Quante volte, per lavoro o magari per timore, abbiamo pensato di registrare con il nostro smartphone una telefonata?
Ebbene la terza sezione penale della Cassazione, nella sentenza n. 5241/2017, ha stabilito che si può fare, sia in uscita che in entrata. Non solo: è ammesso anche fare una ripresa video o scattare immagini fotografiche di fatti o persone da utilizzare in causa, ed anche all´insaputa di questi ultimi.
Una sentenza che farà senz´altro rumore anche se l´orientamento è ormai consolidato: secondo i giudici, infatti, chi partecipa ad una conversazione accetta anche il rischio di essere registrato purché ciò non avvenga in un luogo di propria dimora.
Per cui, ben vengano le registrazioni avvenute all´aperto, in un locale pubblico, nella metro o in qualsiasi altro posto che non sia il domicilio o il luogo di lavoro del soggetto registrato o fotografato.
In pratica insomma non vi è alcun limite: la privacy può subire una deroga tutte le volte in cui è in ballo la tutela dei diritti, e non è necessaria l´autorizzazione dei carabinieri o del giudice visto che laddove le autorità agiscano con registrazioni autonome si rientra nel diverso concetto di intercettazioni, che sono quelle indagini delegate dalla Procura soggette ad una serie di altri limiti.
È altresì legittima la registrazione di una conversazione telefonica, effettuata da uno dei partecipanti al colloquio ed all´insaputa dell´altro, o da una persona autorizzata ad assistervi.
I file così ricavati sono anzi prove documentali valide nel processo e, addirittura, da ritenere "particolarmente attendibili", perché immortalano in via definitiva ed oggettiva un fatto storico: la persona che registra è pienamente legittimata a testimoniare sui fatti salvati sulla memoria del proprio telefonino, il che rende tali registrazioni ancora più difficilmente contestabili.
A dare il via alla discussione è stato il caso di un brigadiere accusato di aver indotto una prostituta ad avere rapporti sessuali e, abusando della sua inferiorità psichica, di aver indotto indebitamente una donna ad avere rapporti sessuali.
Nel rigettare l´impugnazione, gli ermellini hano quindi evidenziato che l´imputato aveva anche filmato integralmente gli incontri sessuali con le donne e dalla visione del filmato e dal contenuto del colloquio erano emersi in maniera inconfutabile i gravi indizi dei reati in contestazione.
Nel caso in questione le riprese sono state effettuate dall´indagato, «ma possono ben essere realizzate dalla stessa vittima di violenze», sottolinea i giudici.
E poi il chiarimento: «le registrazioni, video e/o sonore, tra presenti, o anche di una conversazione telefonica, effettuata da uno dei partecipi al colloquio, o da persona autorizzata ad assistervi – che non commette reato perché autorizzato, costituisce prova documentale valida e particolarmente attendibile, perché cristallizza in via definitiva ed oggettiva un fatto storico – il colloquio tra presenti (e tutto l´incontro, se con video) o la telefonata».
Nella sentenza si spiega ancora: «la persona che registra (o, come nel nostro caso, che viene filmata dallo stesso autore del fatto) infatti è pienamente legittimata a rendere testimonianza, e quindi la documentazione del colloquio esclude qualsiasi contestazione sul contenuto dello stesso, anche se la registrazione fosse avvenuta su consiglio o su incarico della Polizia Giudiziaria».
Secondo i giudici, inoltre «nel particolare caso di violenza sessuale in giudizio, le video registrazioni risultano particolarmente valide, per la ricostruzione oggettiva delle violenze. Le moderne tecniche di registrazione, alla portata di tutti, per l´uso massiccio dei telefonini smart, che hanno sempre incorporati registratori vocali e video, e l´uso di app dedicate per la registrazione di chiamate e di suoni, consentono una documentazione inconfutabile ed oggettiva del contenuto di colloqui e/o di telefonate, tra il violentatore e la vittima. La ripresa video copre a 360 gradi tutto il fatto».
Gli ermellini ricordano che le registrazioni di conversazioni – e di video – tra presenti, compiute di propria iniziativa da uno degli interlocutori, non necessitano dell´autorizzazione del giudice per le indagini preliminari in quanto non rientrano nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma si risolvono, come sopra visto, in una particolare forma di documentazione, non sottoposta ai limiti ed alle formalità delle intercettazioni».
I giudici sottolineano comunque che la registrazione per essere validamente utilizzabile deve essere effettuata da uno dei protagonisti della conversazione: «non è possibile, pertanto, l´estensione dei limiti di applicabilità della normativa codicistica in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali anche alle intercettazioni di conversazioni tra presenti o al telefono svolte non solo da un estraneo, ma anche da uno degli interlocutori della conversazione medesima».
Fonte: Il Mattino, 11 febbraio