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Esami avvocato 2017: le tracce del parere penale e le possibili soluzioni

Si è conclusa la seconda delle tre giornate dell´esame di abilitazione degli avvocati 2017, che è stata dedicata all´elaborato di diritto penale, per il quale sono state proposte due tracce. Riproduciamo, di seguito, per ciascuna delle tracce, la possibile soluzione pubblicata stamane nel portale giuridico Altalex.

Esame di avvocato 2017: la 1^ traccia del parere penale e la soluzione proposta

In data 9 febbraio 2016 il Giudice Tutelare di Alfa nomina Caia amministratrice di sostegno di Tizio, affetto da demenza senile tipo Alzheimer, con il compito di gestire il trattamento pensionistico di Tizio e di impugnare, a nome di quest´ultimo un contratto da questi stipulato nel 2015 sotto la spinta di artifici e raggiri perpetuati da terzi.

In data 7 maggio 2017, a seguito delle segnalazioni provenienti da alcuni vicini, i vigili del fuoco accedono d´urgenza nell´appartamento di Tizio rinvenendolo in pessime condizioni igieniche, senza cibo e bevande e con rifiuti all´interno dell´abitazione.

Tizio viene dunque ricoverato in ospedale e, a seguito della comunicazione pervenuta, il giudice tutelare revoca la nomina di Caia quale amministratrice di sostegno e trasmette gli atti alla locale Procura della Repubblica ipotizzando la ricorrenza del reato di cui all´art. 591 c.p.

Caia, preoccupata, si rivolge ad un legale per un consulto.

Il candidato assunte le vesti del legale di Caia, premessi i brevi cenni sul reato di abbandono di persone incapaci, rediga motivato parere esaminando la questione sottesa al caso in esame.

SOLUZIONE PROPOSTA
di Laura Biarella

La soluzione indicata in modo sintetico e schematico è solo una delle possibili; ha mero valore orientativo.

L´art. 591 del codice penale, alla rubrica "Abbandono di persone minori o incapaci" distingue due fattispecie di reato: al comma I punisce l´abbandono del minore infraquattordicenne ovvero della persona incapace a provvedere a se stessa, mentre al II comma penalizza l´abbandono all´estero del minore infradiciottenne, che sia stato affidato all´agente, per motivi di lavoro, nel territorio dello Stato.

La norma in questione tutela i beni della vita e dell´incolumità personale contro le situazioni di pericolo che possono insorgere in relazione all´età, ovvero a condizioni di rilievo personale, quali ad esempio le patologie che rendono l´individuo non più capace di provvedere a sé in modo autonomo.

Pertanto l´oggetto della garanzia prevista dalla norma incriminatrice de qua non coincide col rispetto dell´obbligo di assistenza in quanto tale, al pari di quanto si registra nella fattispecie contemplata all´art. 570 c.p., piuttosto nel pericolo per l´incolumità fisica, derivante dal suo inadempimento.

L´abbandono di persone incapaci rappresenta un reato a natura permanente, per cui la condotta illecita perdura finquando sussiste la circostanza che non consente l´assistenza ovvero la cura opportuna.

A ciò sia aggiunga che il delitto in commento viene pacificamente catalogato tra i reati propri, con la conseguenza che può essere posto in essere unicamente da individui che rivestano una posizione di garanzia nei confronti della vittima, minore di età, ovvero incapace.

Più in dettaglio, la condotta consiste nell´abbandono del soggetto passivo, vale a dire nella volontaria sottrazione, anche soltanto parziale oppure temporanea, dai propri obblighi di cura o custodia, al contempo essendo coscienti che la vita o l´incolumità del soggetto minore o incapace viene esposta a pericolo, essendo appunto inabile a provvedervi in modo autonomo.

Per quanto concerne la vicenda di specie, al fine di ravvisare o meno una qualche responsabilità penale in capo a Caia, nella sua veste di amministratrice di sostegno dell´incapace Tizio, si rende necessario analizzarla alla luce sia della fattispecie normativa sopra rappresentata, che dei più recenti indirizzi giurisprudenziali.

Posto che il ruolo di cui risultava investita Caia è ad ogni modo definibile quale "posizione di garanzia", occorre delimitarne i confini, e quindi verificare se l´investitura si fosse limitata al compito di assistenza nella gestione degli interessi patrimoniali, ovvero fosse stata estesa ai beni della vita e dell´incolumità individuale dello stesso soggetto incapace.

Dall´esame della normativa civilistica in tema di amministrazione di sostegno, emerge che il titolare della carica, pur essendo onerato dal relazionare periodicamente sull´attività svolta, nonché sulle condizioni di vita personale e sociale del beneficiario, assume un ruolo circoscritto all´assistenza dell´individuo nella gestione degli interessi di natura patrimoniale. Ulteriormente, dal confronto con le funzioni del tutore, enucleate all´art. 357 c.c., discende che il settore relativo alla "cura della persona" sia normativamente individuabile nell´istituto della tutela, senza essere né esteso né ricompreso in quello afferente l´amministrazione di sostegno. Si evidenzia, più in dettaglio, che l´art. 357 c.c. indica tale funzione a proposito del tutore, e non rientra tra le disposizioni richiamate dall´art. 411 c.c. tra le "norme applicabili all´amministrazione di sostegno".

La questione di recente è stata affrontata dalla Corte di Cassazione (Sezione V penale, Sentenza 26 febbraio 2016, n. 7974), la quale ha distintamente precisato che l´amministratore di sostegno, in mancanza di previsioni specifiche nel decreto di nomina, "non assume una posizione di garanzia rispetto ai beni della vita e dell´incolumità individuale del soggetto incapace" e, nella specie, non risulta che il Giudice tutelare abbia investito Caia di siffatta incombenza.

Ne discende che nello svolgimento della propria funzione, Caia non risultava investita di una posizione di garanzia rispetto al bene della vita e dell´incolumità individuale dell´incapace Tizio, bensì solamente di un compito circoscritto all´assistenza nella gestione degli interessi di natura patrimoniale. Invero, pur avendo avuto l´onere di relazionare periodicamente, in conformità alla cadenza temporale stabilita dal giudice, sull´attività dalla stessa svolta e sulle condizioni di vita personale e sociale del beneficiario Tizio, il compito dell´amministratore di sostegno Caia si concentrava fondamentalmente nell´assistere l´incapace nella gestione dei propri interessi patrimoniali e non anche nella "cura della persona".

In conclusione, qualora Caia venisse rinviata a giudizio per il reato in questione la stessa verrebbe senz´altro assolta, non avendo commesso alcun reato.

Esame di avvocato 2017: la 2^ traccia del parere penale e la soluzione proposta
Tizio, dopo aver lungamente osservato le abitudini del pensionato Mevio, di anni 75, un giorno lo avvicina mentre questi sta rientrando a casa. Spacciandosi per un amico di vecchia data del di lui figlio Caio e carpitone in tale modo la fiducia lo convince a consentirgli di entrare nell´appartamento.

Qui, rappresenta di vantare un credito di euro 500,00 nei confronti di Caio, di trovarsi in momentanee ristrettezze economiche e di essere pertanto intenzionato ad agire in giudizio nei confronti del predetto per ottenere la soddisfazione del proprio credito, Tizio convince Mevio a consegnargli tale somma; inoltre, approfittando di una momentanea distrazione di Mevio, fruga in un cassetto del soggiorno e si impossessa della ulteriore somma di euro 300,00 ivi rinvenuta, dandosi poi alla fuga.

Nell´uscire Tizio si accorge però della presenza di telecamere di sicurezza nel palazzo e temendo essere in tal modo identificato, essendo pluripregiudicato per reati specifici: decide dunque di recarsi dal proprio legale per un consulto. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio rediga motivato parere individuando i reati configurabili nel caso di specie e la relativa disciplina in ordine alla procedibilità dell´azione penale e alla possibilità di applicazione di misure cautelari.

SOLUZIONE PROPOSTA
di Bruno Fiammella e Anna Di Stefano

La soluzione indicata in modo sintetico e schematico è solo una delle possibili; ha mero valore orientativo.

Le problematiche emergenti dallo studio della traccia assegnata investono (in particolare) i reati contro il patrimonio, collocati nell´alveo del titolo XIII del secondo libro del codice penale. In apparenza una traccia di agevole comprensione, manifesta tuttavia insidie nella parte finale in cui richiede al candidato specifici campi di valutazione involgenti questioni anche di natura procedurale.

Nello specifico è demandata al legale di Tizio una consulenza, nell´immediatezza del fatto storico, collocata temporalmente in una fase prodromica all´inizio delle indagini preliminari. Consulenza finalizzata a:

- individuare i reati eventualmente configurabili in capo a Tizio
- considerare la disciplina in ordine alla procedibilità dell´azione penale
- valutare la possibile applicazione di misure cautelari nei suoi confronti.

Orbene, in ordine alla soluzione del primo punto occorre sin da subito evidenziare che si possono rinvenire nella descrizione dei fatti due momenti di rilevanza penale degni di approfondimento: il primo relativo alla "consegna della somma di Euro 500 da parte di Mevio" ed il secondo afferente l´ "impossessamento dell´ulteriore somma di Euro 300", rinvenuta in un cassetto del soggiorno presso l´abitazione della persona offesa.

In relazione al primo profilo è necessario domandarsi se la condotta integri la fattispecie della truffa (eventualmente aggravata ex art. 640 comma 2, n. 2 bis) o quella del furto aggravato con l´uso del mezzo fraudolento.

Preliminarmente si evidenzia che dal codice si potevano agevolmente ricavare i caratteri delineanti la fattispecie in parola. Come è noto, l´art. 640 c.p. punisce la condotta di "chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno".

Trattasi di reato comune in quanto il soggetto attivo può essere chiunque. La condotta si caratterizza per una particolare forma di aggressione al patrimonio altrui, perpetrata attraverso l´inganno, che induce la vittima a concorrere alla produzione dello stesso, in ragione dell´errore in cui ella cade. E´ una fattispecie plurioffensiva, in quanto determina sia un attacco al bene giuridico del patrimonio della vittima, sia alla sua libertà di autodeterminazione. La caratteristica della truffa è che si perpetra attraverso "artifizi e raggiri" finalizzati ad indurre in errore la vittima al fine di farle compiere un atto di disposizione patrimoniale, utile a produrre alla stessa un danno, con profitto ingiusto altrui. Per quanto di interesse, è bene specificare che l´artifizio (mise en scène) è da individuarsi nella simulazione di circostanze inesistenti o nella dissimulazione di circostanze esistenti, che genera una trasfigurazione della realtà esterna; il raggiro invece, è da intendersi come un atteggiamento subdolo e macchinoso di espressioni finalizzate a convincere, fuorviando le rappresentazioni e le decisioni altrui.

Gli elementi salienti del furto si rivengono nella condotta di colui che s´impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri (art. 624 c.p.). Il bene giuridico è individuabile sia nel patrimonio che nel possesso, inteso come relazione di fatto con la cosa mobile.

La problematicità, come detto, investe il rapporto esistente tra la truffa ed il furto aggravato dal mezzo fraudolento (art. 624 c.p. e art. 625 n. 2 c.p.), al fine di individuare la sottile linea di confine esistente, e comprendere, nel caso in esame, quale fattispecie sia applicabile alla prima condotta ascrivibile a Tizio. Con l´espressione "mezzo fraudolento" si identificano tutti quegli "instrumenta" idonei a soverchiare la volontà del soggetto passivo, superando le difese da questo poste in essere a tutela del proprio patrimonio e creando una situazione idonea ad agevolare la realizzazione del reato. Nella truffa, invece, rileva oltre al comportamento del soggetto attivo "decipiens", quello del soggetto passivo "deceptus" che, tratto in errore dal primo, compie un atto di disposizione patrimoniale per sé pregiudizievole.

La Cassazione sul punto statuisce che la differenza tra truffa e furto aggravato dal mezzo fraudolento va rinvenuta nell´impossessamento mediante sottrazione invito domino, che caratterizza il furto ed è assente nella truffa; quest´ultima si caratterizza invece mediante il trasferimento del possesso che avviene con il consenso del soggetto passivo, seppur viziato da errore cagionato dagli artifici e raggiri posti in essere dall´agente. Ulteriore differenza è da individuarsi nelle modalità con le quali il soggetto agente consegue il profitto del reato. E´ infatti evidente che nella truffa, il profitto è conseguito determinando il soggetto passivo a compiere un atto di disposizione in suo favore con artifici o raggiri, mentre nel furto, il mezzo fraudolento è utilizzato dal soggetto agente allo scopo di preparare o facilitare l´azione furtiva, ossia l´impossessamento della cosa (Cassazione Penale, Sez. V, sentenza n. 10211/2007). E´ stato altresì ribadito che un ulteriore criterio discretivo vada individuato nel ruolo della vittima: nella truffa l´autore consegue il possesso della res con il consenso - viziato - della persona offesa (Cassazione, sentenza n. 3710/2009). Il delitto di truffa infatti, si caratterizza per la "cooperazione artificiosa della vittima", che indotta in errore dall´autore del reato, compie l´atto di disposizione patrimoniale a lei dannoso. (Cassazione Penale, Sez. V, sentenza n. 18968/2017).

Orbene, dagli elementi deducibili dalla traccia, (Tizio ... spacciandosi per un amico di vecchia data del di lui figlio Caio e carpitone in tale modo la fiducia lo convince a consentirgli di entrare nell´appartamento. Qui, rappresenta di vantare un credito di euro 500 nei confronti di Caio, di trovarsi in momentanee ristrettezze economiche e di essere pertanto intenzionato ad agire in giudizio nei confronti del predetto per ottenere la soddisfazione del proprio credito, Tizio convince Mevio a consegnargli tale somma) si rinvengono inevitabilmente quegli artifici e raggiri richiamati dal 640 c.p. essendo evidente che la consegna del denaro da parte di Mevio sia avvenuta per effetto dell´inganno perpetrato.

L´ulteriore sforzo cui doveva vertere l´attenzione del candidato, riguardava la possibilità di meglio indentificare la fattispecie della truffa nella forma aggravata, ai sensi dell´art. 640 c.p. comma 2, n. 2 bis, che rimanda all´art. 61 n. 5 c.p. A seguito della novella introdotta dalla legge n. 94 del 2009, la circostanza aggravante di cui all´art. 61 n. 5 c.p. consistente nell´aver approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, deve essere specificamente valutata anche per quanto riguarda l´età senile e la debolezza fisica della persona offesa. Il legislatore cioè ha voluto dare rilevanza ad alcune situazioni che denotano nel soggetto passivo una particolare vulnerabilità dalla quale il soggetto agente trae consapevolmente vantaggio (Corte di Cassazione, sezione I, sentenza n. 26779/2016). Va quindi accertato, caso per caso, nei reati commessi in danno di persone anziane, se si sia in presenza di una complessiva situazione di approfittamento e di una specifica vulnerabilità emotiva e psicologica propria dell´età senile. Elementi deducibili dal caso in esame perché riferiti a persona di 75 anni, pensionata, con possibilità di esercitare una minorata difesa, già dimostrata dal fatto che, senza esitazione, ha consentito l´ingresso in casa propria ad un estraneo.

Ove la traccia avesse voluto fornire un indirizzo differente e contrario a questa linea interpretativa, non avrebbe dovuto specificare un´età così avanzata, lo status di pensionato della vittima nonché la paventata azione legale contro il figlio Caio. E´ chiaro che questo resta un parametro di valutazione affidato al Giudice che deve verificare se la condotta criminosa posta in essere dall´agente sia stata agevolata dalla scarsa lucidità o incapacità di orientarsi da parte delle vittima nella comprensione degli eventi secondo criteri di normalità (Corte di Cassazione, sezione V, sentenza n. 38347/2011).

Con riferimento alla seconda condotta relativa all´impossessamento dell´ulteriore somma di euro 300 da un cassetto del soggiorno, occorre specificare quanto segue.

Sembrerebbe astrattamente applicabile l´ipotesi delittuosa del furto in abitazione ex art. 624 bis c.p., eventualmente aggravato dalla destrezza ex art. 625 n. 4) c.p.

La fattispecie in questione è stata introdotta dall´art. 2 secondo comma della legge 26 marzo 2001 n. 108, ed è da considerarsi come una autonoma figura di reato e non più quale mera circostanza aggravante del furto semplice. Il delitto, pur ampliando l´area di punibilità dei luoghi di commissione del reato non ha invece apportato alcun cambiamento relativo alla strumentalità dell´introduzione nell´abitazione, da considerarsi quale mezzo finalizzato a commettere il reato.

Potrebbe sorgere un dubbio in ordine all´applicazione dell´art. 624 bis e non del più semplice art. 624 c.p. considerato il fatto che Tizio è entrato nell´abitazione di Mevio con il consenso dello stesso. Sul punto (consenso del proprietario) si rinvengono due pronunce, solo apparentemente contrastanti.

Una prima sentenza (Cassazione penale, sez. V, sentenza n. 21293/2014) statuisce che "non è configurabile il reato di furto in abitazione qualora sussista un nesso meramente occasionale tra l´ingresso nell´abitazione e l´impossessamento della cosa mobile, integrato dallo sfruttamento di un´occasione propizia; in tal caso, invece, sussistono gli estremi costitutivi della fattispecie di furto aggravato dall´abuso di ospitalità ex art. 624 e 61 primo comma numero 11 c.p.)".

Una seconda invece, specifica che (Cassazione penale, sez. V, sentenza n. 41149/2014) "Integra il reato di furto in abitazione la condotta a di colui che si impossessa di beni mobili sottraendoli al legittimo detentore dopo essersi introdotto nella dimora del soggetto passivo a seguito di consenso di quest´ultimo carpito con l´inganno".

Si propende per il secondo orientamento citato poiché più confacente alla descrizione del fatto desunto dalla traccia (Tizio ... carpita la fiducia di Mevio lo convince a consentirgli di entrare nell´appartamento).

E´ ancora da esaminare l´ipotesi relativa al fatto se il furto ex art. 624 bis c.p. sia o meno aggravato dalla destrezza. Solo apparentemente le condizioni sembrano rispecchiare la possibilità di applicazione di questa circostanza aggravante che invece va esclusa. Il quesito è da porsi in questi termini: "se, nel delitto di furto, la circostanza aggravante della destrezza, disciplinata dall´art. 625, comma 1, n. 4, c.p., sia configurabile quando il soggetto agente si limiti ad approfittare di una situazione di temporanea distrazione della persona offesa".

Secondo orientamento giurisprudenziale in materia dispone sussiste l´aggravante in ogni situazione in cui l´agente colga l´occasione favorente la realizzazione dell´impossessamento, inclusa la momentanea sospensione da parte della persona offesa sul controllo del bene, perché poco attenta, o per essere impegnata, nello stesso luogo di detenzione della cosa o in luogo immediatamente prossimo, a svolgere le proprie attività di vita o di lavoro (Cass. pen., Sez. V, 16 giugno 2016, n. 3807).

Una diversa linea interpretativa invece, stabilisce che deve essere esclusa la destrezza nella condotta di chi si avvalga di un momento di distrazione o del temporaneo allontanamento dal bene del suo detentore, in entrambi i casi non provocato dall´attività dell´autore del furto, perché l´azione non presenta alcun tratto di abilità esecutiva o di scaltrezza nell´elusione del controllo dell´avente diritto, ma al più l´audacia e la temerarietà di sfidare il rischio di essere sorpresi (Cass. pen., Sez. IV, 10 novembre 2015, n. 46977).

Intervenendo per dirimere il contrasto evidente, le Sezioni Unite hanno statuito che (Cassazione penale, SS.UU., sentenza n. 34090/2017) preso atto della indeterminatezza del concetto stesso di "destrezza", trattandosi di un elemento idoneo ad aggravare la pena, è necessario che questa sia caratterizzata da specifici connotati quali il particolare ingegno, l´astuzia e la scaltrezza dimostrata dal reo nell´impossessamento del bene; occorre una condotta connotata da capacità ed efficienza offensiva che incrementino le possibilità di portare a compimento il furto. Conseguentemente, "se il furto si realizza a fronte della distrazione del detentore, o dell´abbandono incustodito del bene, anche se per un breve lasso di tempo, che non siano preordinati e cagionati dall´autore, né accompagnati da altre modalità insidiose e abili che ne divergono l´attenzione dalla cosa, il fatto manifesta la sola ordinaria modalità furtiva, inidonea a ledere più intensamente e gravemente il bene tutelato ed è privo dell´ulteriore disvalore preteso per realizzare la circostanza aggravante e per giustificare punizione più seria". E´ evidente quindi che l´aggravante della destrezza era da escludere nel caso in questione.

Andava considerata, anche al solo fine di escluderla, la possibile violazione di domicilio (ex art. 614 c.p.) laddove in rubrica si punisce anche colui che si introduce nell´abitazione altri ... con l´inganno. In casi del genere, in realtà, la condotta viene assorbita da quella descritta dal furto in abitazione ex art. 624 bis c.p. perché trattasi di fattispecie complessa.

Il candidato per esaustività dovrà altresì valutare l´applicazione o meno del vincolo della continuazione tra i due reati ex art. 81 secondo comma c.p.

Per quanto riguarda la questione afferente la procedibilità dell´azione penale, alla luce delle fattispecie sopra individuate di truffa aggravata e di furto in abitazione, si evidenzia la inevitabile procedibilità d´ufficio delle stesse. Solo nel caso in cui nell´eventuale giudizio non si dovesse provare la sussistenza dell´aggravante relativa alla truffa, la stessa, sarebbe procedibile a querela di parte. Occorre quindi specificare al cliente che, al momento in cui si è rivolto al proprio legale di fiducia - cioè nell´immediatezza del fatto - vi è ancora il tempo per la persona offesa di sporgere querela nei tempi e modi di legge.

Infine, quanto all´ulteriore problematicità attinente la possibilità di applicazione al caso in esame delle misure cautelari, (disciplinate dal libro IV del codice di procedura penale) occorre specificare che i presupposti sono da rinvenirsi nel soddisfacimento dei requisiti dettati dagli artt. 273 c.p.p. (gravi indizi di colpevolezza) e 274 c.p.p. (esigenze cautelari). In ordine ai gravi indizi di colpevolezza (273 c.p.p.), elemento fortemente indiziante è da rinvenirsi nella ripresa posta in essere dalla telecamera di sicurezza. (E´ da specificare - ad abundantiam - che la identificazione del soggetto mediante videoripresa non integra la flagranza di reato, né la "quasi flagranza di reato", presupposti applicativi necessari della misura pre-cautelare dell´arresto di cui all´art. 380 c.p.p. e ss.).

In ordine alle esigenze cautelari (274 c.p.p.), non si può disconoscere il dato emergente dalla traccia "Tizio è pluripregiudicato per reati specifici", circostanza che verrà considerata in relazione al concreto pericolo che il soggetto commetta ulteriori delitti della stessa specie di quelli per cui si procede. Trattandosi di truffa aggravata e di furto in abitazione, pertanto, sussisterebbero i presupposti per l´applicazione di una misura cautelare di natura coercitiva.

Va considerata altresì la previsione di cui all´art. 275 c.p.p. (criteri di scelta delle misure) che riguarda le modalità che devono guidare il giudice nella scelta della misura tenendo conto delle peculiarità del caso concreto ed ispirata ai criteri di adeguatezza, proporzionalità e minimo sacrificio necessario. In particolare, confacente al caso di specie, sarà il rispetto delle previsioni di cui al comma 2 bis dell´art. 275 c.p.p., il quale testualmente dispone: "Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena."

Lo stesso articolo precisa che non possa applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all´esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tuttavia, tale disposizione non si applica, tra gli altri, proprio per il caso in esame in relazione all´ipotesi criminosa di cui all´art. 624-bis c.p.

Non si ritiene praticabile l´adozione di una misura di natura patrimoniale data l´esiguità degli importi in questione considerandone i presupposti su cui gli stessi si fondano in astratto.

La traccia non chiariva in maniera specifica entro che limiti si doveva soffermare l´analisi del candidato in ordine alle misure cautelari e cioè se occorreva anche specificarne l´ipotesi applicativa in concreto. Si ritiene che lo sforzo di chi abbia optato per questo parere vada comunque premiato per la quantità delle problematicità (sostanziali e procedurali) da svilupparsi prima di addivenire ad una possibile soluzione.

 

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