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Comune, ricorso a fondo patrimoniale: necessaria procedura pubblica per selezione contraente

Lo ha rilevato il Consiglio di Stato, Sezione V, con Sentenza 14/04/2016, n. 1486.
Nel caso in esame, gli atti contestati erano stati posti in essere da un soggetto privato non tenuto ex lege al rispetto dei principi del procedimento amministrativo. Ed infatti, la previsione da parte dell´amministrazione comunale dell´utilizzo di una procedura di gara da parte del gestore del fondo patrimoniale per la dismissione dei beni allo stesso conferiti, a giudizio del Collegio, non poteva che rimanere confinato al rapporto tra amministrazione e privato gestore del fondo, traducendosi in un obbligo negoziale, che non avrebbe mai potuto comportare il trasferimento di obblighi e/o poteri pubblicistici in capo al gestore del fondo.
In relazione alle doglianze riguardanti la giurisdizione, quindi, se non avrebbe potuto mettersi in dubbio, a giudizio del Collegio, la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in relazione al procedimento di individuazione del gestore del fondo patrimoniale ed anche per quelle di scelta dell´utilizzo dello strumento del fondo in questione, una volta che il fondo patrimoniale fosse stato creato e una volta individuata con procedura di evidenza pubblica il suo gestore, gli atti da questo compiuti rientravano nell´ambito del diritto privato, posti un essere da un soggetto privato. Mentre, ha rilevato la Sezione, ad opposta conclusione avrebbe potuto giungersi laddove fosse stato lo stesso ente comunale a disporre autonomamente la dismissione dei beni appartenenti al proprio patrimonio immobiliare attraverso gara pubblica (Cass., Sez. Un., 24 giugno 2011, n. 13910; Id., 3 marzo 2005, n. 9103).
Il principio affermato dai giudici di Palazzo Spada è stato, pertanto, che la scelta da parte dell´amministrazione comunale dell´utilizzo di un fondo patrimoniale rientra nell´ambito del legittimo utilizzo da parte di quest´ultima di istituti civilistici, che comportano l´individuazione di un contraente per la gestione del fondo secondo dinamiche pubblicistiche, che si arrestano a questo punto (Cass., Sez. Un., 22 aprile 2013, n. 9689), non avendo il legislatore ritenuto di dettare una normativa ad hoc per l´alienazione degli immobili conferiti dall´amministrazione nel fondo patrimoniale.
Segue Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 8971 del 2015, proposto da:

I. S.p.a. - I.I. S.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Raffaele Ferola, Stefano Cianci e Renato Ferola, con domicilio eletto presso il domicilio di quest´ultimo, in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

contro

B.M. Sgr Pa, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Domenico Ielo, Fabio Elefante e Carlo Catarisano, con domicilio eletto presso Studio Legale Bonelli Erede Pappalardo in Roma, Via Salaria, n. 259;

nei confronti di

S.L. S.p.a., in persona del legale rappresentante, e F.L. S.p.a., in persona del legale rappresentante, entrambe rappresentate e difese dagli avvocati Filippo Brunetti e Stefano Pascali, con domicilio eletto presso Cesare Oliva Studio Chiomenti in Roma, Via XXIV Maggio, n. 43;

Fondo Immobiliare Milano II, Società G.I.I. S.r.l. (L.I. S.r.l.);

Comune di Milano, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocato Antonello Mandarano, Ruggero Meroni, Enrico Barbagiovanni, Irma Marinelli e Raffaele Izzo, con domicilio eletto presso lo studio di quest´ultimo in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO, SEZIONE III, n. 1817/2015, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di B.M. Sgr Pa e di S.L. S.p.a. e di F.L. S.p.a. e del Comune di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2016 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Raffaele Ferola, Domenico Ielo, Raffaele Izzo e Filippo Brunetti.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Lombardia l´I.I. S.p.a. invocava l´annullamento della deliberazione con cui B.S. p.a. aveva stabilito in data 1 aprile 2014 di accettare l´offerta, avanzata in data 28 marzo 2014 da ignoto acquirente, di acquisto dell´immobile, già di proprietà comunale e afferente al Fondo Immobiliare di Milano II gestito da SGR, sito in Milano, Via Bagutta n. 12, e della/e deliberazione/i, con cui SGR aveva stabilito di interrompere l´avanzata trattativa in corso con essa ricorrente e di non invitarla ad un corretto confronto concorrenziale; veniva altresì chiesta la declaratoria di inefficacia del contratto di compravendita eventualmente stipulato.

2. Con la sentenza segnata in epigrafe il tribunale declinava la giurisdizione a favore del giudice ordinario in ragione della natura privatistica del fondo di investimento e delle relative modalità di gestione, dovendo - a suo avviso - ritenersi che la fase pubblicistica fosse riferita e ristretta al solo momento di scelta della Società di gestione del Fondo Immobiliare, individuata in BNP Paribas, e non potesse, invece, estendersi anche alle fasi successive, pena lo snaturamento dell´istituto del Fondo immobiliare relativa alla valorizzazione. Pertanto, avendo il Comune di Milano stabilito di conferire i propri immobili in un fondo immobiliare e di sottoporli, quindi, alla relativa disciplina, non poteva ritenersi applicabile l´art. 12 della L. n. 127 del 1997, laddove prevede il rispetto dei "criteri di trasparenza e adeguate forme di pubblicità per acquisire e valutare concorrenti proposte di acquisto", atteso che la predetta norma doveva ritenersi applicabile soltanto alle vendite effettuate direttamente dagli Enti locali e non anche alle procedure realizzate attraverso l´intermediazione di altri soggetti.

3. L´originaria ricorrente propone appello avverso la predetta sentenza, contestando la correttezza delle conclusioni raggiunte dal TAR.

Secondo l´appellante, infatti, la giurisdizione spetterebbe al giudice amministrativo, in quanto: a) la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare, da un lato, i vincoli posti alla SGR con delibera di C.C. n. 58/2007 e di G.C. n. 1883/2008, all. 1, di procedere a vendita a mezzo di asta pubblica, e solo in caso di mancata presentazione di offerte in seno alla stessa, a mezzo di trattativa privata con sconto massimo del 10%; dall´altro, il mancato confronto concorrenziale dell´offerta dell´appellante con quella poi prescelta; b) la tesi propugnata dal TAR consentirebbe agli enti locali un facile aggiramento della disciplina contenuta nell´art. 12 della L. n. 127 del 1997, né il pregresso trasferimento dell´immobile a soggetto privato potrebbe costituire valido motivo per negare la giurisdizione del g.a., poiché la sua attività dovrebbe essere comunque governata dai principi di evidenza pubblica anche in omaggio a quanto disposto dall´art. 1, L. n. 241 del 1990. Inoltre la SGR sarebbe stata assoggetta ad un vincolo eteronomo nelle procedure di dismissione.

4. In data 6 novembre 2015 si costituiscono in giudizio il Comune di Milano, F.L. ed S.L., chiedendo il rigetto dell´appello.

5. In data 17 novembre 2015 si costituisce in giudizio B.M. Società di Gestione del Risparmio, chiedendo il rigetto dell´appello ed in data 20 novembre 2015 deposita memoria nella quale evidenzia che la domanda di declaratoria di inefficacia del contratto di compravendita sarebbe inammissibile.

6. In data 3 dicembre 2015 il Comune di Milano deposita memoria con la quale pone in luce che eventuali irregolarità da parte della SGR rileverebbero per l´amministrazione comunale solo in termini di pretesa risarcitoria.

7. In data 7 dicembre 2015 la SGR produce memoria nella quale contesta la tesi dell´appellante, evidenziando l´assenza di qualsivoglia potere pubblico in capo a sè stessa e l´impossibilità di essere qualificata quale soggetto pubblico. Non esisterebbe poi alcuna norma di legge che imponga l´obbligo di attivare una procedura di evidenza pubblica, né a tal fine potrebbe invocarsi l´art. 12, L. n. 127 del 1997, che pone un simile obbligo in capo agli enti locali e non in capo a soggetti privati. In ogni caso il rispetto della gara sarebbe assicurato dalla circostanza che ai sensi dell´art. 20, D.Lgs. n. 163 del 2006, la società SGR, che eroga un servizio finanziario a favore del comune, è stata individuata con gara pubblica. Né un simile obbligo potrebbe fondare sulle delibere comunali, essendo invero necessario un apposito precetto legislativo.

8. In pari data F.L. ed S.L. depositano memoria nella quale si evidenzia che nella materia della dismissione dei beni pubblici non sussiste la giurisdizione esclusiva del g.a. Inoltre, la natura contrattuale del rapporto tra l´amministrazione comunale e la SGR, qualificabile come appalto di servizi, impedisce di ritenere che vi sia stata una traslazione di poteri pubblici a favore di quest´ultima. Anche le condizioni imposte dal comune per la rivendita degli immobili hanno valore di clausole contrattuali, aventi effetto solo tra le parti, così che esse non possono in alcun modo fondare la giurisdizione del g.a.. Difetterebbe nel caso in questione una disciplina pubblicistica, quale quella contenuta nell´art. 3, L. n. 410 del 2001, che legittimerebbe la giurisdizione del g.a. Invece, nel caso di specie si applicherebbe la disciplina contenuta negli artt. 58, D.Lgs. n. 112 del 1998; 4, L. n. 410 del 2001 e 14 bis, L. n. 86 del 1994, ossia in ambito strettamente privatistico per tutto ciò che si situa a valle dell´individuazione della SGR. Né in senso opposto potrebbe argomentarsi dalla necessità per alcune operazioni negoziali di ottenere il previo parere dell´organismo di rappresentanza dei quotisti, strumento quest´ultimo espressione di facoltà negoziale civilistica.

9. In data 25 gennaio 2016 l´appellante deposita memoria nella quale pone in luce che il vincolo eteronomo gravante sulle modalità di alienazione degli immobili potrebbe essere posto da un provvedimento amministrativo, come si evincerebbe dall´art. 7 c.p.a., dall´art. 1, L. n. 241 del 1990, dall´art. 12, L. n. 127 del 1997 (che delegherebbe il regolamento comunale), dall´art. 11 bis, L.R. Lombardia, n. 31 del 1985, dall´art. 58, D.L. n. 112 del 1998. La giurisdizione amministrativa si estenderebbe anche alla richiesta di caducazione del contratto.

10. Con memoria del 9 febbraio 2016 la SGR nel ribadire il proprio argomentare, solleva in subordine questione di legittimità costituzionale dell´art. 12, L. n. 127 del 1997 per violazione del principio del giudice naturale e per violazione del principio di legalità; in ulteriore subordine invoca la rimessione della questione all´Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

11. In pari data anche S.L. produce memoria nella quale eccepisce che se la domanda di declaratoria di inefficacia del contratto deve considerarsi inammissibile, la domanda di annullamento dell´aggiudicazione va considerata improcedibile per difetto di interesse, visto che il contratto di compravendita sarebbe già stato stipulato.

12. In data 12 febbraio 2016 S.L. deposita memoria di replica con la quale sostiene l´infondatezza dell´odierno gravame.

13. In data 17 febbraio 2016 l´appellante produce memoria di replica, nella quale sottolinea che in ogni caso non potrebbe dichiararsi improcedibile la domanda di annullamento dell´aggiudicazione, in quanto l´appellante in primo grado avrebbe invocato anche la tutela per equivalente. Sostiene inoltre la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità proposta.

14. L´appello è infondato.

Preliminarmente occorre chiarire che il precedente di questo Consiglio (nella sentenza n. 4882/2014) tratta una fattispecie diversa da quella oggetto del presente gravame.

Infatti la questione ivi affrontata atteneva alla vendita del patrimonio immobiliare da parte della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali ed il Consiglio nell´occasione ha ritenuto sussistente la giurisdizione del g.o. in ragione: a) della natura giuridica soggettiva di diritto privato della Cassa; b) del fatto che la stessa avesse utilizzato per l´alienazione del bene poteri rientranti nella sua sfera di capacità negoziale privata; c) dell´appartenenza del patrimonio immobiliare al fondo, organismo appositamente costituito con la società di gestione del risparmio.

Nella fattispecie in esame, invece, il soggetto conferente l´immobile nel fondo patrimoniale è il Comune di Milano, di cui non può esser emessa in dubbio la natura giuridica pubblica.

Da ciò però non può derivare automaticamente la giurisdizione del giudice amministrativo, sia perché quest´ultimo non è il giudice dell´amministrazione come chiarito dalla sentenza della Corte costituzione n. 204/2004, sia perché deve ribadirsi che anche i soggetti pubblici sono dotati di autonomia negoziale, sia perché nella fattispecie gli atti contestati non sono stati adottati dall´amministrazione comunale, ma dalla Società di gestione del Fondo Immobiliare.

Si è, quindi, in presenza di una vicenda complessa che contiene elementi espressione di potestà pubblicistiche e di potestà negoziale privata. Ciò nonostante la contestazione avanzata dinanzi al primo giudice attiene ai secondi e non ai primi.

15. Innanzitutto, occorre premettere che l´art. 119, comma 1, lett. c), c.p.a. non fonda un caso di giurisdizione esclusiva del g.a., ma prevede l´applicazione del rito abbreviato per le ipotesi in cui il giudice amministrativo sia munito di giurisdizione. In omaggio ai principi costituzionali la giurisdizione del giudice amministrativo in tutte le sue manifestazioni, può predicarsi solo nel caso in cui l´atto o il comportamento contestato sia riconducibile ad una pubblica amministrazione o ad un soggetto ad essa equiparato o comunque tenuto al rispetto dei principi del procedimento amministrativo, secondo quanto dispone l´art. 7, comma 2, c.p.a.

Nel caso in esame gli atti contestati sono stati posti in essere da un soggetto privato non tenuto ex lege al rispetto dei principi del procedimento amministrativo. Ed infatti, la previsione da parte dell´amministrazione comunale dell´utilizzo di una procedura di gara da parte del gestore del fondo patrimoniale per la dismissione dei beni allo stesso conferiti resta confinato al rapporto tra amministrazione e privato gestore del fondo, traducendosi in un obbligo negoziale, che non comporta il trasferimento di obblighi e/o poteri pubblicistici in capo al gestore del fondo. Pertanto, se non può mettersi in dubbio la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in relazione al procedimento di individuazione del gestore del fondo patrimoniale ed anche per quelle di scelta dell´utilizzo dello strumento del fondo in questione, una volta che il fondo patrimoniale è stato creato e che è stato individuato con procedura di evidenza pubblica il suo gestore, gli atti da questo compiuti rientrano nell´ambito del diritto privato e sono posti un essere da un soggetto privato. Ad opposta conclusione dovrebbe giungersi laddove fosse stato lo stesso ente comunale a disporre autonomamente la dismissione dei beni appartenenti al proprio patrimonio immobiliare attraverso gara pubblica (Cass., Sez. Un., 24 giugno 2011, n. 13910; Id., 3 marzo 2005, n. 9103).

La scelta da parte dell´amministrazione comunale dell´utilizzo di un fondo patrimoniale rientra nell´ambito del legittimo utilizzo da parte di quest´ultima di istituti civilistici, che comportano l´individuazione di un contraente per la gestione del fondo secondo dinamiche pubblicistiche, che si arrestano a questo punto (Cass., Sez. Un., 22 aprile 2013, n. 9689), non avendo il legislatore ritenuto di dettare una normativa ad hoc per l´alienazione degli immobili conferiti dall´amministrazione nel fondo patrimoniale.

Difetta, quindi, una disciplina pubblicistica (cfr. Cass., Sez. Un., 12 marzo 2007, n. 5593), che possa far apprezzare le posizioni giuridiche eventualmente lese dagli atti del gestore del fondo alla stregua di interessi legittimi tutelabili dinanzi al giudice amministrativo. Né in senso opposto può argomentarsi dalle previsioni contenute nella delibera di C.C. n. 58/2007 e di G.C. n. 1883/2008, all. 1, dal momento che le stesse costituiscono un vincolo eteronomo rispetto alla società di gestione del fondo, ma che, alla stessa stregua di quanto accade qualora l´amministrazione non espressamente obbligata a tanto dal legislatore si autovincoli all´utilizzo del procedimento di evidenza pubblica, non fondano la giurisdizione del giudice amministrativo.

Né può argomentarsi utilmente dalla paventata elusione della disciplina contenuta nell´art. 12, L. n. 127 del 1997, dal momento che la suddetta norma ha un preciso ambito soggettivo di applicazione (comuni e province), ed oggettivo (alienazioni) tale da non risultare applicabile alla fattispecie de qua, nella quale si ha la costituzione di un fondo patrimoniale con l´attribuzione di quote all´ente comunale conferente e la dismissione dei beni appartenenti al fondo da parte di un gestore, individuato con procedura di evidenza pubblica.

16. L´appello deve, quindi, essere respinto, meritando conferma la pronuncia impugnata. Nella novità e complessità delle questioni trattate si ravvisano eccezionali motivi per compensare le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull´appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese dell´odierno grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2016 con l´intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo´ Lotti, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore

Alessandro Maggio, Consigliere

 

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