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Disabili, Sentenza Consiglio Stato: trattamenti assistenziali non vanno calcolati ai fini ISEE, annullato DPCM 159/2013

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, IV Sezione, con Sentenza n. 842 del 29/2/2016, con cui è stato respinto l´appello proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero dell´economia e delle finanze e confermato l´annullamento del DPCM n. 159/2013 concernente il regolamento sulla revisione delle modalità di determinazione e sui campi di applicazione dell´ISEE.
Nel ricorso, proposto nel 2015, i ricorrenti, tutti disabili o congiunti di disabili medi, gravi o non autosufficienti, che percepivano trattamenti assistenziali o sociosanitari, premettevano che
era stato emanato il DPCM 5 dicembre 2013 n. 159, atto regolamentare concernente la revisione delle modalità per la determinazione ed i campi d’applicazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), istituto che, come noto, era stato introdotto nel 1998 per fissare criteri uniformi per la valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti, o comunque collegati a determinate situazioni economiche.
Successivamente, a causa della inefficacia insita nella normativa, essa era stata sostituita dall´art. 5 del DL 201/2011: «… con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (...) sono rivisti le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell´… (ISEE) al fine di: adottare una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale, e che tenga conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia nonché dei pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e di persone disabili a carico; migliorare la capacità selettiva dell´indicatore, valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale sita sia in Italia sia all´estero…; permettere una differenziazione dell´indicatore per le diverse tipologie di prestazioni…».
Era quindi stato emanato il DPCM, con cui erano stati fissati i requisiti d’accesso alle prestazioni sociali e il livello di partecipazione al loro costo da parte degli utenti. Tra le predette prestazioni economiche agevolate, cui l’ISEE si riferisce, l’art. 1, lett. f) del DPCM indicava pure le «…prestazioni agevolate di natura sociosanitaria… (rivolte) … a persone con disabilità e limitazioni dell’autonomia…», quali appunto i ricorrenti.
Con il ricorso, proprio i ricorrenti, ritenendo che talune disposizioni del DPCM in questione fossero illegittime e limitative del loro accesso alla prestazioni in questione, lamentavano davanti il TAR del Lazio l´illegittimità costituzionale dell´art. 5, c. 1 del DL 201/2011; l’illegittima ed irrazionale attuazione dell´art. 5, c. 1 che si sarebbe dovuto interpretare nel senso dell’eliminazione delle lacune della precedente regolamentazione e non certo nel senso d’includere nella definizione di reddito disponibile pure i trattamenti indennitari o risarcitori percepiti dai disabili a causa della loro accertata invalidità; l’erroneità in ordine alla fissazione di talune detrazioni e franchigie in misura insufficiente ed irrealistica rispetto alle reali spese di cura ed assistenza gravanti sui disabili e sulle loro famiglie; infine, l’irrazionalità della disposizione che stabiliva, per le prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria rivolte a maggiorenni ed erogate in ambiente residenziale a ciclo continuativo, che «… in caso di presenza di figli del beneficiario non inclusi nel nucleo familiare ai sensi del comma 2, l´ISEE è integrato di una componente aggiuntiva per ciascun figlio, calcolata sulla base della situazione economica dei figli medesimi…», tranne che il figlio o un componente del suo nucleo sia disabile, oppure se sia «… accertata in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali la estraneità del figlio in termini di rapporti affettivi ed economici… ».
Il Tar del Lazio, con sentenza n. 2459 dell’11 febbraio 2015, accoglieva il secondo motivo, annullando il DPCM 159/2013, nella parte in cui aveva incluso, tra i dati da considerare ai fini ISEE per la situazione reddituale i trattamenti assistenziali, previdenziali ed indennitari percepiti dai soggetti portatori di disabilità; accoglieva anche il terzo motivo, annullandolo nella parte in cui, nel fissare le franchigie da detrarre dai redditi, aveva introdotto «… un´indistinta differenziazione tra disabili maggiorenni e minorenni, consentendo un incremento di franchigia solo per quest´ultimi, senza considerare l´effettiva situazione familiare del disabile maggiorenne…».
Respinto l´appello incidentale proposto dagli originari ricorrenti, il Consiglio ha ritenuto di confermare l´annullamento del DPCM, rigettando l´appello principale delle Amministrazioni.
L’impressione che si ricava ictu oculi dalla serena lettura del secondo motivo di appello, ha precisato il Collegio, è che le Amministrazioni non riescono a fornire anche in questa sede la ragione per cui le indennità siano non solo o non tanto reddito esente, quanto reddito rilevante ai fini ISEE, che è poi il punto centrale della statuizione del TAR sull’argomento.
Dato atto sia che l´art. 5, c. 1 imponga una definizione di reddito disponibile inclusiva della percezione di proventi ancorché esenti dall’imposizione fiscale, sia della circostanza che, talune volte, il legislatore adoperi il vocabolo «indennità» per descrivere emolumenti incrementativi del reddito o del patrimonio del beneficiario, esistono, ha continuato il Collegio, talune ed ineludibili considerazioni generali che, sullo specifico punto evidentemente sfuggono alle appellanti.
Si tratta in sostanza della questione per cui, se tali somme sono erogate al fine di attenuare una situazione di svantaggio, tendono a dar effettività al principio di uguaglianza, così che è palese la loro non equiparabilità ai redditi già di per sé, ossia indipendentemente dalla loro inserzione nel calcolo dell´ISEE.
Si proceda per ordine.
Secondo il Consiglio di Stato, l’obbligo di contribuzione assicurativa non tributaria può assumere anche valori e basi imponibili più adatte allo scopo redistributivo e di benessere e senza per forza soggiacere allo stretto principio di progressività, che comunque in vario modo il DPCM assicura. Ma quando si vuol far derivare dalla nozione di reddito qualcosa di economicamente diverso ed irriducibile, non si può dimenticare che ogni forma impositiva va comunque ricondotta al principio ex art. 53 Cost. e che le esenzioni e le esclusioni non sono eccezioni alla disciplina del predetto obbligo e/o del presupposto imponibile. Esse sono piuttosto vicende presidiate da valori costituzionali aventi pari dignità dell’obbligo contributivo, l’effettiva realizzazione dei quali rende taluni cespiti inadatti alla contribuzione fiscale.
Quindi, se di indennità o di risarcimento veri e propri si tratta (come nel caso dell´indennità di accompagnamento) né l’una, né l’altro rientrano in una qualunque definizione di reddito assunto dal diritto, né come reddito – entrata, né come reddito – prodotto (essenzialmente l’IRPEF). In sostanza, non ogni indennità è assimilabile ad un reddito quando si tratti di altro tipo di soggetti e di prestazioni.
Dunque, l’indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare ma a compensare un’oggettiva situazione d’inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova in uno svantaggio per pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest’ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva.
Secondo il Collegio è quindi condivisibile l’affermazione degli originari ricorrenti disabili secondo cui «… ricomprendere tra i redditi i trattamenti… indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito -come se fosse un lavoro o un patrimonio- ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, non un sostegno al disabile, ma una "remunerazione" del suo stato di invalidità… (dato) … oltremodo irragionevole … (oltre che) … in contrasto con l´art. 3 Cost. …».
Da ciò il rigetto dell´appello e la conferma della Sentenza di primo grado.

 

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