Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Ecco quando può essere disposta la c.d. confisca dei beni per "sproporzione"

I giudici della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 50136 pubblicata in data 25.11.2016 si è occupata della confisca c.d. per sproporzione (o "allargata").
Stabilendo che il giudice, allorquando debba procedere a disporre la c.d. "confisca allargata", non può limitarsi a dare una motivazione sintetica come nell´ipotesi della confisca per c.d. equivalente, ma ha l´obbligo di "motivare sulle ragioni della confisca quando la provenienza della somma di denaro non sia riconducibile con immediatezza alla condotta come contestata nell´imputazione".
Un istituto atto ad aggredire la ricchezza non giustificata che, ai sensi di una mera presunzione legale, è ritenuta frutto di accumulazione illecita.
La presunzione legale che sta alla base della confisca allargata, fa infatti venire meno il nesso di pertinenzialità tra la res sequestrata ed il reato.
La questione
Nel caso di specie, il ricorrente aveva proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza emessa dal Gip di Modena, con la quale lo stesso era stato condannato alla pena di quattro mesi di reclusione e 12.000,00 euro di multa per il reato previsto dall´art. 73 co. 1 D.P.R. 309/1990.
Il ricorrente, infatti, era stato trovato in possesso di sette panetti di sostanza stupefacente di tipo eroina bianca e sette involucri di sostanza stupefacente di tipo cocaina, rispettivamente nascosti nel baule e nel portaoggetti dell´autovettura della moglie che si trovava nella di lui disponibilità.
Il Gip di Modena con la condanna, disponeva, oltre alla confisca del corpo del reato anche la confisca del denaro e degli altri oggetti in sequestro "a garanzia dei crediti dello Stato" (così si legge nel dispositivo della sentenza impugnata).
Tuttavia nella motivazione della stessa sentenza il Giudice aveva affermato che i beni venivano sottoposti a sequestro in quanto utilizzati per commettere il reato, mentre nel dispositivo aveva disposto la confisca degli stessi beni sequestrati a titolo di garanzia.
I beni sottoposti a sequestro, in particolare, constavano di telefoni cellulari e somme di denaro.
Il ricorrente con riferimento a quest´ultime deduceva che esse non costituivano proventi del reato ma residuo di una vincita al bingo.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte, in accoglimento parziale del ricorso, ha rilevato che quando il giudizio avente ad oggetto il reato di cui all´art. 73 d.P.R. 309/90 viene definito con il rito del patteggiamento l´autorità procedente può disporre la confisca del denaro sequestrato in due casi, quali: ai sensi dell´ all´art. 240 co. 2 c.p. ed ai sensi dell´art. 12-sexies d.l. 306/1992 (convertito nella legge n. 356/1992).
Con riferimento al primo caso, l´art. 240 co. 2 c.p. prevede la confisca del corpo di reato nonché delle cose la cui fabbricazione, uso, alienazione o detenzione costituisce reato.
L´art. 12-sexies del d.l. 306/1992, invece, prevede che venga sempre disposta la confisca per il reato di cui all´art. 73 D.P.R. 309/1990 dei beni o delle altre utilità dei quali il reo risulta esserne titolare o averne la disponibilità (anche per interposta persona) a qualsiasi titolo, qualora il valore di detti beni risulti sproporzionato rispetto al proprio reddito e/o alla propria attività economica ed alla luce di tale sproporzione il reo non sia in grado di giustificarne la provenienza.
Il caso di specie non può che rientrare, ha sostenuto la Sezione, in questa seconda categoria di confisca prevista dal nostro ordinamento, come si è detto, all´art. 12 -sexies, D.L. n. 306/1992, il quale è stato introdotto a seguito dell´intervento della Corte Costituzionale (sent. n. 48/1994) con cui è stata dichiarata l´illegittimità costituzionale dell´ art. 12-quinquies, co. 2, della legge n. 356/1992 per violazione del principio di non colpevolezza di cui all´art. 27 Costituzione.
La norma prevedeva una misura analoga a quella prevista dall´attuale art. 12-sexies ma diversa in due punti: era rivolta ai soggetti nei cui confronti venivano svolte le indagini e si presentava come autonoma ipotesi delittuosa.
Le finalità della norma caducata sono state perseguite appunto con l´art. 12- sexies che ha risposto all´obiettivo di intaccare con una misura patrimoniale la ricchezza accumulata delle organizzazioni criminali, così da minarne la struttura economica. Sotto questo punto di vista, non differenziandosi molto da analoghi istituti della legislazione antimafia (ex legge n. 575/1965).
Non è difficile dedurre che tale forma di confisca si basi su una insindacabile scelta politico-criminale che trova la sua ragione giustificativa in una presunzione iuris tantum di accumulazione illecita dei beni. La misura, infatti, investe tutti i beni di valore economico non proporzionato al reddito o all´attività economica del condannato e dei quali questi non possa giustificare la lecita provenienza.
Un´altra anomalia riguarda l´inversione dell´onere della prova (tra l´altro ritenuto illegittimo dalla Consulta con la sentenza sopracitata): incombe sul soggetto che ha la titolarità o disponibilità dei beni sequestrati dimostrare la legittima provenienza del patrimonio. Come? Innanzitutto, fornendo una spiegazione soddisfacente, in termini non solo giuridico-formali ma soprattutto economici, della liceità della loro provenienza e poi allegando degli elementi che (pur non avendo la valenza probatoria civilistica in tema di diritti reali, possessori ed obbligazionari) siano idonei a vincere la presunzione legale sulla quale si basa la misura oblatoria (in tal senso, Cass. Pen., Sez. I, del 13.05.2008; ex multis Cass. Pen., S.U. del 17.12.2003).
Poiché la confisca c.d. "allargata", come si è detto supra, si applica ai beni sottoposti a sequestro, è doveroso capire quando può essere disposto il sequestro di detti beni.
Ebbene, ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili, l´autorità procedente deve accertare: il fumus commissi delicti, cioè l´astratta configurabilità nel fatto attribuito all´imputato, di uno dei reati in esso indicati ed il periculum in mora, ovvero la presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi (vedi, Cass. Pen., Sez. VI, n. 26832/2015).
Una volta accertati i sopradetti due requisiti e disposto il sequestro dei beni, l´autorità può disporre la confisca "allargata", solo quando ricorrono determinate condizioni di applicabilità, che sono:
-la commissione di uno dei reati previsti dall´art. 12-sexies l. 356/1992;
-il possesso da parte del reo di elementi patrimoniali attivi costituiti da denaro, beni o altre utilità di cui il soggetto sia titolare o ne abbia, anche per interposta persona fisica o giuridica, la disponibilità a qualsiasi titolo (a prescindere da una continenza tra il reato ed il bene).
Con riferimento all´arco temporale la confisca "deve riguardare esclusivamente i beni acquistati in un determinato periodo di tempo prossimo alla commissione del reato", cioè la sproporzione tra il valore dei beni da un lato e i redditi e le attività economiche dall´altro, deve essere valutata al momento di ogni acquisto dei beni.
In altri termini, la presunzione di illegittima acquisizione dei beni da parte dell´imputato deve essere circoscritta "in un ambito di ragionevolezza temporale", così da poter ritenere che i beni non sono estranei al reato. Infatti, se i beni risultano acquistati in un periodo di tempo assai antecedente rispetto alla commissione del reato, ciò è sufficiente a far escludere che questi possano riferirsi al reato (vedi, Cass. Pen., Sez. V., del 23.04.1998).
E´ proprio alla luce di tale presunzione che non è necessario provare il c.d. nesso di pertinenzialità tra i beni sequestrati ed il reato per i quale è stata disposta la condanna dell´imputato (Cass. Pen., Sez. II, del 23.04.2001; Cass, Sez. i del 05.02.2001; Cass. Sez. II, del 22.02.1999; Cass., Sez. V, del 23.03.1998; Cass., Sez. I, del 02.07.1998; Cass. Pen., Sez. I, del 14.10.1996).
-la sproporzione del valore di tali beni rispetto al reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito o all´attività economica svolta dal reo.
La sproporzione deve essere riferita non al complesso unitario dei beni ma alla somma dei singoli beni. Quindi il raffronto tra lo squilibrio va effettuato non con riferimento al reddito dichiarato o alle attività esistenti al momento di applicazione della misura, rispetto a tutti i beni presenti, ma con riferimento al reddito e alle attività nei momenti dei singoli acquisti, rispetto al valore dei beni di volta in volta acquisiti» ( Cass. Pen., S.U., del 17.12.2003).
-la mancata giustificazione della provenienza dei beni patrimoniali.
Il reo dovrebbe fornire la prova che i mezzi impiegati per procurarsi le utilità o l´acquisto beni derivino da legittime disponibilità finanziarie. Tale giustificazione trova concreto riscontro nell´allegazione da parte del reo, la quale non segue le regole civilistiche.
A tal proposito, la Suprema Corte a Sezioni Unite ha ritenuto che tale dimostrazione richiesta all´interessato non comporterebbe un inversione dell´onere della prova, poiché non si tratterebbe di una vera e propria prova, in senso giuridico-formale, ma l´interessato avrebbe un mero onere di dare contezza della lecita provenienza dei beni patrimoniali.
Deve considerarsi, quindi, una mera allegazione atta a vincere la presunzione di non proporzionalità tra il reddito/attività lavorativa e la res sequestrata (vedi Cass. Pen. S.U. 17.12.2003.
La giustificazione per essere credibile deve consistere nella prova della positiva liceità della loro provenienza e non in quella negativa loro non provenienza dal reato per cui è stata inflitta condanna (idem; ex multis, Cass. Sez. VI, del 3.4.2003; Cass. Pen., Sez. VI, del 26.3.1998).
Non pochi dubbi sono stati avanzati, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, riguardo all´ effettiva natura giuridica della confisca allargata.
Secondo l´orientamento prevalente della giurisprudenza la confisca "allargata" si presenta come una misura di sicurezza atipica poiché si presta a svolgere anche una funzione dissuasiva, parallelamente all´affine misura di sicurezza antimafia introdotta dalla legge del 31.5.1965, n. 575 (vedi, Cass, Pen., Sez. II, del 31.10.2003; Cass. Pen., Sez. II, del 23.9.1998; Cass. Pen., Sez. VI, del 15.4.1996; Cass. Pen., Sez. VI, del 28.2.1995).
Ciò è dimostrato dal carattere proprio della confisca allargata, la quale, a differenza della pena accessoria, non consegue automaticamente alla condanna ma trova applicazione in mancanza di adeguata giustificazione circa la provenienza legittima dei beni (da compiersi mediante un giudizio di merito)
Nonostante l´ applicazione della confisca allargata non sia fondata su una prognosi di pericolosità, essa svolge un funzione preventiva al pari di qualsiasi altra pena, presentandosi come reazione dell´ordinamento alla commissione di una violazione finalizzata a prevenire altre ulteriori possibili violazioni. Tant´è che una parte minoritaria della giurisprudenza l´ha definita di " natura ambigua sospesa tra funzione special-preventiva e vero e proprio intento punitivo" ( Cass., Pen. S.U., del 02.07.2008).
Alla confisca allargata direttamente sul complesso patrimoniale di cui è provata la sproporzione, può applicarsi la confisca allargata per equivalente ex art. 12 sexies, co. 2 ter
Alla luce delle considerazioni esposte, la sentenza in commento si presenta di notevole importanza perchè i giudici della Suprema Corte, non hanno rilevato la mancanza di uno degli elementi di applicabilità della confisca, ma hanno cassato (parzialmente) la sentenza emessa dal Gip di Modena perché questi non ha dato una motivazione plausibile sul perché ha ritenuto applicabile la misura. Gli ermellini hanno specificato che il giudice ha l´obbligo di "motivare sulle ragioni della confisca quando la provenienza della somma di denaro non sia riconducibile con immediatezza alla condotta come contestata nell´imputazione". A ciò hanno aggiunto che in questi casi il giudice non può motivare sinteticamente come quando applica la confisca c.d. per equivalente ma è necessario che individui "sia le somme di denaro che i beni da sottoporre a vincolo".
Tale motivazione ci fa capire che per quanto la confisca c.d. per sproporzione, a primo acchito, possa sembrare una misura poco garantista e quasi arbitraria, in realtà potrà essere disposta dal giudice solo ove questi dimostri che vi siano valide ragioni, come nel caso in cui si debba ritenere, con una ragionevole probabilità, che i beni sottoposti a sequestro derivino dal reato o siano stati acquistati mediante proventi del reato. E di tutto ciò deve darne conto nella motivazione della sentenza di condanna con la quale intende disporre la confisca.
Sentenza allegata.

Documenti allegati
Dimensione: 420,83 KB

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

Studentessa si laurea, non trova lavoro e fa causa...
Equitalia: il nuovo modello per la definizione age...

Cerca nel sito