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Chef, non si può lavorare senza esser pagati

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 Alessandro Borghese è un personaggio. Conosciuto prima per essere il primogenito di Barbara Bouchet, poi per le sue tante apparizioni in TV: Camera Cafè, Masterchef Italia, Game of Talent. Per non parlare dello show creato apposta a sua immagine, "Alessandro Borghese - 4 Ristoranti". Già, perchè, oltre a essere uno chef, è anche un imprenditore della ristorazione. Di quelli "top". Ristoranti stellati, dipendenti a decine.

 Ciò che ha detto ieri ha lasciato tutti di stucco: "Lavorare per imparare non significa per forza essere pagati". Così, testualmente, per poi continuare: "I ragazzi vogliono compensi importanti, da subito". Qualcuno gli ha subito rivolto la domanda ovvia: "Ci spieghi, Chef, se i ragazzi dovrebbero lavorare non guadagnando, come potrebbero mantenersi, sposarsi, mettere al mondo dei figli?" Qualcuno ha aggiunto: "Chef, ma non sarà che potrebbe far questo solo chi è "figlio di papà" o si chiama Borghese, e gli altri? Che si fa, li piazzamo in cucina, oppure camerieri ai tavoli e un titolo maitres a quelli più talentuosi per provarli, sempre free?".

 Quelle di Borghese sono parole sbagliate, perfino pericolose. Soprattutto in una Repubblica che dice di essere "fondata sul lavoro" ma che costringe i suoi giovani migliori a una alternativa assurda: espatriare o, con la scusa di imparare un mestiere, esset costretti a guadagnare 3, 4 euro l'ora. Cioè, fuori dai denti, a mendicare con rispetto per chi chiede l'elemosina, per bisogno. Anche con lauree e master prestigiosi, che in questo paese rischiano di valere meno del costo delle pergamene.

Un pò di dignità, suvvia.

 

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