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"Le donne? Direi che tendenzialmente nutrono scarsa stima verso se stesse e i motivi sono vari, cambiano in base all'età. Ad esempio se parliamo di donne sui 50 anni, molte si sono dovute confrontare con padri e fratelli svalutanti e svalutativi, che dicevano loro che era inutile studiare perché tanto il loro destino sarebbe stato solo quello di sposarsi. E fortunatamente questo ruolo, forte fino a poco tempo fa, ora non è meno diffuso negli uomini".
A parlare è Paolo Crepet, il noto psichiatra e sociologo, autore di molte ed importanti opere sulla psiche umana e da ultimo, il libro 'Passioni', Mondadori Editore, in una intervista concessa a Veronica Mazza de La Repubblica, su quanto le donne si stimino oppure no, e sulle conseguenze sulla vita professionale di una mancanza di autostima.
Dunque, sostiene Crepet, la maggioranza delle donne dai 50 in su si stimano poco rispetto a quanto effettivamente esse valgono in quanto la maggioranza è stata costretta a fare i conti con una cultura maschilista, quella che, fortunatamente, negli ultimi decenni si è via via affievolita anche se non è del tutto scomparsa. Per le donne più giovani, invece, continua lo psichiatra, si pone un altro problema, del tutto rovesciato. Qui le adolescenti, le ragazze e le giovani donne hanno spesso come punti di riferimento donne bellissime di successo, proposte dai media, così come dal mondo dell'arte e dello spettacolo. Naturalmente, senza una adeguata consapevolezza, il confronto è insostenibile ed in questo caso monta l'autostima. Mi stimo poco, in quanto poco valgono meno rispetto ai miei modelli di riferimento.
Ma c'è un terzo genere di carenza di autostima, quello che dipende ancora da una cultura che, appunto, non è totalmente tramontata. Si tratta della stima che hanno di sé le donne nel momento in cui si sentono desiderate o apprezzate da un maschio, e non, quindi, per sè stesse: "Ci sono donne che fanno dipendere la propria autostima dalla propria capacità seduttiva, quindi dal giudizio maschile. Questo succede un po' meno negli uomini, perché il loro 'super Io' professionale è in genere molto forte. La sicurezza e l'autostima maschile passa del fatto di avere un lavoro di successo, un buon stipendio, di potersi comprare una bella macchina, quindi tutta una serie di conquiste sociali che vengono loro riconosciute. La donna è leggermente ancora indietro rispetto a questo, sempre per un problema di difficoltà di conciliazione famiglia/lavoro". Insomma, "Troppe donne si sentono bene solo se piacciono all'uomo, e a questo puntano quando vanno in palestra, si truccano o fanno interventini chirurgici per essere 'desiderabili'. In questo modo viene messo in primo piano più il piacere all'altro che a se stesse. E questo va a inficiare il valore che la donna dà a se stessa, perché delega al di fuori di sé la propria stima. Se interroga tante donne, le diranno che per un uomo è più facile avere alta autostima perché con l'età si fa più interessante, mentre la donna semplicemente invecchia. Un mito che sappiamo sfatato, ma a un certo livello molte la pensano ancora così".
Ma non si tratta solo di questo, perché le conseguenze di questo approccio possono essere ben più devastanti: "Se non ti vuoi bene, non puoi volere bene agli altri. Quindi c'è un alto rischio di catastrofi amorose, dipendenze sentimentali, trascinamento di rapporti poco dignitosi, dove si è trattate male però non si reagisce. Un esempio classico è accettare il ruolo dell'amante: in buona sostanza la donna che sceglie di restare in questo ruolo anche per molto tempo è una persona che non ha una gran stima di sé, perché pensa di non meritare un uomo solo suo e quindi si accontenta di averlo a tempo parziale"
Ma quali conseguenze ha l'autostima sulla vita professionale, chiede la cronista allo psichiatra. Che risponde: "Chi non crede in se stessa ha ambizioni lavorative ristrette, e meno grinta, quindi difficilmente si rimbocca le maniche per farsi strada a livello professionale. È la prima a non credere di potercela fare, quindi rinuncia a priori. Al contrario, una donna che crede nelle sue potenzialità e abilità non si abbatte di fronte a eventuali sconfitte, perché è mossa da una forte passione. La passione è un elemento di costruzione, un sentimento costruttivo, mentre la bassa stima di sé è un elemento distruttivo. Quindi non ci sono persone appassionate e appassionanti che abbiano scarsa stima di sé". Insomma, "la considerazione di noi stessi è frutto di come approcciamo e portiamo a termine le prove che abbiamo di fronte, e se ci consideriamo poco capaci è importante concederci diversi tentativi per imparare dagli errori. Chi crede in se stesso dà più valore al tentativo; invece chi ha una bassa autostima valuta l'errore solo un fallimento, e così si deprime".
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