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Fabiano Contrafatto, “L’allievo” I giovani e la necessità del lavoro che manca

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 Quante volte, negli ultimi tempi, leggiamo sui giornali, nelle dichiarazioni di figure istituzionali, nei dibattiti televisivi delle condizioni dei nostri giovani che, una volta formati professionalmente, non riescono a trovare lavoro.

Si mette, il più delle volte, l'accento sulle nostre eccellenze che emigrano all'estero per mancanza di lavoro.

Ma quasi mai si parla delle condizioni di lavoro di quei giovani che, invece, il lavoro lo trovano in Italia.

Sul finire dello scorso anno Fabiano Contrafatto ha pubblicato un libro, "L'Allievo", editore, Porto Seguro, €. 17.90, per molti versi interessante, che racconta le condizioni di quei giovani che trovano un'occupazione in una delle regioni italiane, dove non mancano posti di lavoro, certo non per tutti, ma a condizioni di ore lavorate che non figurano nei contratti e con paghe incredibili, in ambiente di lavoro che ricordano più condizioni e atmosfere kafkiane che non quegli ambiente e quei super mercati lindi e con ambienti gioiosi che si presentano ai nostri occhi quotidianamente.

Ma chi è Fabiano Contrafatto?

Un giovane siciliano, di Niscemi che lavora da anni in una multinazionale con la qualifica di export manager, ha due lauree, ha viaggiato in quasi 100 paesi del mondo e ha visitato i sei continenti e, notizia che dà anche maggior valore alla sua scrittura, ha letto più di duemila libri.

L'Autore ci tiene a precisare che il libro è "un'opera di fantasia" e gli ambienti, i personaggi, le località, dove si svolgono i fatti sono puramente fittizi.

È un indizio a cui si fa spesso riferimento, ogni qualvolta ci si vuole mettere al riparo di eventuali fastidi legali quando i riferimenti sono descritti con tale maestria che non è difficile individuare i punti salienti del libro.

Teniamo fede all'indicazione dell'Autore.

Ci troviamo in un elegante Ufficio della sede della multinazionale di prodotti alimentari "LIPALM", dove un giorno il giovane Filippo Spazzini, il protagonista, dopo mesi e mesi di attesa, era stato convocato per l'ennesimo colloquio, e per la tanta sospirata e probabile l'assunzione.

Il curriculum era di tutto rispetto per le lauree acquisite con il massimo dei voti e per lingue straniere di cui Filippo era in possesso.

Il colloquio è andato benissimo e Filippo viene assunto.

La paga è ottima, viene concesso l'uso privato dell'auto aziendale e accetta, senza batter ciglio, che prima di essere assunto a tempo determinato, avrebbe dovuto seguire un piano di formazione, debitamente pagato di sei mesi e strutturato in tre grandi periodi nelle filiali dell'azienda, dislocate nelle regioni del nord Italia.

Inizia la formazione e, piano piano, giorno dopo giorno, il dottor Spazzini, incredulo, comincia a prendere atto di una realtà che non avrebbe mai immaginato.

Già prima di iniziare questo piano di formazione, le raccomandazioni iniziali non erano delle più felici.

"Sia che lavorate dodici ore al giorno, sia che lavorate sedici o più il vostro stipendio sarà lo stesso. […] Passati i sei mesi, non pensate di avere il lavoro fisso garantito a vita…l'articolo 18 non esiste più ed era ora! […] ricordatevi poi che se non raggiungerete gli obbiettivi, potete essere licenziati in ogni momento… e tra l'altro, poi, un aspirante manager lavora sempre per obbiettivi e se questi non vengono raggiunti viene licenziato".

Sono sei mesi inimmaginabili. Senza vacanze, senza riposo infrasettimanale, guardati a vista sia da superiori ufficiali, sia da spie Sottoposti ai lavori più umilianti, Filippo, soprattutto, perché oltre ai lavori pesanti si adattava a qualsiasi condizione pur di tener fede all'impegno assunto.

Filippo persone educata e gentile, incapace di un'offesa a chicchessia ad un certo punto, grazie ad un suo compagno di università, riesce a trovare un altro lavoro.

Ora potrebbe anche licenziarsi, prima della scadenza, in occasione di iniziare il nuovo lavoro. Ma non lo fa. Aspetta il momento giusto per l'attacco finale.

Che ci sarà. E alla grande.

Filippo alla fine prepara un dossier, un diario di questa sua sciagurata e dolorosa esperienza e lo fa avere alla direzione generale della multinazionale.

Un operaio, Matteo, per questo suo gesto, lo definisce un eroe.

Ma Filippo, "Non si sentiva un eroe ma un semplice individuo. Uno come tanti, che aveva gridato contro una situazione di scoramento e oppressione…"

Si tratta di 301 pagine che sono un resoconto puntuale, descritto nei minimi particolari, narrati con pathos sempre crescente dove si riesce a toccare con mano le condizioni di stress psicologico, "la solitudine relazionale", gli effetti collaterali del mobbing, sopportato in religioso silenzio per la paura di essere licenziati, la mancanza di protezioni per l'assenza del sindacato, le frustrazioni quotidiane.

 

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