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Da Aldo Moro a Peppino Impastato a Piersanti Mattarella

rizzo

       Quarantadue anni fa, il 9 maggio 1978, veniva trovato il corpo di Aldo Moro, nel bagagliaio di una Renault 4, di color rosso, in via Caetani a Roma, dopo 55 giorni di sequestro da parte delle Brigate Rosse (BR) .

Via Caetani si trova nei paraggi tra Piazza del Gesù, sede storica della Democrazia Cristiana (DC), di cui Moro era presidente, e via delle Botteghe Oscure, altra sede storica, ma del Partito Comunista Italiano (PCI).

Ma, tra la notte dell'otto e il nove maggio del 1978, venne trovato il corpo di Giuseppe "Peppino" Impastato, classe 1948, che, dopo essere stato imbottito di tritolo, lo si fece esplodere sui binari del treno nei paraggi di Cinisi, dove era nato e cresciuto.

Venne subito accreditata l'ipotesi che Peppino, iscritto al Partito di democrazia proletaria, fosse un terrorista, morto mentre stava per seguire un attentato. La tesi dell'attentatore brigatista, fatta circolare, cadde in un mare di polemiche, visti i precedenti del giovane Impastato. Infatti Peppino era un giornalista che, attraverso una televisione privata e una rivista denunciava i trafficidi doce e armi dei mafiosi del suo paese. Gaetano Badalamenti era tra questi.

Peppino era stato avvertito, più volte dal padre, di non immischiarsi in faccende che  non lo riguardavano. Come tradizione di famiglia.

Infatti erano mafiosi sia il nonno che il papà di Peppino.

"Soprattutto, è mafioso Luigi Impastato, padre di Peppino, anche se è rimasto sempre un 'mafioso di vecchio stampo', di quelli che sono mafiosi per la cultura che hanno respirato in famiglia o in paese sin dalla fanciullezza, per l'intima convinzione che li porta a credere – sbagliando, e sbagliando tragicamente – che le fondamenta della società siano l'omertà, la cieca obbedienza verso chi comanda, un certo senso dell'onore". 

Così la stessa mattina vennero fatti trovare due corpi vittime di forze che agivano con la connivenza di forze terroristiche e mafiose, e con la complicità di forze eversive degli apparati dello Stato.

Ma passano appena due anni e otto mesi, ed ecco il 6 gennaio 1980, viene ucciso dalla mafia Piersanti Mattarella, l'erede predestinato di Aldo Moro.

Come dire: dove non arriva la politica, ci pensano le forze eversive legate alla mafia, con la compiacenza di chi dovrebbe combatterla.

C'è da dire, e ce lo ricorda lo storico inglese Erich J. Hobsbamwm, che sicuramente dalla fine della Prima guerra mondiale al 1991 la storia ci ha consegnato "l'epoca più violenta dell'umanità".

Il suo libro, "Il secolo breve", affronta il passaggio della guerriglia di campagna, legata soprattutto ai paese dell'America Latina, Columbia, Uruguay,Brasile, Argentina …, alla guerriglia urbana, tipica dei Paesi europei.Così evidenzia le uccisioni spettacolari: quella dell'ammiraglio spagnolo Carrero Blanco, fatto saltare in aria in pieno centro a Madrid nel 1973. Era stato nominato come successore dal dittatore spagnolo Francisco Franco, deceduto poi nel 1975. E quello di Aldo Moro nel 1978.

Ma sequestri, e uccisioni,di personalità politiche, industriali, militari, poliziotti, banchieri, semplici operai si verificavano in Germania e, soprattutto in Italia.

In Italia, nonostante siano passate 42 anni, non siamo riusciti ad avere, nonostante processi e commissioni di inchieste, certezze sulla vicenda che ha interessato Aldo Moro.

E le cose non potevano andare diversamente. Nel ministero dell'interno, ministro Francesco Cossiga , erano di casa "...militari dello Stato, esercito, marina aereonautica, carabinieri, finanza, polizia, servizi segreti e altri  apparati dello Stato" erano tutti, personaggi legati alla famigerata loggia massonica P2 di Licio Gelli. Presenze inquietanti che hanno portato qualcuno a scrivere: "Fatto sta che proprio i punti oscuri su quella vicenda autorizzano la possibilità, o addirittura la probabilità, che i brigatisti siano stati guidati da forze occulte italiane e stranieri o che da queste forze si siano fatti strumentalizzare.

Le certezze, invece, possiamo trovarle nel movente. 

Il presidente Aldo Moro, quella mattina del 16 marzo 1978, si stava recando al Parlamento italiano perché si sarebbe dovuto insediare il primo governo democristiano, presidente del consiglio dei ministri Giulio Andreotti, con l'appoggio esterno del Partito Comunista Italiano dando vita al quel progetto, che da qualche tempo veniva tessuto tra Aldo Moro e Enrico Berlinguer, segretario del PCI. Stava per nascere il famoso "Compromesso storico".

Durante il rapimento vengono uccisi i cinque uomini della scorta di Moro: Oreste Leonardi, caposcorta, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Raffaele Iozzino, Francesco Zizzi.

Chi ha vissuto quella giornata ne sono certo non la dimenticherà mai.

In Italia è scesa una nebbia di incredulità e si organizzarono, come ha scritto Leonardo Sciascia, le "operazioni di parata" con un investimento imponente di forze dell'ordine che non riuscirono a trovare il bandolo della matassa.

Le Nazioni Unite, la Croce Rossa il papa Paolo VI cercano di offrire una mediazione con i terroristi per arrivare ad una soluzione civile.

Sia la Democrazia cristiana sia il Partito comunista italiano si dicono subito contrari ad ogni trattativa. Lo stato non può trattare con i terroristi perché sarebbe una forma di riconoscimento istituzionale.

Chi volesse rinfrescarsi la memoria su questa tragedia mi permetto di indicare due libri:

Miguel Gotor, "Il memoriale della Repubblica. Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l'anatomia del potere italiano. Einaudi.

Leonardo Sciascia, "L'affaire Moro", Adelphi

Oggi è una giornata importante.

E' "Il Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice".

E' una ricorrenza della Repubblica Italiana istituita con la legge 4 maggio 2007 n° 56. E perché viene celebrato il 9 maggio di ogni anno? Per il fatto che il 9 maggio 1978, appunto, furono uccisi Peppino Impastato e Aldo Moro. 

 

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