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Il cambiamento di culto religioso di uno dei coniugi è causa di separazione ? La decisione della Cassazione

A questo delicatissimo (e ricorrente) quesito ha cercato di rispondere la Corte di Cassazione con una recentissima decisione (sez. VI Civile - 1, ordinanza 11 aprile - 19 luglio 2016, n. 14728) esprimendosi proprio in merito ad una separazione che, a detta della moglie, era stata causata dall´adesione del marito ad un nuovo culto religioso, nello specifico quello dei testimoni di Geova.
Tale mutamento di credo, secondo i giudici di merito, non poteva ritenersi catalogabile quale elemento decisivo della rottura dell´unione familiare, non essendo possibile addebitare esclusivamente ad una parte (il coniuge) la responsabilità della separazione.
Secondo quanto enunciato dalla Cassazione, nonostante l´incidenza sull´armonia della coppia, il mutamento di fede religiosa da parte di uno dei coniugi e la conseguente partecipazione dello stesso alle pratiche collettive del nuovo culto, configurandosi come esercizio dei diritti garantiti dall´art. 19 Cost., non possono rappresentare, in quanto tali, ragioni sufficienti a giustificare la pronuncia di addebito della separazione, a meno che l´adesione al nuovo credo religioso non si traduca in comportamenti incompatibili con i concorrenti doveri di coniuge e di genitore previsti dagli artt. 143 e 147 cod. civ., in tal modo determinando una situazione di improseguibilità della convivenza o di grave pregiudizio per l´interesse della prole.
Correttamente, pertanto, ha spiegato la Sezione, la Corte di merito aveva ritenuto inconferente qualsiasi indagine in ordine ai principi ispiratori della nuova confessione religiosa abbracciata dal marito ed al sistema di valori dalla stessa predicato tra i suoi aderenti e propagandato tra il pubblico, limitandosi a rilevare che si trattava di un culto riconosciuto dallo Stato: indipendentemente dalla possibilità di desumere da tale riconoscimento un giudizio positivo in ordine alla compatibilità dei predetti principi e valori con quelli che l´ordinamento dello Stato pone a fondamento dell´istituto familiare, così come delineato dalla Carta costituzionale e dal-la disciplina codicistica, l´accettazione degli stessi da parte del controricorrente in tanto avrebbe potuto legittimare l´affermazione della sua responsabilità nel fallimento dell´unione in quanto avesse trovato espressione in atteggiamenti concreti non meramente dissonanti dal predetto modello, ma chiaramente contrari ai do¬veri di condotta che ne scaturiscono a carico dei coniugi.
Nel caso de quo, invece, era emerso semplicemente che «le affermazioni di principio contenute nei testi ufficiali dei testimoni di Geova» sono «espressione di una concezione della vita e della famiglia diverse da quella cattolica».
In ordine all´affidamento dei figli i Giudici di Piazza Cavour hanno precisato come sia da escludere che «la scelta spirituale compiuta dall´uomo possa costituire di per sé una ragione sufficiente» ad escludere «l´affidamento condiviso».
Tale modalità di affidamento sembra tra l´altro del tutto adatta al caso specifico essendo inoltre emerso che, «nonostante le diverse convinzioni religiose», entrambi i coniugi «paiono effettivamente legati ai figli e capaci di accudirli nella quotidianità».
In tal senso la Corte si è limitata ad indicare delle "precauzioni" finalizzate ad «evitare che l´armonio sviluppo della personalità dei minori (di 13 e 10 anni) possa essere pregiudicato dall´effetto traumatico di un improvviso contatto con le nuove convinzioni religiose del padre, così diverse da quelle finora professate nell´ambito familiare».
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