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Filma una violenza, Cassazione: compie il reato di violenza sessuale di gruppo

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Con la sentenza n. 29096 dello scorso 21 ottobre, la III sezione penale della Corte di Cassazione, ha confermato la misura cautelare della custodia in istituto penitenziario minorile disposta a carico di un ragazzo accusato di violenza sessuale di gruppo per aver realizzato un video dei fatti criminali, così manifestando una chiara adesione alla violenza di gruppo che rafforzava il proposito criminoso degli altri compartecipi.

Si è difatti precisato che "nel reato di violenza sessuale di gruppo non è necessario che tutti i componenti del gruppo assistano al compimento degli atti di violenza sessuale, essendo sufficiente la loro presenza nel luogo e nel momento in cui detti atti vengono compiuti, anche da uno solo dei compartecipi, atteso che la determinazione di quest'ultimo viene rafforzata dalla consapevolezza della presenza del gruppo".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un ragazzo, accusato dei reati di sequestro di persona e violenza sessuale di gruppo perché, presente nel luogo in cui veniva perpetrata una violenza sessuale, durante tutto il tempo in cui si verificavano i fatti, imponeva un toccamento al seno alla persona offesa e realizzava anche un video dei fatti criminali, così manifestando una chiara adesione alla violenza di gruppo che rafforzava il proposito criminoso degli altri compartecipi.

In virtù di tanto, il Tribunale per i Minorenni di Catania, con ordinanza, applicava al ragazzo la misura cautelare della custodia in istituto penitenziario minorile. 

Ricorrendo in Cassazione, la difesa dell'indagato chiedeva l'annullamento dell'ordinanza impugnata, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza: eccepiva, infatti, come dalle complessive risultanze istruttorie fosse emersa una sua "presenza inerte" sul luogo della perpetrata violenza sessuale di gruppo, mera presenza che integrava l'ipotesi di una connivenza non punibile.

La Cassazione non condivide tale deduzione difensiva.

Sul punto, gli Ermellini evidenziano che il reato di violenza sessuale di gruppo, quale reato necessariamente plurisoggettivo proprio, richiede quale elemento costitutivo la pluralità di agenti che partecipano alla commissione del fatto.

La previsione di un trattamento sanzionatorio più grave si connette proprio al riconoscimento di un peculiare disvalore alla partecipazione simultanea di più persone, in quanto una tale condotta partecipativa imprime al fatto un grado di lesività più intenso ed è idonea a produrre effetti fisici e psicologici particolari nella parte lesa, eliminandone o riducendone la forza di reazione.

Ciò tuttavia non implica la necessità che tutti i componenti del gruppo compiano atti di violenza sessuale, essendo sufficiente che dal compartecipe sia comunque fornito un contributo causale, materiale o morale, alla commissione del reato; analogamente, non è necessario che tutti i componenti del gruppo assistano al compimento degli atti di violenza sessuale, essendo sufficiente la loro presenza nel luogo e nel momento in cui detti atti vengono compiuti, anche da uno solo dei compartecipi, atteso che la determinazione di quest'ultimo viene rafforzata dalla consapevolezza della presenza del gruppo.

 La giurisprudenza è infatti concorde nel ritenere che il concetto di "partecipazione" non può essere limitato nel senso di richiedere il compimento, da parte del singolo, di un'attività tipica di violenza sessuale, dovendo invece ritenersi estesa la punibilità a qualsiasi condotta partecipativa, tenuta in una situazione di effettiva presenza non da mero "spettatore", sia pure compiacente, sul luogo ed al momento del reato, che apporti un reale contributo materiale o morale all'azione collettiva.

Con specifico riferimento al caso di specie, la sentenza in commento rileva come il ricorrente svolga censure che attengono alla ricostruzione dei fatti ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito e, quindi, sono meramente in fatto e, come tali, non deducibili in sede di legittimità.

Difatti, l'ordinanza impugnata ha ritenuto, con argomentazioni congrue e logiche, che il ricorrente, presente nel luogo della perpetrata violenza sessuale durante tutto il tempo in cui si verificavano i fatti, aveva manifestato, in ogni caso, una chiara adesione alla violenza di gruppo che rafforzava il proposito criminoso del gruppo, imponendo agli altri partecipanti di toccare il seno alla persona offesa e realizzando anche un video dei fatti criminali.

In conclusione, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

 

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