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Avvocati: quando la gestione del denaro dei clienti integra illecito disciplinare?

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Gestione del denaro altrui e deontologia professionale

L'avvocato, nell'esercizio delle sua professione, potrebbe ritrovarsi a gestire il denaro per conto del suo assistito o per conto di terzi. In tali casi, l'avvocato:

  • deve gestire il denaro in modo diligente, non trattenendo le somme ricevute oltre il tempo necessario;
  • non deve strumentalizzare il suo ruolo di difensore dei diritti «per organizzare una macchinazione che gli consenta di impossessarsi delle somme dei propri assistiti».

Ove ciò accada, il comportamento del professionista «si pone in assoluto ed irrimediabile contrasto non solo con la deontologia professionale ma anche con i più elementari canoni etici» (CNF, n. 128/2015), quali i doveri di correttezza, diligenza, probità e dignità [1].

La gestione del denaro altrui nella prassi

Si ritiene che:

  • è rilevante dal punto di vista deontologico il comportamento dell'avvocato che si concretizza nel trattenere le somme ricevute per conto della parte assistita oltre il tempo strettamente necessario, ossia per alcuni mesi senza alcuna giustificazione «Viola altresì in modo grave i doveri di correttezza, diligenza, probità e dignità che devono presiedere alla sua attività, il professionista che [...] abbia omesso di dare alla propria parte assistita le informazioni cui è tenuto, e di rendere conto delle somme ricevute dalla controparte nell'esecuzione dell'incarico e ancora di mettere prontamente a disposizione quelle incassate» (CNF, n. 14/2018);
  • l'avvocato può trattenere, oltre il tempo strettamente necessario, il denaro del suo assistito, con il consenso specifico ed espresso di quest'ultimo (quindi consapevole e mai per facta concludentia), fatto comunque sempre salvo l'obbligo di rendiconto(CNF, n. 105/2017). Ne consegue che l'avvocato non può gestire il denaro del cliente in modo difforme dagli accordi presi, imputando a pagamento dei propri onorari una somma ricevuta dal proprio assistito ad altro titolo (CNF, n. 342/2016). E ciò in considerazione del fatto che in questi casi non opera il principio della compensazione perché detta condotta sarebbe il frutto di un'unilaterale appropriazione di somme che l'avvocato ha presso di sé per conto del cliente, senza il consenso di questi (CNF, 401/2016)
  • «integra illecito disciplinare la condotta dell'avvocato che trattenga per sé il denaro ricevuto dal cliente al fine di consegnarlo a controparte»(CNF, n. 4/2018);
  • commette illecito disciplinare l'avvocato che approfitta «delle debolezze psichiche della propria assistita per farsi rilasciare procura a operare sul conto corrente della stessa con l'obiettivo di sottrarle ingenti somme di denaro, che nel frattempo vi ha fatto appositamente confluire» (CNF, n. 128/2015).
  • «è legittima la sanzione disciplinare nei confronti dell'avvocato che non fornisce dimostrazione di aver dato pieno e compiuto rendiconto dell'attività di gestione della somma affidatagli né tantomeno una ricostruzione precisa delle somme gestite per conto del cliente» (CNF, n. 229/2015);  
  • costituisce illecito disciplinare la condotta del professionista che si fa consegnare dal cliente una notevole somma giustificando detta richiesta con la necessità – non sussistente – di costituire un fondo cauzionale per la definizione di potenziali contenziosi pendenti con l'Agenzia delle Entrate (CNF, 67/2015).
  • «commette illecito disciplinare l'avvocato che, in qualità di Curatore fallimentare, si appropri di somme spettanti alla Curatela, così violando i doveri di probità, dignità e decoro [...] nonché quelli relativi alla gestione del denaro altrui» (CNF, n. 70/2013);
  • costituisce violazione del codice deontologico, «il comportamento dell'avvocato che effettui dei prelievi dal conto corrente del cliente, in mancanza di mandato o di autorizzazione di quest'ultimo» (CNF, n. 4/2013):
  • l'appropriazione senza titolo e la mancata restituzione di denaro spettante al cliente integrano illeciti disciplinari e producono un pregiudizio che persiste sino a quando non cessino le su dette condotte. Dalla data di cessazione inizia a decorrere la prescrizione quinquennale dell'azione disciplinare (CNF, n. 208/2012).

Note

[1] Art. 30 Codice deontologico forense:

«L'avvocato deve gestire con diligenza il denaro ricevuto dalla parte assistita o da terzi nell'adempimento dell'incarico professionale ovvero quello ricevuto nell'interesse della parte assistita e deve renderne conto sollecitamente. 2. L'avvocato non deve trattenere oltre il tempo strettamente necessario le somme ricevute per conto della parte assistita, senza il consenso di quest'ultima. 3. L'avvocato, nell'esercizio della propria attività professionale, deve rifiutare di ricevere o gestire fondi che non siano riferibili ad un cliente. 4. L'avvocato, in caso di deposito fiduciario, deve contestualmente ottenere istruzioni scritte ed attenervisi. 5. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dei doveri di cui ai commi 2 e 4 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da sei mesi a un anno. La violazione del dovere di cui al comma 3 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da uno a tre anni».  

 

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