezza lo spirito autenticamente colto le trascenda. Anche il sito più favorevole ha dei limiti
così ristretti che nessuno potrebbe mai assumersi la responsabilità di rinchiudervi la formazione
culturale di un giovane, a meno che non vi sia costretto dalla necessità. Se il giovane ha tempo
disponibile e un insegnante, nulla allora dispensa quest'ultimo dall'estendersi nello spazio mediante
descrizioni, dall'andare a prendere dal tempo la luce del passato, e dall'aprire ai concetti il regno del
soprasensibile. [...]
In verità, l'esperienza e il contatto umano spesso ci vengono a noia, e talvolta siamo costretti a
sopportarli. Ma bisogna che l'allievo non abbia a soffrire un simile inconveniente per opera
dell'insegnante. Esser noiosa è il peccato più grave dell'istruzione! La sua prerogativa è quella di
sorvolare steppe e paludi; se non le è sempre possibile procedere in valli amene, per compenso
s'esercita in ascensioni alpine e ricompensa con l'ampiezza dei panorami».

Di fatto, chi mai potrebbe fare a meno dell'esperienza e del contatto umano nell'educazione? Sarebbe
come se ci si dovesse privare della luce del giorno, per contentarsi del lume della candela! Ricchezza,
forza, determinazione individuale per tutte le nostre rappresentazioni, pratica nell'applicare il generale,
aderenza alla realtà, al proprio paese, al proprio tempo, tolleranza verso gli uomini come essi sono:
tutto questo deve esser attinto a quelle sorgenti primigenie della vita spirituale. [...]
Ma infine, se ci richiamiamo nuovamente al nostro scopo, cioè alla multilateralità dell'interesse, risulta
evidente come siano limitate le opportunità che dipendono dal luogo cui si è legati, e come e con
quanta ampiezza lo spirito autenticamente colto le trascenda. Anche il sito più favorevole ha dei limiti
così ristretti che nessuno potrebbe mai assumersi la responsabilità di rinchiudervi la formazione
culturale di un giovane, a meno che non vi sia costretto dalla necessità. Se il giovane ha tempo
disponibile e un insegnante, nulla allora dispensa quest'ultimo dall'estendersi nello spazio mediante
descrizioni, dall'andare a prendere dal tempo la luce del passato, e dall'aprire ai concetti il regno del
soprasensibile. [...]
In verità, l'esperienza e il contatto umano spesso ci vengono a noia, e talvolta siamo costretti a
sopportarli. Ma bisogna che l'allievo non abbia a soffrire un simile inconveniente per opera
dell'insegnante. Esser noiosa è il peccato più grave dell'istruzione! La sua prerogativa è quella di
sorvolare steppe e paludi; se non le è sempre possibile procedere in valli amene, per compenso
s'esercita in ascensioni alpine e ricompensa con l'ampiezza dei panorami».

 

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