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Caso Cucchi, Cassazione: "Medici inerti, spiegazioni su morte non convincenti"

Non ci sono "spiegazioni esaustive e convincenti del decesso di Stefano Cucchi".
Lo ha affermato la Cassazione Penale nelle motivazioni depositate il 10/3/2016, con le quali la Suprema Corte ha spiegato le ragioni dell´annullamento, deciso lo scorso 15 dicembre, dell’assoluzione di alcuni sanitari del "Sandro Pertini", rinviando ad un nuovo processo d´appello per il reato di omicidio colposo. Con la stessa decisione erano stati invece assolti gli agenti di polizia penitenziaria, un altro sanitario e alcuni infermieri.
Orbene, la Suprema Corte, investita del caso su ricorso del Procuratore della Repubblica di Roma, lo ha ritenuto fondato nella parte in cui lamenta "l’insufficienza del percorso motivazionale seguito dalla corte territoriale, in termini di carenza di adeguata motivazione su un punto decisivo ai fini dell’indagine sulla responsabilità degli imputati, rappresentato dall´individuazione della causa naturale della morte di Cucchi e ciò basta a giustificare una pronuncia di annullamento con rinvio, indipendentemente dall´ulteriore problema riguardante la responsabilità dei singoli medici tratti a giudizio".
Premessa la "posizione di garanzia" dei medici a tutela della salute di Stefano Cucchi e la responsabilità, su essi ricadente, di assicurare "con precisione" la sua patologia anche in presenza di una "situazione complessa che non può giustificare l´inerzia del sanitario o il suo errore diagnostico" (...), la Corte ha difatti sottolineato che "l’esatta individuazione della ’causa materiale’ della morte del Cucchi, cioè della patologia che ne ha determinato il decesso, rappresenta, pertanto, il necessario antecedente su cui innestare l’indagine sulla esistenza del nesso di causalità giuridica, che risulterebbe inevitabilmente non esplicabile ove non si raggiungesse la necessaria certezza processuale sulla sussistenza di tale antecedente".
La Corte ha poi ritenuto fondata l´ulteriore censura della Procura di difetto motivazionale della Sentenza, rilevando la mancanza di "certezze" sulla "causa materiale della morte". Questa, infatti, è stata "desunta dal giudice di secondo grado dalla circostanza che le quattro diverse ipotesi avanzate al riguardo da parte dei periti di ufficio (morte per sindrome di inanizione), dai consulenti del pm (morte per insufficienza cardio circolatoria acuta per brachicardia), delle parti civili (morte per esiti di vescica neurologica) e degli imputati (morte cardiaca improvvisa), tutti esperti di chiara fama, non hanno fornito una spiegazione esaustiva e convincente del decesso di Stefano Cucchi".
Hanno quindi errato i giudici di merito per "avere giustificato l’impossibilità di giungere ad una decisione in termini di responsabilità, anche per l’assenza di precise ’linee guida’ nel trattamento della sindrome da inanizione per la complessità e oscurità e atipicità delle condizioni di salute di Cucchi".
Esse, infatti, "non eliminano l’autonomia del medico nelle scelte terapeutiche, giacché questi è sempre tenuto a prescegliere la migliore soluzione curativa, considerando le circostanze peculiari che caratterizzano il caso concreto e la specifica situazione del paziente, nel rispetto della volontà di quest’ultimo, al di là delle regole cristallizzate nei protocolli medici".

 

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