Su un tema in questo momento estremamente dibattuto, pubblichiamo un interessante articolo diffuso da Altalex in data 19 giugno 2017 e riguardante una recentissima sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Sez. lavoro, sentenza 27/04/2017 n° 10437). Di: Maria Spataro
L´esercizio in via esclusiva di un´attività professionale rientrante tra quelle per cui vige l´iscrizione vincolata nel relativo ordine professionale (avvocato, commercialista, giornalista, medico, etc..) di cui all´articolo 2229 cod. civ. costituisce, notoriamente e salvo particolari esenzioni o facoltà previste dai regolamenti degli stessi ordini, il presupposto per il sorgere del diritto alla contribuzione previdenziale in capo alla rispettiva Cassa previdenziale e del correlato obbligo di versamento contributivo in capo al professionista.
Può, tuttavia, accadere che l´esercizio di un´attività libero-professionale in mancanza del detto presupposto legittimi la richiesta del versamento contributivo da parte dell´Ente previdenziale di riferimento, come la sentenza n. 10437 del 27 aprile 2017 pronunciata dalla Sezione lavoro della Corte di Cassazione ci insegna.
Il Supremo Giudice del lavoro ha, invero, respinto, uniformandosi alle decisioni di entrambi i giudici di merito, il ricorso proposto da un avvocato avverso la richiesta di pagamento dei contributi previdenziali avanzata dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, nonostante la dedotta cancellazione dall´albo del professionista per tutto il periodo contributivo preteso e l´esistenza di una convenzione di collaborazione coordinata e continuativa tra il professionista e la società in favore della quale è stata resa l´attività di consulenza assoggettata alla pretesa contributiva, della cui mancata attenta valutazione ai fini della decisione da parte della Corte Territoriale il ricorrente si duole nel suo unico motivo di ricorso.
Dopo aver ricordato che è principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di verificarne l´attendibilità e la concludenza e di scegliere tra le risultanze del processo quelle più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi e che "Conseguentemente, per potersi configurare il vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità tra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità.", il Supremo Giudice del lavoro ha escluso che la pronuncia impugnata fosse affetta da vizi logici nella parte in cui ha affermato l´inesistenza di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa tra il professionista ricorrente e la società a favore della quale era stata resa l´attività incriminata, non ammettendo sul punto la prova testimoniale richiesta già in primo grado dal professionista.
Nell´analisi e nel percorso esegetico della fattispecie concreta, la Corte territoriale ha in sostanza dato rilievo alla riconducibilità all´attività specifica della professione legale della prestazione resa dal ricorrente, sulla scorta di alcuni elementi emergenti dalle risultanze istruttorie in atti, quali la mancanza di compenso fisso, in contrasto con quanto stabilito nella convenzione intercorsa con la committente, la determinazione del compenso impostata secondo i canoni delle tariffe professionali, comprensiva altresì di voci quali onorari, diritti, indennità, compensi, spese generali e contributo integrativo, nonché il rilascio di fatture da parte della studio legale di cui la stessa parte ricorrente risultava essere socia, giungendo così alla conclusione che "quegli specifici compensi che la Cassa forense ha ritenuto di assoggettare a contribuzione fossero stati erogati non già in forza di un rapporto di tale natura bensì in forza di una prestazione libero professionale.".
L´esito, pertanto, non può che essere di rigetto del ricorso e di condanna del professionista ricorrente alle spese di causa.