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Azioni esecutive contro gli enti in dissesto: rileva la data dei fatti da cui origina il credito

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 Con la sentenza n. 1245/2018 la Sezione Prima del T.A.R. Sicilia – Catania ha analiticamente illustrato la normativa di settore, ripercorrendo la sua interpretazione giurisprudenziale formatasi negli ultimi anni, superandola, e giungendo alla conclusione per cui è ammissibile il giudizio di ottemperanza contro gli enti in stato di dissesto soltanto: a) in relazione a provvedimenti giurisdizionali afferenti a fatti di gestione accaduti dopo il 31 dicembre dell'ultimo esercizio in cui fu approvato il bilancio dell'ente poi dichiarato in dissesto; b) in relazione a provvedimenti giurisdizionali rispetto ai quali non si dia luogo ad azioni esecutive "pure".

I fatti di causa: la Ditta ricorrente ha introdotto un giudizio di ottemperanza contro il Comune debitore di una somma di denaro dovuta per l'esecuzione di lavori edili, come accertato con sentenza del 2017, notificata con formula esecutiva e passata in giudicato nel medesimo anno.

La stessa Ditta ha evidenziato in ricorso che non rileva, nel caso di specie, che l'ente debitore sia stato dichiarato in stato di dissesto finanziario, poiché ciò era accaduto tramite deliberazione del Consiglio del 2014, ovverosia in data antecedente alla formazione del titolo esecutivo, invocando a tale riguardo la favorevole interpretazione del Consiglio di Stato secondo la quale "i crediti derivanti da sentenze passate in giudicato in epoca successiva alla dichiarazione di dissesto dell'ente locale non entrano nella massa passiva della procedura di liquidazione straordinaria anche se il fatto genetico dell'obbligazione è anteriore alla dichiarazione, ma seguono le ordinarie procedure di liquidazione dei debiti dell'ente locale" (Consiglio di Stato, n. 3232/2013).

Il Comune debitore non si è costituito in giudizio; il ricorso è stato dichiarato inammissibile per i seguenti motivi.

 Il T.A.R. ha illustrato in via preliminare la specifica normativa di riferimento ovverosia gli artt. 248 e 252 del T.U.E.L., secondo i quali dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui al successivo art. 256 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell'ente per i debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione […] l'organo straordinario di liquidazione ha competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato.

Dopodiché l'adito Tribunale ha dichiarato di non ignorare l'orientamento giurisprudenziale invocato dalla ricorrente, il quale aveva assunto, come criterio di ammissibilità o meno di azioni esecutive contro enti in dissesto, il momento dell'accertamento del credito tramite sentenza passata in giudicato a prescindere dal quando si fossero verificati i fatti da cui aveva avuto origine il credito accertato in sentenza.

Tuttavia, il T.A.R. siciliano ha ritenuto di dover aderire a opposta tesi, ritenuta più saldamente ancorata alla norma di interpretazione autentica del sopra citato art. 252 TUEL, di cui all'art. 5 D.L. n. 80/2004, convertito con L. n. 140/2004.

Secondo detta norma, l'art. 252 e l'art. 254 (debiti da inserirsi nella massa passiva) devono essere interpretati nel senso che si intendono compresi in dette fattispecie tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati, anche con provvedimento giurisdizionale, successivamente a tale data.

Appare evidente che, alla luce di detta disposizione, finisce col diventare del tutto irrilevante la data di emissione del titolo giudiziario di accertamento del credito, poiché la competenza funzionale dell'organismo di liquidazione si radicherebbe con riferimento all'origine temporale del fatto da cui il credito deriva e non dal momento del relativo accertamento.

Secondo l'adito T.A.R. la ratio della norma, condivisa dal Collegio giudicante, è quella di isolare i costi economici della gestione dissestata entro i confini della procedura concorsuale volta al risanamento dell'ente e di evitare che le scelte gestionali pregresse, maturate durante la gestione diseconomica, continuino a produrre senza limiti i loro effetti negativi sui futuri bilanci.

A sostegno di detta scelta interpretativa, il Tribunale siciliano ricorda altresì la pronuncia della Corte Costituzionale n. 154/2013 – su analoghe disposizioni normative –, secondo la quale in una procedura concorsuale – come quella del dissesto de quo – una norma che ancori a una certa data il fatto o l'atto genetico dell'obbligazione è logica e coerente proprio a tutela dei creditori, mentre la circostanza che l'accertamento del credito avvenga successivamente è irrilevante. A opinione della Corte Costituzionale anzi sarebbe irragionevole il contrario, giacché non sarebbe affatto auspicabile la mancanza di una norma precisa contenente i criteri per individuare la competenza commissariale poiché tutto sarebbe affidato alla casualità del momento in cui si forma il titolo esecutivo.

 A ciò si aggiunga che l'adito T.A.R. ha altresì affrontato la fattispecie anche sotto altro profilo.

Il Tribunale amministrativo, infatti, ha aderito alla risalente pronuncia dell'Adunanza plenaria n. 4/1998, secondo la quale si può derogare al principio dell'inibitoria del ricorso di ottemperanza – in quanto misura coattiva di soddisfacimento individuale del creditore – contro gli enti in dissesto qualora non si tratti di azioni esecutive cc.dd. "pure" bensì di azioni esecutive aventi un sostanziale contenuto di cognizione (per esempio perché finalizzate a quantificare somme effettivamente dovute in base a un giudicato che si sia limitato ad accertare il diritto di credito, individuando soltanto i parametri di concreta determinazione del medesimo). In tale caso il giudice dell'ottemperanza, anche mediante un proprio commissario, può liquidare le somme effettivamente dovute, segnalando l'esistenza e l'importo del credito all'organo straordinario di gestione.

Per questi motivi, il T.A.R. Catania, preso atto che i fatti genetici del diritto di credito fossero anteriori alla dichiarazione di dissesto avvenuta nel 2014, pur essendo essi stati accertati con sentenza passata in giudicato nel 2017, e ritenendo che la sentenza di accertamento del credito fosse specificamente determinata nella parte relativa alla condanna al pagamento di una precisa somma di denaro senza margini di cognizione per il G.E. e che, quindi, si trattasse di giudizio di ottemperanza/azione esecutiva pura, ha dichiarato il ricorso inammissibile e ha compensato le spese in relazione ai non univoci approdi giurisprudenziali in materia.

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