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La Corte Costituzionale con sentenza n.114/18 del 31 Maggio 2018, ha dichiarato l'illegittimità dell'art.57, comma 1, lett. a) del D.P.R. n.602/73, laddove non prevede che siano ammesse le opposizioni di cui all'art.615 c.p.c., nelle controversie che riguardano gli atti dell'esecuzione forzata tributaria, successivi alla notifica della cartella di pagamento o all'avviso di cui all'art. 50 de D.P.R. n. 602 del 1973.La cartella di pagamento è un atto che contiene e racchiude in sé sia il titolo esecutivo che l'atto di precetto, in quanto se da un lato fa conoscere al debitore il credito vantato nei suoi confronti dalla Pubblica Amministrazione, dall'altro costituisce l'ultimo avviso alla cui scadenza si passa all'esecuzione forzata vera e propria.Fino ad oggi il decreto sulla riscossione esattoriale ha previsto, attraverso il pignoramento immediato sui conti correnti del debitore, la possibilità di prelievo diretto dal conto per le cartelle esattoriali non pagate, senza necessità di un intervento del giudice per formalizzare il credito dell'agente della riscossione.Di conseguenza <<sarebbe impedita al debitore opponente ogni possibilità di difesa, consentendo al medesimo di fare opposizione all'esecuzione solo ed esclusivamente per far valere l'impignorabilità dei beni, non anche per tutelarsi da esecuzioni illegittime>>.
L'art. 57 del D.P.R. n.602/73, come sostituito dall'art.16, D.Lgs. n.46/99, disciplina attualmente l'opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi nel regime della riscossione delle imposte sui redditi.Al primo comma recita che: «Non sono ammesse: a) le opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c., fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni; b) le opposizioni regolate dall'articolo 617 c.p.c. relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo».La questione di illegittimità costituzionale dell'art.57, in riferimento agli artt. 3, 24, 54, 97, 111 e 113 della Costituzione, è stata sollevata dai giudici dell'esecuzione nel corso di due diversi procedimenti civili instaurati dal contribuente avverso il concessionario, a seguito di riscossione coattiva nella forma del pignoramento presso terzi.La problematica riguardava atti di esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento, già impugnata innanzi al giudice tributario.Seppur riconosciuta maggiore tutela per il contribuente assoggettato ad esecuzione coattiva, sia con la nuova disciplina del contenzioso tributario (D.Lgs. n. 546 del 1992) che con quella della riscossione mediante ruolo (D.Lgs. n. 46 del 1999), estesa a tutte le entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, è pur vero che, ai sensi dell'art.2 del D.Lgs. n. 546 del 1992 «restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui all'articolo 50 del D.P.R.602/73, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo D.P.R.».
La società attrice contestava il diritto di procedere alla riscossione e non, invece, la mera regolarità formale del titolo esecutivo o di atti della procedura, tale da qualificarsi come opposizione all'esecuzione e non già come opposizione agli atti esecutivi.Il censurato art.57 priverebbe di tutela tutte le ipotesi di opposizione alla riscossione, intesa come diritto di procedere alla stessa.Ciò sia nel caso in cui il giudizio di impugnazione della cartella di pagamento sia pendente dinanzi al giudice tributario, non competente a giudicare su atti successivi, che nel caso di fattispecie fuori dall'area della giurisdizione del giudice tributario, per la quale non sia ammissibile il ricorso ex art. 19 del D.Lgs. n. 546/92.Si pensi all'ipotesi di avvenuto adempimento del debito tributario o di una sopravvenuta causa di estinzione dello stesso, per essersi avvalso il contribuente di misure di favore per l'eliminazione del contenzioso tributario, come la "rottamazione" delle cartelle di pagamento ex art.6 D.L. n.193/2016. Se il debitore opponente può far valere, con l'opposizione all'esecuzione, solo l'impignorabilità dei beni e non può far rilevare l'illegittimità dell'esecuzione o la carenza dei presupposti dell'esecuzione, è costretto a subire in ogni caso l'esecuzione, ancorché ingiusta.Il contribuente, quindi, continuerebbe, come in passato, ad avere la sola possibilità di agire per il risarcimento del danno, presentando successivamente una richiesta di rimborso di quanto ingiustamente percetto dall'amministrazione finanziaria o dal suo concessionario per la riscossione.Si appalesa, dunque, in violazione dell'art.3 della Costituzione un trattamento differente tra contribuenti che sono in grado di pagare immediatamente l'intero tributo e quelli che, invece, non hanno mezzi sufficienti per farlo.La Corte Costituzionale ha stabilito, in conclusione, che il contribuente, nelle controversie sugli atti all'esecuzione forzata tributaria successiva alla notifica della cartella o all'atto di intimazione ad adempiere, può proporre opposizione, a norma dell'art.615 c.p.c., dinanzi al giudice ordinario dell'esecuzione contestando anche il diritto di procedere all'esecuzione.
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Il mio nome è Carmela Patrizia Spadaro. Esercito la professione di Avvocato nel Foro di Catania. Sin dal 1990 mi sono occupata di diritto tributario formandomi presso la Scuola Tributaria "Ezio Vanoni" - sez.staccata di Torino.. Sono anche mediatore iscritta all'Albo della Camera di mediazione e conciliazione del Tribunale di Catania dal 2013. Da alcuni anni mi occupo di volontariato per la tutela dei diritti del malato. Nel tempo libero coltivo I miei hobbies di fotografia e pittura ad olio.