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Esenzioni IVA e sequestro preventivo per reati fiscali

Esenzioni IVA e sequestro preventivo per reati fiscali

Con la sentenza in commento – la n. 46715/2018 - la Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente sul tema della configurabilità del reato di omessa dichiarazione IVA e della conseguente confisca.

Nel caso di specie, però, ha affrontato una tematica particolare - al confine con il diritto tributario - evidenziando come la prestazione di trasporto pubblico urbano con contestuale offerta anche di servizi con finalità turistico-ricreative (animazione a bordo, somministrazione di bevande, biglietto di ingresso nelle strutture da visitare), non fruisca del regime di esenzione dall'IVA di cui all'art. 10, comma 1, n. 14 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, poiché tali servizi non possono considerarsi accessori o secondari al trasporto, avendo una loro autonoma utilità.

Ne consegue la astratta configurabilità del reato di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto qualora la società prestatrice di tali servizi abbia omesso di dichiarare e versare l'IVA.

Nel caso di specie, la Corte si è trovata a decidere, infatti, su un'impugnazione avverso il decreto di sequestro preventivo - sia diretto che per equivalente - disposto nei confronti di una società in accomandita semplice per reato dei suoi amministratori perché, al fine di evadere l'IVA, omettevano di presentare le dichiarazioni fiscali annuali.

La ricorrente sosteneva che il Tribunale cautelare avesse omesso di considerare che nei periodi di imposta 2012 – 2013 e 2014 la società avesse per lo più svolto attività di trasporto pubblico, sicché le operazioni non erano soggette ad imposta. 

Il ricorso, si fonda, in pratica, pressoché completamente, sulla interpretazione dell'art. 10 co 1 n. 14 d.p.r. 633/72 che, ai fini di esenzione dell'imposta, richiede il rispetto di due condizioni:

1. la prestazione abbia ad oggetto il trasporto di persone,

2. si tratti di trasporto urbano.

La difesa osservava nel testo del gravame che non vi fosse alcuna preclusione con riguardo alle finalità per cui avviene il trasporto.

La ratio andrebbe quindi a favorire il trasporto urbano inteso in senso lato, ovvero, assicurare alla collettività una maggior mobilità in ambito cittadino.

Errata sarebbe quindi l'interpretazione fornita dai giudici di primo grado che richiederebbero che la finalità del trasporto urbano fosse diversa da quella a scopo turistico-ricreativo, in quanto tale finalità comporterebbe il venire meno della natura di pubblica funzione che giustifica l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto.

La Corte di Cassazione ritiene infondato il ricorso come proposto in tutti i suoi motivi.

Osserva la Corte, infatti, come la censura dei ricorrenti non colga nel segno.

Dalla ricostruzione fornita dai giudici di merito di primo e secondo grado, infatti, emergeva come il trasporto dei passeggeri fosse in realtà solo uno dei servizi turistici che venivano resi dalla società il cui amministratore risultava imputato e forse neppure il più importante. 

L'attenzione del fruitore dei servizi della società, invece, era catturata dall'intero pacchetto dei servizi offerti (visite museali etc. ) che non potevano essere considerate prestazioni accessorie, anche avuto riguardo al loro costo rispetto al trasporto.

In ogni caso, a prescindere dai risultati probatori in sé, la Corte sottolinea la erroneità della dell'interpretazione della normativa tributaria offerta dal ricorrente.

Secondo l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza europea – che ha individuato i criteri con cui determinare quando una prestazione può dirsi accessoria – e la risoluzione sul punto dell'Agenzia delle Entrate, quando un'impresa di trasporto urbano offre alla clientela anche altri servizi, non è più possibile parlare di servizio di trasporto puro o semplice che può venire in rilievo ai fini della disposizione per l'esenzione, ma dà luogo ad una fattispecie complessa in cui il trasferimento del cliente è strumentale alla prestazione di altri servizi.

Ne consegue che tale prestazione di servizi, non rientrando in quelle tassativamente escluse, non fruisce dell'applicazione dell'esenzione ai fini dell'elenco dell'art. 10.

Rigetta il ricorso e conferma l'ordinanza impugnata. 

 

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