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È possibile sospendere l’esecuzione della pena pecuniaria?

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La Corte di Cassazione ha recentemente affrontato la controversa tematica della sospensione della pena pecuniaria.

Il ricorrente aveva presentato istanza di sospensione dell'esecuzione della multa che gli era stata applicata unitamente a sanzione detentiva a seguito di sentenza di patteggiamento, avendo ottenuto l'affidamento in prova al servizio sociale.

Al momento della richiesta (e del ricorso, si presume) l'affidamento in prova era ancora in corso.

Il giudice per le indagini preliminari – in funzione di giudice dell'esecuzione - osservava in merito che parte ricorrente aveva richiesto un beneficio non presente nell'economia dell'ordinamento, chiedendo di anticipare gli effetti del provvedimento che il Tribunale di Sorveglianza poteva emettere solo una volta conclusosi positivamente l'affidamento in prova, qualora avesse accertato che l'interessato si fosse trovato in disagiate condizioni economiche.

Di talchè rigettava la richiesta.

Il ricorrente, a fronte del rigetto, proponeva ricorso per Cassazione, rilevando come nel caso di specie quello che veniva chiesto al Tribunale era sospendere il titolo esecutivo al fine di prevenire un ingiusto e irreparabile nocumento, affinché una decisione favorevole assunta all'esito della messa alla prova non venisse vanificata da una sua completa esecuzione della pena prima di tale esito.

In subordine, ha richiesto che venisse sollevato conflitto di costituzionalità degli artt. 660 e 676 c.p.p. rispetto al parametro di eguaglianza e della funzione rieducativa della pena di cui agli artt. 3 e 27 cost. 

Se infatti i primi non potessero essere interpretati nel senso di ritenere che si potesse provvedere a sospendere l'esecuzione della pena pecuniaria in tutti i casi di affidamento in prova, si porrebbero in contrasto con il principio di rieducazione della pena e di uguaglianza.

Il tertium comparationis sarebbe rappresentato da coloro rispetto ai quali la pena non fosse posta in esecuzione prima dell'esito dell'affidamento in prova, i quali, quindi, non si vedrebbero mai richiedere la somma cui sono stati condannati al pagamento.

Con la sentenza n. 18720 del 2018, la Corte di Cassazione interviene quindi sul tema della sospensione cautelare della pena, pendente un procedimento di affidamento in prova.

Osserva la Corte che il giudice dell'esecuzione, ha correttamente statuito che esulino dalle sue competenze quelle relative alla sorte della esecuzione della pena una volta intervenuta l'ammissione alla misura dell'affidamento.

In tema, infatti, ogni decisione, anche cautelare, deve essere rimessa al giudice che ha il potere di assumere il provvedimento definitivo: ossia il Tribunale di Sorveglianza.

È lui, infatti, ad avere contezza di tutto il "percorso trattamentale compiuto" proprio in funzione del giudizio finale all'esito del quale potrà pronunciare l'estinzione della pena ex art. 47 co. 12 ord. pen.

Lo stesso art. 660 c.p.p., infatti, attribuisce le valutazioni in materia di esecuzione della pena pecuniaria, da rapportare alla situazione economica del condannato, proprio alla Magistratura di Sorveglianza.

Anche nell'art. 47 co. 12 ord. pen. viene in rilievo la condizione economica del condannato al fine dell'effetto estintivo.

Appare chiaro quindi che la competenza a decidere anche di un provvedimento cautelare e provvisorio, che debba tenere conto delle condizioni economiche del condannato, circa l'esecuzione della pena, spetta, alla magistratura di sorveglianza che il controllo su tutto lo svolgimento del trattamento sanzionatorio.

Circa il merito dell'adottabilità del provvedimento in sé, inoltre, a prescindere dal giudice competente, osserva la Corte, come possa sicuramente escludersi il ricorso a tale istituto quando vi sia la prognosi infausta della messa alla prova o quando non si ritenga plausibilmente riscontrabile il presupposto delle "disagiate condizioni economiche", tenuto conto anche della possibile rateizzazione della pena.

Infine, però, quando lo svolgimento della messa alla prova lasci presagire una sua positiva conclusione, spetterà al Magistrato di Sorveglianza individuare il modo in cui i suoi poteri potranno garantire le esigenze del condannato, salvaguardando l'effettività del provvedimento di favore che potrà adottare in via definitiva solo all'esito della misura.

Tutto ciò nell'ottica di non pregiudicare neppure gli esiti rieducativi cui deve tendere la misura sanzionatoria, adottata a seguito di sentenza.

Conclude la Corte ritenendo, quindi, che l'ordinanza sia affetta da incompetenza funzionale poiché adottata dal giudice dell'esecuzione, senza che quest'ultimo sia giunto a ritenersi incompetente, pur avendo argomentato in tal senso nel testo del provvedimento, ma concludendo con il rigetto nel merito dell'istanza proposta.

Di talché ne dispone l'annullamento senza rinvio, ma con trasmissione degli atti al Tribunale di Sorveglianza affinché deliberi circa la ammissibilità di una tutela cautelare sospensiva della pena pecuniaria in favore dell'affidato in prova al servizio sociale.

Rimane quindi assorbita e rimessa alla valutazione del Tribunale di Sorveglianza anche la questione relativa alla incostituzionalità delle due disposizioni, così come proposta in sede di ricorso.

La questione è dunque irrisolta e rimaniamo in attesa degli sviluppi da parte della Magistratura di Sorveglianza. 

 

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