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Compensi avvocati, ecco il parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto con i parametri

Stamane Palazzo Spada ha reso il.parere sulle modifiche al d.m. n. 55 del 2014 che ha ritenuto conformi ai criteri previsti dalla normativa primaria di riferimento, salvo alcuni punti. Eccolo.

Il Consiglio di Stato ha reso il parere – n. 2703/2017 del 27 dicembre - sullo schema di decreto, del Ministro della giustizia, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense.

Palazzo Spada ha espresso un parere favorevole sul provvedimento formulando però anche una serie di osservazioni: in particolare riportiamo quelle di cui ai punti 5 e 6 del parere.

Il parere n. 2703/2017 del Consiglio di Stato, punti 5 e 6

5. Per quanto concerne il merito dello schema di decreto, la Sezione osserva in via preliminare che la legge n. 247 del 2012, in relazione ai criteri in base ai quali individuare i parametri per la liquidazione dei compensi degli avvocati, stabilisce, all´articolo 13, comma 7, che tali parametri debbano essere formulati "in modo da favorire la trasparenza nella determinazione dei compensi dovuti per le prestazioni professionali e l´unitarietà e la semplicità nella determinazione dei compensi".

Inoltre, detti criteri sono stati integrati da alcune sentenze - puntualmente richiamate dal CNF nella nota del 1° giugno 2017, prot. n. 28992.U - con cui è stato evidenziato come la discrezionalità del giudice nella determinazione giudiziale dei compensi "non può condurre ad una liquidazione che ... remuneri l´opera del difensore, al netto delle spese vive, con una somma che in termini assoluti risulti praticamente simbolica e, come tale, non consona al decoro professionale che l´art. 2233, comma 2 c.c. pure impone di considerare" (ex multis: Cass. Civ., Sez. VI, 22 dicembre 2015, n. 25804), principio, quest´ultimo, più volte ribadito anche da questo Consiglio di Stato (Cons. di Stato, Sez. VI, 22 gennaio 2015 n. 238).

La Sezione ritiene che le modifiche al d.m. n. 55 del 2014 previste dallo schema di decreto risultino conformi ai criteri previsti dalla normativa primaria di riferimento, salvo quanto si evidenzierà al successivo n. 6.

Infatti, tali modifiche e in particolar modo quelle volte a superare le lacune normative riscontrate dall´Amministrazione e dal CNF - tra le quali è da evidenziare quella relativa ai compensi spettanti per la fase stragiudiziale, come i procedimenti di mediazione e di negoziazione assistita - sono volte, ad aumentare la trasparenza nella determinazione dei compensi in ossequio allo specifico criterio previsto dal comma 7 dell´art. 13.

Tali modifiche, inoltre, risultano anche coerenti con gli orientamenti assunti in materia dai competenti organi giudicanti, atteso che alcune di esse tendono ad assicurare, come riferito dalla stessa Amministrazione, la conformità dei compensi al principio di tutela del decoro professionale.

Le modifiche di cui si converte, inoltre, non sembrano porsi in contrasto neanche con la normativa europea in materia ed in particolare con la recente sentenza n. 427 del 23 novembre 2017 della Corte di Giustizia dell´Unione Europea, che ha statuito che una disciplina regolatoria, come quella bulgara, che non autorizza il giudice nazionale a disporre la rifusione degli onorari degli avvocati per un importo inferiore a quello minimo previsto da un regolamento adottato da un´organizzazione di categoria dell´ordine forense, quale il "Vissh advokatski savet" (Consiglio superiore dell´ordine forense della Bulgaria), "è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato interno ai sensi dell´articolo 101, paragrafo 1 del TFUE".

Al riguardo la Sezione rileva, infatti, che la CGUE è pervenuta a tale decisione in considerazione della circostanza che le tariffe minime previste dalla normativa bulgara sono state individuate con un regolamento del Consiglio superiore dell´ordine forense e, dunque, non da un organo pubblico, avendo il legislatore bulgaro demandato integralmente la fissazione di tali tariffe minime all´organo di categoria senza prevedere degli espliciti "criteri di interesse pubblico definiti dalla legge" nazionale.

Da qui la differenza con l´atto normativo di cui si converte che è adottato non da un´organizzazione di rappresentanza della categoria forense ma dal Ministro della giustizia, il cui operato si è basato sull´applicazione di precisi criteri d´interesse pubblico stabiliti dalla legge quali la trasparenza e l´unitarietà nella determinazione dei compensi professionali, con la conseguenza che la Sezione, anche sotto il profilo in esame, non ha specifici rilievi da esplicitare.

6. Tanto premesso, la Sezione ritiene di dover formulare le seguenti osservazioni in relazione allo specifico contenuto dell´atto normativo di cui si converte.

In primo luogo, per quanto concerne la tematica, già richiamata, della fissazione di soglie minime non derogabili da parte degli organi giudicanti, la Sezione deve rilevare che le modifiche a tal fine introdotte agli artt. 4, comma 1, 12, comma 1 e 19, comma 1 del d.m. n. 55 del 2014 non appaiono chiare nella loro formulazione, lasciando possibili spazi interpretativi in merito all´applicazione della locuzione "di regola" anche alle riduzioni percentuali dei valori parametrici di base mentre, secondo quanto riferito dall´Amministrazione, la medesima locuzione dovrebbe applicarsi esclusivamente agli aumenti percentuali dei succitati valori.

La Sezione, pertanto, ritiene necessario invitare l´Amministrazione a prevedere una diversa formulazione degli artt. 4, comma 1, 12, comma 1 e 19, comma 1 del d.m. n. 55 del 2014, dalla quale emerga con maggiore chiarezza inderogabilità delle soglie minime percentuali di riduzione del compenso rispetto al valore parametrico di base da parte degli organi giudicanti, e ciò anche in considerazione del fatto che l´art. 13, comma 7 della legge n. 247 del 2012 prevede fra i criteri cui si deve attenere l´Amministrazione quello della "trasparenza nella determinazione dei compensi dovuti per le prestazioni professionali".

In secondo luogo, deve rilevarsi che l´Amministrazione, tramite il decreto in esame, ha accolto solo parzialmente le articolate proposte di modifica del d.m. n. 55 del 2014 avanzate dal CNF e, per il tramite della documentazione istruttoria trasmessa a questa Sezione, non ha esplicitato le ragioni in base alle quali ha proceduto in tal senso.

In proposito la Sezione osserva come la motivazione delle scelte dell´Amministrazione - benché non strettamente necessaria, ai fini della legittimità del presente atto normativo, in considerazione della natura non vincolante delle proposte del CNF ai sensi di quanto previsto dalla legge n. 247 del 2012 - sarebbe stata in ogni caso opportuna, quantomeno in sede di AIR, per comprendere l´iter logico-giuridico seguito dall´Amministrazione nel predisporre l´intervento normativo de quo. E ciò anche in considerazione del fatto che alcune delle proposte avanzate dal CNF e dall´UNA - come, in via meramente esemplificativa, quella concernente la necessità di adeguare i parametri di remunerazione relativi alla fase decisoria dinanzi al Consiglio di Stato (tabella n. 22 allegata al d.m. n. 55 del 2014), atteso che questi ultimi risultano inferiori rispetto ai parametri previsti per i giudizi dinanzi ai Tar (tabella n. 21 allegata al precitato d.m.) - appaiono razionali, di talché non risulta agevole, in assenza di rilievi sul punto da parte dell´Amministrazione, desumere i motivi per i quali tali proposte non hanno trovato favorevole accoglimento.

La Sezione, pertanto, non può che limitarsi a prendere atto delle scelte operate dall´Amministrazione proponente nell´ambito della discrezionalità alla medesima attribuita dalla normativa di settore (artt. 1, comma 3 e 13, comma 6 della legge n. 247 del 2012).

In terzo luogo, la Sezione rileva che le disposizioni in esame, nel recepire alcune delle proposte formulate dal CNF con la nota prot. n. 28992.U del 1° giugno 2017, risultano adeguate, in linea di principio e salvo quanto appena rilevato in materia di soglie minime di riduzione dei compensi professionali, ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dalla stessa Amministrazione proponente, di cui si è detto al precedente n. 1.

Al riguardo, la Sezione deve tuttavia evidenziare che l´effettivo raggiungimento di tali obiettivi potrà essere compiutamente valutato soltanto a seguito della concreta applicazione della normativa de qua, attraverso l´esame e il monitoraggio da parte dell´Amministrazione - che potrà all´uopo avvalersi anche del contributo fornito dal CNF - delle pronunce di liquidazione impugnate dinanzi ai competenti organi giurisdizionali in ragione del mancato rispetto dei parametri previsti dalla normativa di cui si converte.

Infine, la Sezione prende atto del fatto che dalle modifiche introdotte dall´intervento normativo in esame "non sembrano derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato", e ciò anche con riferimento agli eventuali riflessi indiretti della disciplina in esame sui costi connessi al patrocinio a spese dello Stato che - come evidenziato dalla stessa Amministrazione con la relazione tecnica depositata in atti - "potranno essere coperti nei limiti degli stanziamenti di bilancio disponibili a legislazione vigente".

 

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