Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sesta Sezione Penale, con sentenza n. 6864/2016, resa in esito all´udienza del 9/2/2016.
Il principio di diritto enunciato dalla Corte di legittimità è che alla parte offesa di reati commessi con violenza deve inderogabilmente essere notificata, ai sensi dell´art. 299 comma 4 bis CPP, la richiesta avanzata dal difensore dell’imputato tendente ad ottenere la revoca o la modifica di misure coercitive.
Qualora tale incombente sia stato omesso, la parte offesa è legittimata a ricorrere in Cassazione per chiedere l’annullamento del provvedimento concessorio più favorevole per l’indagato/imputato.
Ciò, in considerazione della corretta interpretazione del menzionato art. 299, comma 4-bis, come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. b), n. 3, del D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119, secondo il quale "Dopo la chiusura delle indagini preliminari, se l´imputato chiede la revoca o la sostituzione della misura con altra meno grave ovvero la sua applicazione con modalità meno gravose, il giudice, se la richiesta non è presentata in udienza, ne dà comunicazione al pubblico ministero, il quale, nei due giorni successivi, formula le proprie richieste. La richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282 bis, 282ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest´ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio".
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