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Cessione immobili, maggior corrispettivo non può presumersi da importo imposta registro

Per le cessioni di immobili e di aziende e per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l´esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito a fini dell´imposta di registro di cui al D.P.R. n. 131 del 1986. Ciò, per effetto dello jus superveniens recato dal D.Lgs. n. 147 del 2015
L´importante principio è stato dichiarato dalla Suprema Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, con Ord., 5 dicembre 2016 n. 24857.
La questione
Il ricorso culminato nella pronuncia in commento era stato proposto dagli eredi del de cuius nei confronti dell´Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 5196/05/2015, con la quale era stata riformata la decisione di primo grado, che aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente, rideterminando il prezzo dell´immobile dalla stessa ceduto.
In particolare, i giudici d´appello, nell´accogliere il gravame dell´Agenzia delle Entrate, respingendo quello incidentale degli eredi dell´originaria contribuente, avevano sostenuto che quest´ultima non era stata in grado di vincere, con idonea prova contraria, la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato per la cessione di un bene al "valore definitivamente attribuito a tale bene ai fini dell´imposta di registro", non essendo stato neppure prodotto il rogito notarile di compravendita.
La decisione della Suprema Corte
La controricorrente Agenzia delle Entrate, a seguito dell´entrata in vigore del D.Lgs. n. 147 del 2015, ha chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere.
Nel merito, la Sezione ha ritenuto fondata la prospettata violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 68 e D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51 in quanto i giudici della C.T.R. avevano ritenuto legittimo un accertamento fondato esclusivamente sul valore determinato ai fini dell´imposta di registro, trascurando così di valutare una serie di elementi probatori offerti dai contribuenti (quali una perizia).
La censura è stata ritenuta fondata - ha precisato la Suprema Corte - in quanto, nelle more del giudizio, è intervenuto il D.Lgs. n. 147 del 2015, il quale all´art. 5, comma 3 prevede che il testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 58, 68, 85 e 86, e il D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 5, 5 bis, 6 e 7 si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende e per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l´esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito a fini dell´imposta di registro di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 1.
La norma - secondo la Corte - è infatti da ritenersi applicabile anche ai giudizi in corso, atteso l´intento interpretativo chiaramente espresso dal legislatore e considerato che, come affermato tra le altre da C.Cost. n. 246 del 1992, il carattere retroattivo costituisce elemento connaturale alle leggi interpretative (Cass. 7488/2016; Cass. 6135/2016).
Come infatti già osservato nella pronuncia n. 7488, "anche ove volesse porsi in dubbio che la norma in esame sia effettivamente interpretativa, e certo che se il riferimento alla interpreta ione da attribuire a norme precedenti non serve per ciò solo ad attribuire ad una norma carattere interpretativo (ove tale carattere essa non abbia effettivamente), tuttavia testimonia dell´intento del legislatore di attribuire ad essa il carattere retroattivo che e proprio della norma interpretativa, intento che nella specie trova ulteriore conferma nel citato art. 5, comma 4 laddove si prevede che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma nulla si prevede per i commi 2 e 3 (disposizioni formulate come norme interpretative) circostanza che contribuisce a togliere ogni dubbio circa l´intento del legislatore di attribuire carattere retroattivo alle previsioni dei suddetti commi".
La sentenza impugnata, non risultando pertanto conforme anche al principio di diritto successivamente affermato da questa Corte, a seguito di ius superveniens, è stata quindi cassata con rinvio.
Segue Ordinanza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello - Presidente -

Dott. MANZON Enrico - Consigliere -

Dott. IOFRIDA Giulia - rel. Consigliere -

Dott. CRUCITTI Roberta - Consigliere -

Dott. CONTI Roberto Giovanni - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27102-2015 proposto da:

C.A., C.I., P.M., C.R., in qualità di credi della sig.ra I.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TORTONA, 4, presso lo studio dell´avvocato STEFANO LATELLA, rappresentati e difesi dall´avvocato ANDREA AMATUCCI giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L´AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

- controricorrente -

e contro

MINISTERO DELL´ECONOMIA E DELLE FINANZE, (OMISSIS);

- intimato -

avverso la sentenza n. 5196/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della Campania SEZIONE DISTACCATA di SALERNO del 9/03/2015, depositata l´01/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Svolgimento del processo

P.M., C.A., C.I., C.R., in qualità di eredi di I.M., propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell´Agenzia delle Entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 5196/05/2015, depositata in data 1/06/2015, con la quale - in controversia concernente l´impugnazione, da parte della contribuente I.M., successivamente deceduta, di un avviso di accertamento emesso, per maggiore IRPEF a tassazione separata, dovuta in relazione all´anno d´imposta 2007, per effetto di plusvalenza, asseritamente, realizzata dalla de cuius, I.M., con la cessione di alcuni terreni, - è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente, rideterminando il prezzo dell´immobile ceduto in Euro 800.000,00.

In particolare, i giudici d´appello, nell´accogliere il gravame dell´Agenzia delle Entrate, respingendo quello incidentale degli eredi dell´originaria contribuente, hanno sostenuto che quest´ultima non era stata in grado di vincere, con idonea prova contraria, la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato per la cessione di un bene al "valore definitivamente attribuito a tale bene ai fini dell´imposta di registro", non essendo stato neppure prodotto il rogito notarile di compravendita. L´Agenzia delle Entrate ha depositato in data 10/06/2016 memoria con la quale, essendo intervenuto sulla questione, nelle more del giudizio, il D.Lgs. n. 147 del 2015, rappresenta di avere "con nota del 17/05/2016" "concordato con quanto evidenziato dalla contribuente, circa la cessazione della materia de contendere" e chiede dichiararsi cessata la materia del contendere con compensazione delle spese di lite.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente, la controricorrente Agenzia delle Entrate, a seguito dell´entrata in vigore del D.Lgs. n. 147 del 2015, ha dato atto di avere concordato con la tesi della contribuente ed ha chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere.

Ora, l´istanza non può essere presa in considerazione, essendo stata avanzata dalla parte controricorrente e non risultando dagli atti che si siano verificati fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e da rendere incontestato l´effettivo venir meno dell´interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito (Cass. n. 10553 del 07/05/2009). Vi è la sola dichiarazione dell´Agenzia delle Entrate, con la quale quest´ultima riconosce, sostanzialmente, le ragioni della contribuente, sia pure a seguito dello jus superveniens rappresentato dal D.Lgs. n. 147 del 2015, il che può rilevare soltanto ai fini della pronuncia sulle spese processuali.

2. Tanto premesso, i ricorrenti lamentano, con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 68 e D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51 avendo i giudici della C.T.R. ritenuto legittimo un accertamento fondato esclusivamente sul valore determinato ai fini dell´imposta di registro, con altra sentenza di appello, peraltro, non definitiva, e trascurato di valutare una serie di elementi probatori offerti dai contribuenti (quali una perizia). Con il secondo motivo, gli stessi deducono un vizio di omesso esame circa un fatto decisivo della controversia, inerente alla erronea rideterminazione, da parte dei giudici di primo grado, del corrispettivo della vendita (con incremento del 25% sul prezzo dichiarato nella compravendita), oggetto di specifico motivo di appello incidentale.

3. La prima censura è fondata, con assorbimento della seconda.

Nelle more del giudizio, e intervenuto il D.Lgs. n. 147 del 2015, il quale all´art. 5, comma 3 prevede che il testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 58, 68, 85 e 86, e il D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 5, 5 bis, 6 e 7 si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l´esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito a fini dell´imposta di registro di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 1.

La norma e da ritenersi applicabile anche ai giudizi in corso, atteso l´intento interpretativo chiaramente espresso dal legislatore e considerato che, come affermato tra le altre da C.Cost. n. 246 del 1992, il carattere retroattivo costituisce elemento connaturale alle leggi interpretative (Cass. 7488/2016; Cass. 6135/2016).

Come osservato già da questa Corte nella pronuncia n. 7488 cit. sopra, "anche ove volesse porsi in dubbio che la norma in esame sia effettivamente interpretativa, e certo che se il riferimento alla interpreta ione da attribuire a norme precedenti non serve per ciò solo ad attribuire ad una norma carattere interpretativo (ove tale carattere essa non abbia effettivamente), tuttavia testimonia dell´intento del legislatore di attribuire ad essa il carattere retroattivo che e proprio della norma interpretativa, intento che nella specie trova ulteriore conferma nel citato art. 5, comma 4 laddove si prevede che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma nulla si prevede per i commi 2 e 3 (disposizioni formulate come norme interpretative) circostanza che contribuisce a togliere ogni dubbio circa l´intento del legislatore di attribuire carattere retroattivo alle previsioni dei suddetti commi".

La sentenza impugnata non risulta pertanto conforme anche al principio di diritto successivamente affermato da questa Corte, a seguito di ius superveniens.

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Campania. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione, anche in ordine alla presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2016


 

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