In mancanza della prova che l´incendio sia dovuto a un difetto di fabbrica dell´impianto elettrico, è negato il risarcimento per il danno all´ autovettura, seppure l´evento si sia verificato solo qualche giorno dopo l´acquisto.
La sentenza che contiene tale dispositivo, è la n.16655/17, della III sezione Civile della Cassazione, depositata il 6 Luglio.
Da "fiammante" a "in fiamme" in soli pochi giorni, la nuovissima autovettura, acquistata da due coniugi, che dopo averla attentamente parcheggiata in garage, la ritrovavano totalmente bruciata. L´incendio che rovinava irreversibilmente il veicolo, aveva per di più arrecato danni all´ immobile.
Gli sfortunati acquirenti, agivano in giudizio contro la casa automobilistica. E infatti, in primo grado, dopo esame di CTU, il Tribunale di Brindisi, condannava quest´ultima al pagamento di euro 12.350, a titolo di risarcimento.
La Corte d´Appello di Lecce, adita dalla soccombente parte convenuta, rigettava la domanda risarcitoria e così ribaltava l´esito della controversia . La ricostruzione dei fatti, addotta dai proprietari del veicolo, non risultava idonea a dimostrare, in modo incontrovertibile, che a provocare l´incendio fosse stato un corto circuito dell´impianto elettrico della vettura. Il dubbio sulla causa scatenante dell´incendio cadeva, di fatti, su due potenziali fonti: l´impianto elettrico del veicolo, e un impianto antifurto, i cui cavi, istallati erroneamente, avrebbero verosimilmente, potuto provocare la scintilla.
A motivo del ricorso, l´aver la Corte d´appello, erroneamente applicato le regole sull´onere della prova. Posto che i ricorrenti avevano diligentemente fornito la prova certa che la causa dell´incendio era da ricondurre ad un vizio dell´impianto elettrico, alla società automobilistica spettava, di contro, provare che l´incendio era da ricondurre ad una erronea installazione dell´antifurto ad opera della concessionaria. Inoltre, la società era da ritenersi responsabile anche dell´impianto di antifurto, dato che l´obbligo di istallare impianti originari, grava sul concessionario. Per terminare, la vettura era stata rottamata prescindendo dal consenso dei proprietari, motivo per cui il CTU non aveva potuto effettuare la sua consulenza.
Il ricorso risultava infondato, all´ esame della Cassazione, la quale nutriva la medesima perplessità che, in secondo grado, aveva motivato il rigetto della domanda risarcitoria.
Lamentare l´ inversione dell´onere della prova, non era rimostranza propriamente corretta, dato che la Corte d´appello rigettava la domanda fermandosi ad un momento precedente, quello della mancanza della dimostrazione del nesso tra il difetto di costruzione e l´evento dannoso.
Inoltre, e qui si viene al nucleo della questione, " le possibili cause dell´incendio sono due, costituite l´una dal difetto di costruzione del veicolo e l´altra dall´ errata installazione dell´impianto di antifurto (...) nessuna delle due cause poteva avere, in termini di probabilità, una maggiore attendibilità rispetto all´ altra ". " E´ evidente che, in presenza di due cause alternative dotate entrambe del medesimo grado di probabilità, la permanenza dell´insuperabile incertezza non può che ricadere su chi tale prova era tenuto a fornire ".
Non avendo i coniugi provato il collegamento tra l´incendio e il vizio di costruzione, nessun risarcimento avrebbero potuto ottenere.
Per questi motivi, il ricorso veniva rigettato.
Paola Moscuzza, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Messina, nell´anno 2015.