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Avvocati e il divieto di pluralità di azioni nei confronti della controparte

Avvocati e il divieto di pluralità di azioni nei confronti della controparte

 Il divieto di pluralità di azioni nei confronti della controparte e il dovere etico di lealtà e probità

L'avvocato, nell'esercizio della professione, non può moltiplicare le iniziative giudiziali nei confronti della controparte se non in presenza di effettive ragioni di tutela della parte assistita [1]. Tale divieto è conforme al principio processualmente disciplinato dall'art. 88 c.p.c. che impone al difensore il dovere di lealtà e probità nei rapporti con la controparte (CNF, n. 56/2015). L'avvocato che viola tale divieto porrà in essere un comportamento rilevante dal punto di vista deontologico. «Ai fini della configurabilità dell'illecito disciplinare non sono necessari il dolo o la colpa, ma è sufficiente la sola riferibilità della condotta all'agente, essendo indifferente l'errore o il ritenere che l'atto compiuto non sia professionalmente riprovevole, e risultando altresì irrilevante che il professionista non abbia voluto e nemmeno previsto l'effetto lesivo della propria condotta» (CNF, n. 241/2007).

La minaccia di azioni nei confronti della controparte nella prassi

È stato ritenuto che:

  • viola il divieto in questione, l'avvocato che, «nonostante la modestia del credito e in assenza di motivi d'urgenza, in forza di decisioni favorevoli ai propri clienti relative a cause distinte ma tutte oggettivamente connesse nonché contestuali, notifichi per ciascuna posizione il relativo atto di precetto gravato delle corrispondenti spese, senza informare il legale di controparte e mancando di riscontrarne la richiesta di conteggi per il pagamento spontaneo del dovuto» (CNF, n. 37/2018, inhttps://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=37650);
  • per azioni plurime si intende tutti gli atti aventi carattere propedeutico al giudizio esecutivo e che sono idonei ad aggravare la posizione della controparte. E ciò anche se detti atti non hanno carattere processuale (CNF, n. 236/2017), in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=37256);
  • non viola il divieto in esame, l'avvocato che richieda l'esecuzione di plurimi pignoramenti ove i) sussistano effettive ragioni di tutela della parte assistita o ii) la procedura esecutiva abbia ad oggetto un credito professionale (CNF, n. 65/2018, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=37854);
  • non costituisce un comportamento deontologicamente rilevante quello posto in essere dall'avvocato e consistente nella proposizione di più domande assimilabili per causa petendi e petitum, quando detta proposizione avviene per conto di soggetti diversi e in tempi differenti. In tali casi è esclusa la violazione del divieto in questione in quanto l'esercizio delle plurime azioni non costituisce un comportamento vessatorio, essendo esso finalizzato alla tutela di singoli diritti di più individui (CNF, n. 148/2017, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=36593);  
  • «non vìola il codice privacy (in quanto costituisce adempimento di un obbligo, al quale va quantomeno equiparato quello dell'esercizio del diritto), né è deontologicamente rilevante (in quanto non sussiste violazione dei doveri di correttezza e riservatezza) il comportamento dell'avvocato che, sulla base delle informazioni acquisite nell'espletamento del proprio mandato, notifichi atto di pignoramento presso terzi a plurimi presunti "debitores debitoris", tra cui genitori, parenti e altri familiari della propria controparte, ove ciò corrisponda a effettive ragioni di tutela della parte assistita(nel caso di specie, il professionista veniva sottoposto a procedimento disciplinare con l'accusa di aver attivato una procedura di pignoramento presso terzi nei confronti di molteplici soggetti, tra cui diversi familiari del debitore, al solo asserito scopo di divulgare presso i medesimi terzi pignorati la notizia circa le condizioni economiche del predetto debitore esecutato. Nel corso del procedimento, tuttavia, l'incolpato riferiva di aver ottenuto dal proprio assistito informazioni idonee a ritenere sussistenti potenziali rapporti di credito del debitore esecutato nei confronti dei terzi pignorati, ivi compresi i suoi familiari. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha accolto il ricorso e annullato la sanzione disciplinare comminatagli in primo grado)» (CNF, n. 66/2017, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=36044).


Note

[1] Art. 66 Codice deontologico forense:

«1. L'avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte, quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita. 2. La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura»

 

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