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Con una ordinanza dello scorso 24 giugno, il Tribunale di Lecce, pronunciandosi in tema di procreazione medicalmente assistita, ha accolto il ricorso di una vedova volto ad ottenere l'impianto degli embrioni, conservati in centro medico, provenienti dal seme del marito deceduto.
Si è difatti sancita la piena possibilità della moglie di ottenere il trasferimento intrauterino degli embrioni conservati dopo la morte del patner, in quanto "rilevano, oltre il divieto di soppressione embrionaria crioconservata e il divieto della crioconservazione oltre i limiti di cui all'art. 14 l. n. 40/2004, l'impossibilità per il partner di revocare il proprio consenso alla PMA dopo la fecondazione e il diritto della donna ad ottenere, sempre, il trasferimento degli embrioni crioconservati, come indicato nelle linee guida del 2015".
Nel caso sottoposto alla sua attenzione, il Giudice di Lecce ha analizzato il ricorso cautelare proposto da una donna, volto ad ottenere l'ordine, per un centro medico, di effettuare il trasferimento intrauterino degli embrioni conservati nel medesimo centro e provenienti, oltre che dalla ricorrente, dal seme del marito deceduto.
In particolare, i coniugi, dopo vani tentativi di avere un secondo figlio, si rivolgevano al centro per effettuare una procreazione medicalmente assistita; compiute tutte le operazioni preliminari, si procedeva ad una prima PMA di 2 embrioni ed alla crioconservazione di altri 2 poiché in sovrannumero.
La coppia, appresa la triste notizia che il marito soffriva di un carcinoma incurabile, si affrettava a procedere con l'impianto dei due residui embrioni crioconservati, ma il decesso prematuro dell'uomo impediva che l'impianto avesse luogo.
La moglie, ricorrendo in giudizio, evidenziava il proprio interesse a procedere con la PMA, posto che questa era anche la volontà del marito che mai aveva revocato il proprio consenso; a tal fine, evidenziava come la normativa contenuta nella legge 40/2004 consentisse l'impianto di embrioni già formati nel caso di decesso di uno dei genitori, posto che solo al tempo della formazione dell'embrione è indispensabile la sussistenza in vita di entrambi i genitori.
Con la sentenza in commento il Tribunale ha ritenuto che il ricorso fosse meritevole di accoglimento.
In punto di diritto, il Giudicante evidenzia come la legge 40/2004, nel disciplinare l'accesso alla procreazione medicalmente assistita al fine di favorire la soluzione dei problemi di infertilità, cerca di fornire un giusto bilanciamento tra l'esigenza di procreazione e la tutela dell'embrione, consentendo, ad esempio, la crioconservazione degli embrioni qualora il trasferimento nell'utero degli stessi non risulti possibile e vietando, al contempo, la soppressione degli embrioni non impiantati (art. 14, comma 1); è inoltre espressamente fatto salvo il diritto della donna ad ottenere, sempre, il trasferimento degli embrioni crioconservati, secondo quanto indicato nelle linee guida del 2015. L'intera procedura, per avere corso, richiede necessariamente l'esistenza in vita di entrambi i genitori al momento della formazione dell'embrione (art. 5) nonché il loro consenso alla procedura, con la specificazione che, una volta prestato, il consenso non è più revocabile.
In relazione al caso di specie, la ricorrente aveva subito l'impianto di 2 dei 4 embrioni prodotti con la PMA, nonché la successiva crioconservazione dei due embrioni non impiantati, di cui chiedeva il reimpianto; sino a qualche giorno prima del decesso del coniuge, la coppia stava svolgendo tutti gli esami preliminari per l'impianto nella donna dei due embrioni crioconservati, così palesandosi la volontà del marito in ordine al completamento della procedura di PMA.
Alla luce di tali dati fattuali, il Tribunale ha evidenziato la sussistenza di tutti i presupposti di legge per consentire alla ricorrente il trasferimento intrauterino degli embrioni conservati: entrambi i coniugi erano in vita al tempo della PMA, il marito aveva prestato il consenso al momento della fecondazione e, in quanto non più revocabile, era irrilevante indagare se fosse ancora attuale; la donna, inoltre, era del tutto legittimata ad ottenere, in qualsiasi momento, il trasferimento degli embrioni crioconservati secondo le linee guida del 2015.
Alla luce di tanto, il giudice salentino ordina al centro clinico il trasferimento intrauterino degli embrioni conservati.
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