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Con l'ordinanza n. 24937 depositata lo scorso 7 ottobre, la I sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso di un padre che lamentava la lesione del diritto alla bigenitorialità, ha respinto le sue richieste finalizzate a incontri più frequenti con il figlio, con "due pernottamenti infrasettimanali nelle settimane in cui non gli compete il week end e due pomeriggi, uno con pernotto ed uno fino alle 21 nelle settimane in cui gli compete il week end, oltre a tutti i pomeriggi fino alle 16".
Alla base del rigetto, la Cassazione ha evidenziato come "l'ampliamento dell'esercizio del diritto di visita proposto dal padre avrebbe dato luogo ad un regime estremamente articolato e frammentato, non funzionale alle esigenze di stabilità e serenità che devono necessariamente connotare la quotidianità del minore".
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Rovigo, pronunciandosi su una domanda di separazione, con decreto affidava il figlio minore ad entrambi i genitori con collocamento presso la madre e stabiliva le modalità di esercizio del diritto di visita del padre, prevedendo che quest'ultimo potesse trascorrere con il minore solo quattro giorni al mese e due pomeriggi con pernottamento.
Presentando reclamo, il padre formulava istanza diretta ad ampliare il diritto di visita, proponendo "due pernottamenti infrasettimanali nelle settimane in cui non gli compete il week end e due pomeriggi, uno con pernotto ed uno fino alle 21 nelle settimane in cui gli compete il week end, oltre a tutti i pomeriggi fino alle 16".
La Corte d'Appello di Venezia confermava le statuizioni contenute nel decreto, rigettando l'istanza del padre di ampliamento del diritto di visita sul rilievo che il regime dallo stesso proposto era estremamente articolato e frammentario, disfunzionale rispetto alle esigenze di stabilità e serenità che devono, invece, connotare la quotidianità del minore.
Il padre, ricorrendo in Cassazione, censurava la decisione per assunta lesione del diritto alla bigenitorialità, deducendo violazione di legge ed, in particolare, della legge n. 54/06, della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, della Carta di Nizza del 2000, dell'art. 8 CEDU relativo al rispetto della vita privata e familiare.
Più nel dettaglio, l'uomo si doleva perché il decreto impugnato, nell'affermare che la frequentazione del minore con il padre fosse elemento di disturbo alla quiete del bambino, non aveva fornito alcuna argomentazione in fatto, così rendendo una motivazione perplessa, incomprensibile ed in contrasto con lo schema legale dell'affido condiviso.
A tal proposito si evidenziava come, sotto le mentite spoglie di un affido condiviso, la contrazione del periodo di visita mascherava un affido esclusivo di fatto, potendo il padre trascorrere con il minore solo quattro giorni al mese e due pomeriggi con pernottamento; il tutto con evidente lesione del diritto del padre alla serenità familiare ed alla relazione affettiva con il figlio.
La Cassazione non condivide le difese formulate dal ricorrente.
Gli Ermellini rimarcano come la regola dell'affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l'altro genitore.
Sul punto, attiene al potere del giudice di merito stabilire le concrete modalità di esercizio del diritto di visita, che non sono sindacabili nelle loro specifiche articolazioni nel giudizio di legittimità, ove è invece possibile sollevare censure solo se il giudice di merito si sia ispirato, nel disciplinare le frequentazioni del genitore non convivente con il minore, a criteri diversi da quello fondamentale previsto dall'art. 155 c.c. dell'esclusivo interesse del minore.
Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte di appello, all'esito di un accertamento in fatto e delle risultanze della CTU, ha evidenziato che l'ampliamento dell'esercizio del diritto di visita proposto dal padre avrebbe dato luogo ad un regime estremamente articolato e frammentato, non funzionale alle esigenze di stabilità e serenità che devono necessariamente connotare la quotidianità del minore.
Secondo gli Ermellini, siffatta argomentazione, fondata sull'esame delle dinamiche familiari anche alla luce delle risultanze della CTU, soddisfa "il minimo costituzionale" richiesto dalla più consolidata giurisprudenza e, in quanto tale, è insindacabile in sede di legittimità.
Compiute queste precisazioni, la Cassazione rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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