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CdS su mansioni superiori dipendenti pubblici: in difetto condizioni, irrilevanti anche per progressione carriera

Della questione si è occupato il Consiglio di Stato, Sezione V, con la Sentenza 13/06/2016 n. 2539.
La questione controversa concerneva la problematica, già da tempo esplorata dalla giurisprudenza amministrativa, della rilevanza delle "mansioni superiori" nel pubblico impiego.
Palazzo Spada ha ribadito, in proposito, che lo svolgimento di mansioni superiori, cui è correlato il corrispondente riconoscimento economico, necessita che l´atto formale di attribuzione dell´incarico non risulti adottato contra legem e provenga dall´organo titolare del relativo potere rispetto ad un posto vacante di organico, con conseguente copertura finanziaria dei relativi oneri.
Nel pubblico impiego infatti lo svolgimento di fatto di mansioni superiori a quelle dovute in base all´inquadramento è del tutto irrilevante non solo a fini economici (se non a decorrere dall´entrata in vigore del d.lgs. n. 387-1998 ed in ogni caso nel rispetto dei presupposti fissati dalla legge: Ad. plen. 28 gennaio 2000, n. 10, 23 febbraio 2000, n. 11, 24 marzo 2006, n. 3; da ultimo: Sez. V, 2 dicembre 2015, n. 5466), ma anche e soprattutto ai fini della progressione di carriera (cfr. ora l´art. 52, comma 1, T.U pubblico impiego), la quale è inderogabilmente correlata ai meccanismi di avanzamento stabiliti dall´Amministrazione (per il pubblico impiego poi privatizzato: dalla contrattazione collettiva) (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 25 febbraio 2016, n. 774).

Segue Sentenza
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 11059 del 2004, proposto da:

V.G., rappresentato e difeso dagli avv. Ennio Di Giacomo e Marcello Greco, con domicilio eletto presso l´avv. Marcello Greco in Roma, via Paolo Emilio, n. 57;

contro

Comune di Latina, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall´avv. Francesco Di Leginio, con domicilio eletto presso l´avv. Paolo Pontecorvi in Roma, via Bocca di Leone, n. 76;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lazio, Latina, n. 00974/2003, resa tra le parti, concernente il diritto all´inquadramento nella qualifica di Capo Movimento e Traffico Principale.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l´atto di costituzione in giudizio del Comune di Latina;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell´udienza pubblica del giorno 21 aprile 2016 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Marcello Greco e Francesco Paolo Cavalcanti, su delega dell´avv. Francesco Di Leginio;

Svolgimento del processo

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, con la sentenza 19 novembre 2003, n. 974, ha dichiarato in parte inammissibile ed in parte ha respinto il ricorso proposto dall´attuale appellante per il riconoscimento del suo diritto all´inquadramento nella qualifica di Capo Movimento e Traffico Principale del Comune di Latina, con assegnazione del terzo livello dal 23 settembre 1985 e del secondo livello dal 9 novembre 1989, nonché per la declaratoria del diritto al pagamento delle relative differenze retributive.

L´appellante ha contestato la sentenza del TAR, riproponendo, nella sostanza, i motivi del ricorso di primo grado.

Si è costituito in giudizio il Comune di Latina, chiedendo la reiezione dell´appello.

Con ordinanza 23 marzo 2015, n. 1555, la Sezione ha dichiarato interrotto il processo a causa del decesso del difensore dell´appellante.

Con atto notificato al Comune di Latina in data 23.6.2015 il giudizio è stato riassunto.

All´udienza pubblica del 21 aprile 2016, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. L´infondatezza dell´appello consente di prescindere dall´esame delle eccezioni formulate dal Comune di Latina sia quanto alla dedotta inammissibilità del gravame per l´asserita carenza di specifiche censure nei confronti della sentenza impugnata, sia quanto alla prescrizione delle somme eventualmente dovute.

2. Nel merito, come accennato, il gravame è infondato.

La questione controversa concerne la problematica, già da tempo esplorata dalla giurisprudenza amministrativa, della rilevanza delle "mansioni superiori" nel pubblico impiego.

E´ stato al riguardo ripetutamente ribadito che lo svolgimento di mansioni superiori, cui è correlato il corrispondente riconoscimento economico, necessita che l´atto formale di attribuzione dell´incarico non risulti adottato contra legem e provenga dall´organo titolare del relativo potere rispetto ad un posto vacante di organico, con conseguente copertura finanziaria dei relativi oneri.

Nel pubblico impiego infatti lo svolgimento di fatto di mansioni superiori a quelle dovute in base all´inquadramento è del tutto irrilevante non solo a fini economici (se non a decorrere dall´entrata in vigore del d.lgs. n. 387-1998 ed in ogni caso nel rispetto dei presupposti fissati dalla legge: Ad. plen. 28 gennaio 2000, n. 10, 23 febbraio 2000, n. 11, 24 marzo 2006, n. 3; da ultimo: Sez. V, 2 dicembre 2015, n. 5466), ma anche e soprattutto ai fini della progressione di carriera (cfr. ora l´art. 52, comma 1, T.U pubblico impiego), la quale è inderogabilmente correlata ai meccanismi di avanzamento stabiliti dall´Amministrazione (per il pubblico impiego poi privatizzato: dalla contrattazione collettiva) (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 25 febbraio 2016, n. 774).

Nel caso in esame nessuna delle condizioni individuate dalla giurisprudenza concorre a legittimare la pretesa dell´appellante, atteso che trattasi di rivendicazioni che si riferiscono a periodi antecedenti al 1998; l´appellante, infatti, risulta essere stato posto in quiescenza in data 1 luglio 1994, come da deliberazione di Giunta Municipale 13 giugno 1994, n. 988.

D´altra parte l´appellante prospetta la propria rivendicazione di riconoscimento di mansioni superiori, con conseguente richiesta delle differenze economiche, sulla base di una mera elencazione di attività svolte nel tempo.

Ciò non è in alcun modo sufficiente a suffragare la relativa domanda, non costituendo prova delle mansioni superiori asseritamente svolte, essendo appena il caso di rilevare che i provvedimenti amministrativi che hanno interessato lo status giuridico dell´appellante, a partire dalla sua assunzione in servizio presso il Comune di Latina, non solo risultano caratterizzati dall´affidamento di compiti amministrativi riconducibili nelle mansioni proprie della qualifica funzionale -professionale attribuitagli, per quanto non risultano neppure ritualmente e tempestivamente contestati in sede giurisdizionale.

3. Sulla base di tali osservazioni l´appello deve essere respinto.

Le spese del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull´appello principale come in epigrafe indicato, lo respinge.

Condanna l´appellante alla rifusione in favore del Comune di Latina delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in Euro. 2.000,00 (duemila), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2016 con l´intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo´ Lotti, Consigliere, Estensore

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

 

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