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Con la pronuncia n. 35424 dello scorso 18 dicembre in tema di responsabilità medica e termine per la proposizione della querela, la IV sezione penale della Corte di Cassazione ha negato che il termine per proporre querela, nei casi di colpa medica, decorra "automaticamente" dal deposito della relazione medico legale.
Si è difatti specificato che il termine per proporre la querela per il reato di lesioni colpose determinate da colpa medica inizia a decorrere non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa è venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l'hanno curata.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di due medici, ritenuti colpevoli per il reato di cui all'art. 590 c.p. per la lesioni colpose cagionate ad un paziente.
In particolare, i due chirurghi dimenticavano due garze all'interno dell'addome della paziente una volta rinchiuso l'addome stesso, così causando alla signora lesioni permanenti, rendendosi successivamente necessaria la rimozione di parte dell'intestino.
Per tali fatti, il Tribunale di Lodi condannava i medici alla pena di giustizia.
La Corte di Appello di Milano riformava la sentenza di condanna e assolveva i sanitari dichiarando di non doversi procedere nei confronti dèi medici in ordine al delitto loro ascritto perché l'azione penale non doveva essere iniziata per tardività della querela.
Secondo i giudici di appello, infatti, la querela doveva considerarsi tardiva in quanto la persona offesa aveva avuto conoscenza del fatto di reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva già mesi prima della proposizione della querela, allorquando aveva indirizzato una raccomandata, indirizzata all'azienda ospedaliera, lamentando di aver subito lesioni personali in conseguenza di errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l'avevano curata.
Avverso la sentenza assolutoria ricorreva in Cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Milano, denunciando l'erronea applicazione della legge penale in punto di decorrenza del termine per la presentazione della querela.
A tal fine deduceva che, in tema di colpa medica, il termine per proporre querela doveva essere individuato nella data del deposito dell'elaborato medico-legale e quindi non nell'immediatezza del fatto.
Nel caso di specie, la persona offesa aveva avuto piena contezza del fatto solo molti mesi dopo l'invio della raccomandata all'azienda ospedaliera per il risarcimento dei danni, in quanto la paziente solo nei mesi successivi all'intervento chirurgico "incriminato" – con l'insorgere di svariate patologie – aveva incaricato un medico legale per accertare l'eziologia di siffatte patologie e, all'esito della sua relazione, aveva deciso di presentare la querela.
La Cassazione non condivide la censura formulata, che postula l'assunto erroneo che il termine per proporre querela, nei casi di colpa medica, decorra "automaticamente" dal deposito della relazione medico legale.
Gli Ermellini ricordano che il termine per proporre la querela per il reato di lesioni colpose determinate da colpa medica inizia a decorrere non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa è venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l'hanno curata.
Conseguentemente, ciò che rileva non è tanto la data del deposito della eventuale relazione medico-legale, quanto il momento in cui la persona offesa abbia avuto contezza del fatto che sulla patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del suesposto principio, individuando la data di decorrenza del termine per la proposizione della querela sulla base del contenuto della raccomanda inviata dalla persona offesa all'azienda ospedaliera: dal contenuto della missiva, infatti, si evinceva come la parte fosse perfettamente a conoscenza di aver subito lesioni personali derivanti da una condotta negligente dei medici imputati.
Alla luce di tanto, la Corte rigetta il ricorso.
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