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Ex partner risponde a chiamate e sms, Cassazione: "Non è stalking, no a misure di protezione"

Cade l´accusa di stalking (ma non quelle di ingiuria e minaccia) a carico di chi perseguita la ´ex´ con continue telefonate, qualora la vittima, invece di rifiutare ogni contatto, continua ad intrattenersi con l´interlocutore, con cui non intrattiene più alcuna relazione sentimentale e amicale. Così come, al ricorrere di tali circostanze, vengono meno le misure di protezione, quali il divieto di avvicinamento, a beneficio della persona ritenutasi perseguitata.
E´ questo il principio, a nostro avviso estremamente discutibile, mutuabile dalla recentissima sentenza n. 9221/2016 della Cassazione Penale, Terza Sezione, che, occupandosi di un complesso caso di violenza sessuale e stalking, è pervenuta alle considerazioni sopra espresse sulla base della condotta ritenuta ambigua di una ragazza che aveva reciso il rapporto con il partner per la sua gelosia ma continuava a rispondere alle sue telefonate e ai suoi sms.
Secondo la Suprema Corte, "laddove il comportamento del soggetto passivo in qualche modo assecondi il comportamento del soggetto agente, vien meno il requisito indispensabile del mutamento radicale delle proprie abitudini e la situazione di ansia che segna in modo irreversibile la vita della vittima". Per questo, la Corte ha ritenuto insussistente la configurabilità dell´accusa di atti persecutori a carico dell´ex partner ventunenne, ritenendo corretta la valutazione del Tribunale del riesame di Napoli il quale, aderendo alle tesi difensive di questi, aveva annullato il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dall´ex fidanzata, come da essa richiesto con la sua denuncia.
"Il Tribunale del riesame - scrive la Cassazione - nel valutare il racconto della persona offesa, pur prendendo atto delle minacce continue, ed anche gravi, poste in essere da (omissis) anche al cospetto di estranei, non ha potuto far a meno di verificare comportamenti per lo meno incongrui posti in essere dalla destinataria di tali minacce, consistiti nel proseguire i rapporti telefonici rispondendo al proprio interlocutore anzichè prenderne le distanze".
Nella vicenda sottoposta al vaglio della Cassazione, l´ex partner, in occasione dell´incontro chiarificatore, cui la ragazza aveva aderito, aveva approfittato delle circostanze di tempo e di luogo fino a costringerla, dopo una vivace collutazione, a subire un rapporto sessuale completo all´interno della parte posteriore della vettura nella quale i due giovani si trovavano seduti. Su quest´ultimo punto, la Cassazione non ha tuttavia condiviso la valutazione del Tribunale, il quale, muovendo dalla possibilità della ragazza di poter uscire dall´auto, dall´integrità dei leggins dalla stessa indossati e dall´assenza, all´atto della visita ginecologica del giorno dopo di segni di violenza sul suo corpo, ed infine ritenendo che il suo "rammarico" dopo l´eiaculazione non fosse di portata tale da far venir meno il suo consenso all´atto sessuale, aveva escluso la tesi della violenza sessuale. Conclusione, almeno questa, non condivisa dalla Cassazione.
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