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L'esposto al Consiglio dell'Ordine deli Avvocati, finalizzato all'apertura di un procedimento disciplinare nei confronti di un legale, non può contenere dati personali relativi all'incolpato non pertinenti e non funzionali allo scopo della raccolta e trattazione. In caso contrario, detto esposto realizzerebbe una divulgazione illecita delle informazioni personali in violazione dell'attuale disciplina in materia di privacy.
Questo è quanto ha statuito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 11020 del 26 aprile 2021.
Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici di legittimità.
I fatti di causa
Il controricorrente è un avvocato, ex dipendente pubblico, nei cui confronti la ricorrente ha presentato un esposto per denunciare alcune condotte deontologicamente scorrette poste in essere dallo stesso controricorrente. È accaduto che con tale esposto sono state divulgate alcune informazioni personali concernenti pregressi procedimenti disciplinari subiti dall'incolpato quando egli era un impiegato pubblico. Orbene, ad avviso del Giudice di merito, tali informazioni non sono funzionali e pertinenti alle finalità dell'esposto, con l'ovvia conseguenza che la loro divulgazione risulta illecita. E ciò a maggior ragione ove si consideri che i procedimenti disciplinari pregressi richiamati sono stati archiviati con annullamento delle sanzioni irrogate.
Il caso è giunto dinanzi alla Corte di Cassazione.
Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità giudiziaria.
La decisione della SC
Innanzitutto, i Giudici di legittimità fanno rilevare che il trattamento delle informazioni personali effettuato nell'ambito di un esposto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati in relazione a una asserita condotta deontologicamente scorretta posta in essere da un legale è lecito purché [...] avvenga nel rispetto del criterio di minimizzazione nell'uso dei dati personali, dovendo essere utilizzati solo i dati indispensabili, pertinenti e limitati a quanto necessario per il perseguimento delle finalità per cui sono raccolti e trattati. Tale principio, prima espresso dall'art. 3, recante il titolo "principio di necessità nel trattamento dei dati", e dall'art. 11 lett. d) del d.lgs n. 196/2003, richiedente la pertinenza, la completezza e non eccedenza dei dati rispetto alle finalità per cui sono raccolti e trattati, è stato recentemente riaffermato con l'entrata in vigore dell'art. 5 lett. c) del regolamento europeo sulla protezione dei dati personali 2016/679. Ciò premesso, tornando al caso di specie, ad avviso della Corte di Cassazione, bene ha deciso il Giudice di merito in quanto la diffusione delle informazioni personali inerenti ai pregressi procedimenti disciplinari in cui l'avvocato incolpato è stato coinvolto quando era dipendente pubblico, non sono affatto pertinenti all'accertamento dell'esistenza di eventuali illeciti disciplinari posti in essere nell'esercizio della professione e contestati nell'esposto. Secondo la Suprema Corte, pertanto, la divulgazione di tali dati è illecita, tanto più che il riferimento ai pregressi esposti risponde a un fine parziale e malizioso dell'esponente, avendo quest'ultima omesso di riferire la circostanza pacifica che i su citati pregressi procedimenti sono stati oggetto di archiviazione, con conseguente annullamento delle sanzioni irrogate.
Quest'illecita diffusione dei dati in questione integra la violazione dell'art. 15 codice della privacy (oggi sostituito dall'art. 82 regolamento europeo sulla protezione dei dati personali 2016/679). Una violazione, questa, che, pur determinando una lesione del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali tutelato dagli artt. 2 e 21 Cost. e dall'art. 8 della CEDU, non esime il pregiudizio subito dal soggetto danneggiato dalla verifica della "gravità della lesione" e della "serietà del danno", E ciò in considerazione del fatto che il danno alla privacy va a identificarsi con le conseguenze della lesione. Se detto danno verrà qualificato come serio, allora potrà essere risarcibile. Nel caso in esame. la "gravità della lesione" e la "serietà del danno" sono emerse dalla circostanza della divulgazione di una pluralità di procedimenti disciplinari a carico dell'incolpato generica, offensiva e allusiva. Divulgazione, questa, che ha determinato conseguenze negative non solo nella sfera emotiva del controricorrente, già provato a causa dei procedimenti pregressi ritenuti, poi, infondati, ma anche per la sua immagine e la sua reputazione sociale nel ristretto ambiente lavorativo in cui è da breve tempo entrato (due anni). In particolare, il Giudice di merito ha messo in luce la condizione di particolare fragilità in cui si trova un avvocato iscritto all'Ordine forense solo da un paio d'anni, il quale è soprattutto impegnato nella costruzione di una propria immagine e credibilità professionale non solo in relazione ai potenziali clienti, ma anche rispetto a quei colleghi che possono così sensibilmente incidere sulla sua attività, anche per il futuro.
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, la Corte di cassazione ha confermato la statuizione del Giudice di merito, cassando quest'ultima solo nella parte riguardante la questione della responsabilità ex art. 96 c.p.c.
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Il mio nome è Rosalba Sblendorio. Sono una persona estroversa e mi piace il contatto con la gente. Amo leggere, ascoltare musica e viaggiare alla scoperta delle bellezze del nostro territorio. Adoro rigenerarmi, immergendomi nella natura e per questo, quando posso, partecipo ad escursioni per principianti. Ho esercitato la professione da avvocato nel foro di Bari. Per molti anni ho collaborato con uno Studio legale internazionale, specializzato in diritto industriale, presso il cui Ufficio di Bari sono stata responsabile del dipartimento civile e commerciale. Mi sono occupata prevalentemente di diritto civile, diritto commerciale e diritto della proprietà intellettuale.