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Cassazione: danni non patrimoniali alla privacy, occorre dimostrare lesione effettiva

Con Ordinanza 11 gennaio 216 n. 222, la Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine alla richiesta risarcitoria di un privato utente del S.S.N. nascente dall´illecita dispersione, da parte della p.a., di documenti sensibili riguardanti il suo stato di salute. La domanda di risarcimento era stata fondata in primo grado sul ritenuto danno causato all´attore e discendente dalla mera possibilità che i medesimi atti potessero essere entrati, in conseguenza del predetto smarrimento, nella sfera di conoscibilità di terzi estranei e non legittimati, così ledendo il diritto alla privacy. Secondo la S.C., pur dandosi per provata la responsabilità della struttura sanitaria riguardo lo smarrimento della documentazione contenente i dati supersensibili, appare del tutto arbitrario, tanto sul piano logico che storico, pretendere di inferire da tale dato di fatto, "con un salto logico evidente", l´avvenuta conoscenza dei dati da parte di persone estranee alla funzione amministrativa deputata al loro esame. Infatti, secondo il Giudice di legittimità, possono "essere varie e molteplici le evenienze risolventesi in una dispersione dei documenti (contenenti i dati supersensibili) priva del danno lamentato (o, ancor meglio, solo ipotizzato)". Non essendo stata data piena prova delle superiori evenienze, il ricorso è stato rigettato e la sentenza gravata confermata.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo - Presidente -

Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -

Dott. GENOVESE Francesco Antonio - rel. Consigliere -

Dott. SCALDAFERRI Andrea - Consigliere -

Dott. ACIERNO Maria - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20838/2014 proposto da:

C.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIBULLO 10, presso lo studio dell´avvocato FIORENTINO GUIDO, che lo rappresenta e difende unitamente all´avvocato SERGIO ACQUILINO giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

MINISTERO DELLA DIFESA (OMISSIS), in persona del Ministro in carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VTA DEI PORTOGHESI 12, presso l´AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 942/2014 del TRIBUNALE di GENOVA del 12/03/2014, depositata il 17/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/12/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

udito l´Avvocato Guido Fiorentino difensore del ricorrente che si riporta agli scritti ed insiste per l´accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell´art. 380 bis c.p.c.:

"Con sentenza in data 17 marzo 2014, il Tribunale di Genova ha respinto la domanda proposta dal signor C.E. contro il Ministero della Difesa, per lo smarrimento di documenti contenenti dati sensibili (inerenti lo stato di salute) riguardanti la sua persona, in quanto, avendo proposto istanza per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di diverse sue patologie e per la concessione del beneficio dell´equo indennizzo, era giunto alla conclusione che la documentazione sanitaria che lo riguardava, pur trasmessa dal corpo di appartenenza, era stata smarrita dalla CMO incaricata del suo esame. Secondo il giudice circondariale da un lato non c´era certezza che la documentazione smarrita fosse proprio quella indicata dal ricorrente, che lo smarrimento sia dipeso, dopo la sua ricezione,proprio dalla CMO di La Spezia e, soprattutto, che i documenti siano pervenuti nella concreta disponibilità di terzi (senza il consenso dell´interessato).

Avverso tale sentenza, il C. ha proposto ricorso il Consorzio, con atto notificato il 28 agosto 2014, sulla base di due motivi, con cui denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c., D.Lgs. n. 196 del 2003, artt. 11 e 18; artt. 2056, 2059 e 1226 c.c., D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 15, artt. 2727, 2728 e 2729 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3).

Il Ministero della Difesa ha resistito con controricorso.

Il ricorso, per molti versi inammissibile, appare anche manifestamente infondato.

Infatti, da un lato, perchè sotto le apparenti spoglie della violazione (o falsa applicazione di legge) chiede a questa Corte un sostanziale riesame delle risultanze processuali (sia in ordine al fatto dello smarrimento dei documenti sanitari, alla loro consistenza di atti contenenti particolari dati personali e in ordine al fatto che i medesimi siano giunti a conoscenza di terze persone) ed una diversa valutazione/apprezzamento delle prove e degli elementi forniti, così come compiuta dal giudice di merito, giustapponendo una congerie di doglianze con le quali il ricorrente pone censure miranti alla inammissibile ripetizione del giudizio di merito (attraverso il riesame degli atti e dei documenti oggetto di apprezzamento nella fase di merito) che - con riferimento alle sentenze (come quella oggetto del presente giudizio) pubblicate oltre il termine di trenta giorni successivo all´entrata in vigore della L. n. 134 del 2012, (che ha convertito il D.L. n. 83 del 2012), per le quali è stato dettato un diverso tenore della previsione processuale invocata (ossia, l´art. 360 c.p.c., n. 5) - si infrangono sull´interpretazione così chiarita dalle SU civili (nella Sentenza n. 8053 del 2014): la riformulazione dell´art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall´art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l´anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all´esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l´aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione.

Da un altro lato, in quanto postula l´esistenza di un danno che, in disparte la considerazione giudiziale come solo astratto ed ipotetico, intende far affermare da questa Corte la sua effettività anche al di fuori di una vicenda concretamente accertata nei suoi necessari presupposti, così dimentica del principio già affermato da questa Corte, proprio in materia di danno da trattamento dei dati personali, ed in base al quale Il danno non patrimoniale risarcibile, ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 15, (cosiddetto codice della privacy), pur determinato da una lesione del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali tutelato dagli artt. 2 e 21 Cost., e dall´art. 8 della CEDU, non si sottrae alla verifica della gravità della lesione e della serietà del danno (quale perdita di natura personale effettivamente patita dall´interessato), in quanto anche per tale diritto opera il bilanciamento con il principio di solidarietà ex art. 2 Cost., di cui il principio di tolleranza della lesione minima è intrinseco precipitato, sicchè determina una lesione ingiustificabile del diritto non la mera violazione delle prescrizioni poste dall´art. 11 del codice della privacy ma solo quella che ne offenda in modo sensibile la sua portata effettiva. Il relativo accertamento di fatto è rimesso al giudice di merito e resta ancorato alla concretezza della vicenda materiale portata alla cognizione giudiziale ed al suo essere maturata in un dato contesto temporale e sociale. (Sez. 3, Sentenza n. 16133 del 15/07/2014).

In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale, ai sensi dell´art. 380 bis c.p.c., e art. 375 c.p.c., n. 5, apparendo il ricorso manifestamente infondato".

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione di cui sopra, alla quale risultano essere stati mossi rilievi critici da parte del ricorrente;

che, peraltro, tali osservazioni non possono essere fatte proprie dal Collegio;

che, infatti, da un lato, il ricorso per cassazione non è concepito per ottenere un riesame della controversia, neppure con riferimento ai dati probatori considerati raggiunti (o meno) dal giudice di merito, purchè quest´ultimo abbia consegnato tali risultanze ad una minima motivazione, secondo quanto sopra richiamato, alla stregua dell´art. 360 c.p.c., n. 5 (nella formulazione vigente), dalle SU civili (con la Sentenza n. 8053 del 2014); da un altro, i fatti provati devono risultare decisivi ai fini del conseguimento del risultato utile perseguito;

che, infatti, con riferimento alla riproposizione del complesso dei fatti che sono stati posti a base delle richieste risarcitorie (lo smarrimento dei documenti contenenti i dati super sensibili, non meglio precisati, quando questi erano già pervenuti agli Uffici della struttura pubblicale la loro presumibile conoscenza da parte di terzi) va richiamato il principio di diritto (già posto da Cass. Sez. L, Sentenza n. 6850 del 1982) che ora, alla luce dell´art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo vigente), appare così riformulabile:

"rientra nei compiti del giudice del merito il giudico circa l´opportunità di fondare la decisione sulla prova per presunzioni e circa l´idoneità degli stessi elementi presuntivi a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell´id quod plerumque acddit, essendo il relativo appressamento sottratto al controllo in sede di legittimità se sonetto da motivazione priva di anomalie tali da tramutarsi in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all´esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, ed in particolare, ispirato al principio secondo il quale i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricercati in relazione al complesso degli indizi, soggetti ad una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi, pur senza omettere un apprezzamento così frazionato alfine di vagliare preventivamente la rilevanza dei vari indizi e di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto articolato e globale, con esclusione di qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione";

che, in ogni caso, pur dando per provato il fatto storico dell´ascrivibilità dello smarrimento della documentazione contenente i dati supersensibili alla struttura pubblica sanitaria, appare del tutto arbitrario (sul piano logico e storico) pretendere di inferire dal fatto in sè e per sè considerato, con un salto logico evidente, l´avvenuta conoscenza di tali dati da parte di persone estranee alla funzione amministrativa deputata al loro esame, potendo essere varie e molteplici le evenienze risolventesi in una dispersione dei documenti (contenenti i dati supersensibili) priva del danno lamentato (o, ancor meglio, solo ipotizzato);

che, pertanto, il ricorso va dichiarato manifestamente infondato con il conseguente raddoppio del contributo unificato, poichè il ricorso, proposto successivamente al 30 gennaio 2013 (e rigettato), comporta un ulteriore pagamento del contributo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17;

che le spese di lite vanno, invece, compensate, in ragione della vicenda storica nata da una sicuramente non efficiente gestione della procedura amministrativo - sanitaria.
P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso e compensa fra le parti le spese processuali.

Omettere generalità ed atti identificativi, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell´ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 2 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2016

 

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