I giudici della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 49047 del 25 ottobre 2017, hanno chiarito quando è possibile che anche il privato cittadino può operare l´arresto in flagranza in caso di furto in appartamento.
L´occasione per procedere a rendere tale chiarimento, i giudici della Quinta Sezione l´hanno avuta nell´esaminare il ricorso proposto dal PM del Tribunale di Monza avverso l´ordinanza emessa dal GIP dello stesso Tribunale che aveva negato l´ordinanza di convalida dell´arresto in flagranza di un´indagata sorpresa dal proprietario mentre aveva messo in atto un furto nel proprio appartamento.
Il Gip aveva provveduto a non convalidare l´arresto in quanto lo stesso era stato operato dalla Polizia Giudiziaria fuori dalle ipotesi di flagranza o di quasi flagranza di cui all´art. 382 cod. proc. pen.. Infatti, secondo quanto spiegato nell´ordinanza l´apprensione della persona autrice del reato aveva avuto luogo sulla base delle sole informazioni ricevute dalla persona offesa e da terzi nell´immediatezza dei fatti, e, quindi, in assenza di una autonoma percezione della condotta di reato o delle sue tracce da parte degli operanti.
Avverso la predetta ordinanza proponeva ricorso in Cassazione il PM denunziando il vizio di violazione di legge da inosservanza o erronea applicazione degli artt. 380, 383 e 382 cod. proc. pen., chiede l´annullamento del menzionato provvedimento di diniego della convalida. Il ricorrente chiariva come l´arresto in flagranza fosse stato operato dal privato-vittima del reato ai sensi dell´art. 383 cod. proc. pen., in una situazione di fatto in cui il potere dell´arresto viene conferito dalla predetta norma al privato cittadino che agisce con i poteri propri della polizia giudiziaria.
I giudici della Quinta Sezione ha ritenuto fondato il ricorso in quanto dalla dinamica dell´arresto operato dal privato, così come descritta nel verbale della Polizia Giudiziaria intervenuta immediatamente, secondo cui il proprietario dell´appartamento violato ha bloccato la ladra con la refurtiva tra le mani nel cortile dell´abitazione, ricorrono le condizioni previste dall´art. 383 cod. proc. pen.
I Giudici di legittimità più precisamente chiariscono che nel caso di specie " secondo la giurisprudenza di questa Corte, l´arresto in flagranza di reato da parte del privato, nei casi consentiti dalla legge ex art. 383 cod. proc. pen., si risolve nell´esercizio di fatto dei poteri anche coattivi e nell´esplicazione delle attività procedimentali propri dell´organo di polizia giudiziaria normalmente destinato ad esercitare tali poteri, richiedendosi, quindi, un comportamento concludente che esprima l´intento di eseguire l´arresto, quale l´apprensione mediante esercizio della coazione previa dichiarazione dell´intento di eseguire l´arresto ovvero l´accompagnamento coattivo del soggetto presso un ufficio di polizia. Quando, invece, il privato si limiti ad invitare il presunto reo ad attendere l´arrivo dell´organo di polizia giudiziaria, nel frattempo avvertito, non si versa nella fattispecie di cui all´art. 383 cit., ma in semplice comportamento di denuncia consentito a ciascun cittadino in qualsiasi situazione di violazione di legge penale (Sez. 5, n. 10958 del 17/02/2005, P.M. in proc. Dobrin, Rv. 231223; Sez. 4, n. 4751 del 15/12/1999 - dep. 22/01/2000, PM in proc. Maaroufi, Rv. 215450)."
Per tali motivi la Corte ha disposto l´annullamento dell´ordinanza impugnata perché l´arresto era stato eseguito legittimamente.
Si allega sentenza
Alessandra Garozzo