La sede della Banca Popolare di Bari
Secondo le indagini, in almeno un paio di casi alcuni azionisti di rilievo (tra cui imprenditori di primo livello in città) sarebbero riusciti a vendere le loro azioni scavalcando l´ordine cronologico dei venditori
Un´altra sconfitta giudiziaria per la Banca Popolare di Bari. Questa volta l´istituto sarà costretto a tirare fuori il registro elettronico contenente l´ordine cronologico di vendita delle azioni della Bpb. È quanto è stato stabilito da un sentenza della quarta sezione civile del tribunale di Bari a firma del giudice Sergio Cassano. La sentenza condanna la banca a consegnare copia del registro elettronico, in cui sono elencate tutte le operazioni di compravendita delle azioni in ordine di tempo, a un socio della stessa banca che ne aveva fatto richiesta.
L´istituto si era opposto alla richiesta dichiarando che in questo modo si sarebbe violata la privacy degli altri azionisti, ma il giudice ha respinto l´opposizione. Per capire la portata che questa sentenza potrebbe avere sul caso delle azioni della Bpb bisogna tornare indietro nel tempo. Alle aste che si sono tenute negli anni scorsi. Come quella del 18 marzo del 2016. In quel periodo i titoli della banca possono circolare soltanto in un mercatino interno, visto che la Popolare non si è ancora quotata sul mercato secondario (lo farà solo dal 30 giugno di quest´anno) e non è quotata in Borsa.
Fra i 69mila azionisti della Bpb c´è fermento e il numero di soci intenzionati a vendere aumenta di giorno in giorno anche perché il prezzo per ogni singola azione è ancora molto alto, pari a 9,53 euro per titolo azionario, e si comincia a temere un deprezzamento in vista della trasformazione della Popolare in Spa così come previsto dal decreto banche del governo Renzi (trasformazione non ancora avvenuta). Vendere le azioni, però, non è così facile. Inoltre bisogna rispettare l´ordine cronologico di vendita. Chi ha fatto richiesta di vendita prima è in alto nell´elenco dei venditori. Quel 18 marzo è l´ultima asta utile prima dell´assemblea del 24 aprile in cui le azioni della Bpb sono passate da 9,53 euro a 7,50 euro per titolo, subendo il primo calo (attualmente valgono 6,60 euro a titolo).
Da allora è diventato molto difficile per i quasi 70mila azionisti rivendere i loro titoli prima che il prezzo cali ancora. Nel frattempo sulla vicenda delle azioni la magistratura barese ha acceso i riflettori. L´ultima inchiesta in ordine di tempo risale al 30 agosto scorso e ha portato all´iscrizione dei vertici dell´istituto (compresi Marco Jacobini e i figli Gianluca e Luigi) nel registro degli indagati per varie ipotesi di reato tra cui presunte irregolarità nei bilanci. Prima di questa però, nel dicembre del 2016 c´è stata un´altra inchiesta che ruota proprio attorno all´asta del marzo 2016. Qualcuno in quell´asta riuscì a vendere prima. Circa 2 milioni di azioni furono messe sul mercato a prezzo pieno, prima del calo a 7,50 euro.
Secondo le indagini, in almeno un paio di casi alcuni azionisti di rilievo (tra cui imprenditori di primo livello in città) sarebbero riusciti a vendere le loro azioni scavalcando l´ordine cronologico dei venditori. Anche la famiglia De Bartolomeo avrebbe venduto oltre 430mila euro azioni della Bpb incassando più di 4 milioni di euro prima che il valore del titolo calasse del 21 per cento. Una tesi fortemente smentita fin dall´inizio sia dalla banca che dalla stessa famiglia De Bartolomeo che negò di aver ottenuto qualsiasi guadagno dalle operazioni. Ora è proprio su questi punti che la sentenza del tribunale di Bari del 27 settembre scorso potrebbe rappresentare una svolta.
Quella sentenza nasce da un decreto ingiuntivo presentato in estate da un azionista barese, assistito dall´avvocato Domenico Romito (rappresentante degli Avvocati dei consumatori) che nel lontano 1996 ha acquistato circa 430 azioni e che ha cercato di rivendere invano da dicembre del 2015: "Più volte la banca si era rifiutata di consegnare l´ordine cronologico di vendita adducendo non meglio identificate esigenze di riservatezza". La sentenza del giudice è però chiara: "Il socio deve essere ammesso all´esame dei registri elettronici degli ordini di vendita e di acquisto e quini ha diritto di ricevere copia documentale delle relative risultanze e per tale ragione è legittimato ad avvalersi dello strumento processuale monitorio per ottenere la consegna di tale documentazione".
Adesso l´esame di quel registro secondo l´avvocato Romito "consentirà la verifica della posizione del socio al momento del conferimento dell´ordine e di comprendere se l´ordine non è stato eseguito in favore di altri soci che hanno presentato dopo la richiesta di vendita. Sarà possibile fare luce sulla regolarità delle transazioni". Dal fronte dell´istituto però c´è la massima tranquillità: "La Banca si è sempre comportata in maniera trasparente, dovendo sempre tutelare la privacy della propria clientela".
Fonte:
Repubblica.it - Bari - di ANTONELLO CASSANO 04 Ottobre 2017