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Cassazione: ricorso prolisso a rischio di inammissibilità !

Un ricorso estremamente lungo non è necessariamente indice di una buona difesa, rischiando anzi, se giudicato ingiustificatamente prolisso, di esporre la parte alla sanzione troncante di inammissibilità, e il legale ad una conseguente azione risarcitoria da parte del rappresentato.
La violazione del principio di sinteticità degli atti, se non determina di per se stessa l´inammissibilità del ricorso per cassazione, espone al rischio di una declaratoria d´inammissibilità dell´impugnazione. Detta violazione, infatti, rischia di pregiudicare l´intelligibilità delle questioni sottoposte all´esame della Corte, rendendo oscura l´esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata e quindi, in definitiva, ridondando nella violazione delle prescrizioni, queste sì assistite da una sanzione testuale di inammissibilità, di cui ai nn. 3 e 4 dell´articolo 366 c.p.c..
E´ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione II Civile, con Sentenza 20 ottobre 2016, n. 21297 (qui allegata).
Nella fattispecie, la Suprema Corte è stata investita dell´esame di una impugnazione che constava di ben 251 pagine e di 18 motivi di impugnazione, dichiarandolo appunto inammissibile.
Secondo la Corte, l´impugnazione era ingiustificatamente prolissa. Le premesse, dedicate alla ricostruzione dei fatti di causa, consistevano nella mera trascrizione di ampi stralci dell´atto di appello, ed in più il legale patrocinante aveva ritenuto necessario riportare integralmente il contenuto di alcuni documenti esaminati nel grado, non risultando neppure comprensibile l´individuazione del thema decidendum, come anche la parte del dictum della Corte territoriale che si intendeva gravare in sede di legittimità.
Tale tecnica redazionale, ha dichiarato la Suprema Corte, è del tutto incompatibile con i principi che definiscono le modalità di introduzione del giudizio di legittimità, discendenti dall´art. 366 c.p.c.
Richiamando la propria giurisprudenza, la Sezione ha ribadito che il requisito della sommaria esposizione dei fatti della causa non può ritenersi soddisfatto dalla trascrizione degli atti del giudizio di merito, tanto che le Sezioni Unite hanno ritenuto che il requisito dell´art. 366, n. 3, c.p.c. è considerato alla stregua di una mera narrazione del difensore, che è tenuto a rappresentare e riassumere la vicenda dedotta in giudizio e lo svolgimento del processo, mediante una sintesi in grado di consentire al Collegio la piena comprensione delle doglianze rispetto alla sentenza impugnata.
Il mancato rispetto di tale precetto, ha spiegato la Suprema Corte, espone il ricorrente per cassazione al rischio di una declaratoria d´inammissibilità dell´impugnazione, in quanto esso collide con l´obiettivo di attribuire maggiore rilevanza allo scopo del processo, tendente ad una decisione di merito, al duplice fine di assicurare un´effettiva tutela del diritto di difesa di cui all´art. 24 Cost., e di evitare di gravare sia lo Stato che le parti di oneri processuali superflui.
Ciò, nonostante la violazione del principio di sinteticità non sia presidiato da una espressa sanzione processuale, dato che, per quanto detta inammissibilità non possa esser dichiarata automaticamente, la violazione del principio può comunque esporre al rischio concreto della declaratoria d´inammissibilità, qualora a parere del Collegio sia tale da pregiudicare la stessa possibilità di comprensione prima richiamata.
Sentenza allegata

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